Nadia Fusini è una scrittrice, critica letteraria, anglista e traduttrice; nel 1974, per la rivista diretta da Gianni Scala, scrisse un saggio in cui si interrogava sulla natura delle morti delle donne nei romanzi dell'Ottocento. Ora quel testo, redatto molti anni fa, torna grazie all'attenzione di Luca Briasco, che ripubblica questo piccolo volume pregno di etica, un'indagine sociologica applicata alla letteratura o, come direbbe la scrittrice:
«Che sia la letteratura non tanto a fare da specchio alla società, ma addirittura a modellarla». (p.102)
Sono passati cinquant'anni da quella prima pubblicazione e mai avremmo pensato che argomenti come le leggi del patriarcato e la connotazione etico-politico della donna nella società fossero ancora materia di dibattiti e riflessioni; ed è la stessa Nadia Fusini che si interroga, nelle prime pagine, sull'attualità o meno di questo saggio.
«Poi rileggo le pagine di allora, e mi viene il dubbio che sì, certo, molto, forse è tutto cambiato, ma forse anche no». (p. 6)
La scrittrice analizza i romanzi Anna Karenina di Tolstoj, Madame Bovary di Flaubert, Effi Briest di Fontane, Hedda Gabler di Ibsen, Una vita di Guy de Maupassant, con perizia tecnica letteraria minuziosa che non lascia nessuna sorta di dubbio nelle maglie dell'interpretazione testuale; le morti, i suicidi di queste donne sono assassinii preterintenzionali e dolosi: morti bianche.
Il saggio, strutturato in brevi capitoli, scritto con autorevole competenza, pulito e chiaro come le migliori indagini, con un processo di sillogismo ci porta a esplorare la tesi della scrittrice, lavorando per gradi sugli intrecci dei romanzi, riscoprendo la potenza narrativa della letteratura dell'Ottocento in cui ogni incastro, ogni protagonista, ma anche figure secondarie o di passaggio, sono capolavori di specchiature etico morali. L'attuale definizione di caratterizzazione del personaggio, che tanto spesso leggiamo nella critica, perde di efficacia al pari dell'analisi e dell'uso che i grandi scrittori del passato ne facevano come forma di espressione più alta per denunciare le gravi storture sociali. Scrittori, uomini che scrivevano di donne imprigionate in una femminilità tradizionale, incastrate dall'oppressione delle etichette, schiacciate dal contesto famigliare, strattonate da figure maschili: padre, marito, amante, figli. Emma c'est moi, disse Flaubert; uomini che si sono svincolati non schierandosi nella divisione di genere, ma riconoscendo diversi tipi di identità presenti in quell'epoca.
Le donne studiate in questo saggio sono donne non ammantate dal torpore della vita; al contrario, come in Anna Karenina, in cui oscilla il tema de il sonno della vita, ossia la tensione tra il sonno e l'essere sveglio, sono donne eversive. Nella struttura patriarcale la donna è relegata alla condizione di sonno, mentre in queste opere le donne esistono, scardinando i processi patriarcali, li sfidano compiendo atti estremi, agendo con un'azione free will, rivendicando la libertà di coscienza; sono loro per una volta "eroi", non "eroine", che, come sottolinea l'autrice, ha un suffisso diminutivo, bensì diventano loro stesse moral agency, soggetti morali.
Fusini descrive in maniera approfondita anche i diversi tipi di donna che, come differenti colori della stessa sfumatura di una scala di Itten, dipingono le personificazioni dei modelli famigliari e sociali; le situazione gravi o meno di malessere vengono quindi accettate, o sfruttate, o tollerate o, come nel caso delle protagoniste di questo saggio, combattute.
Diversi istituti sociali sono approfonditi, in primis il matrimonio e l'adulterio, gabbie in cui la donna, Anna Karenina nel particolare, è strozzata, ma è grazie alla sua azione che ribalta gli schemi tradizionali in cui le decisioni vengono sempre prese dagli uomini.
La scrittrice offre, come testimoni chiamati alla sbarra a deporre, parallelismi incontrovertibili: la cruciale corsa di Vronskij con la cavalla Frou-Frou, Levin, personaggio binario e prosaico con la scena della falciatura, e il tema degli allogeni.
«L'eroe-uomo, il personaggio-uomo appartiene a un sistema associativo privilegiato, eroico: E' il cavaliere, il guerriero, il cacciatore. Il personaggio-donna appartiene a una catena associativa subalterna: è cavalla, il contadino; e come vedremo l'allogeno». (p. 49)
Anna Karenina è precorritrice di un nuovo modello di donna che insieme alle altre è vittima ma non martire, tutte spie di un'offensiva che è molto più forte, impattante e sovversiva, di un grido virile maschile in battaglia, figure di una rivolta e di una ribellione etico politica. Fusini, con brillante acume e stimabile conoscenza, ricorda che:
«Anna non rivendica l'eguaglianza giuridica o l'eguaglianza per assimilazione, non vuole essere come l'uomo, ma vuole esistere come donna in un mondo di uomini. Eguale in un mondo diseguale. Diseguale in un mondo di non eguali». (p. 101)
Caterina Incerti
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