di Daniel Pennac
Feltrinelli, novembre 2024
Traduzione di Yasmina Melaouah
€ 16 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
[...] in letteratura è impossibile prendere in prestito qualcosa; le proposte che vengono da un altro fanno tutt'uno con lui, e invece, qualunque cosa scriviamo, alla fine sempre della nostra sostanza si tratta. Perdiamo la voglia di scrivere quando perdiamo il contatto con noi stessi. (pp. 111-112)
Questo non è un Pennac per tutti, eppure è un Pennac che si dona a tutti; lo accoglieranno a braccia aperte, con il sorriso pronto e anche un po' di commozione, i lettori affezionati alla tribù Malaussène. Iniziato nel 1985 con Au bonheur des ogres (approdato in Italia col titolo Il paradiso degli orchi nel 1991), il ciclo di romanzi ambientato a Belville ha stupito e appassionato lettori di tutto il mondo con le (dis)avventure strampalate del capofamiglia, Benjamin Malaussène, di professione Capro espiatorio, e della sua enorme schiera di parenti, di sangue, acquisiti o "adottati". La Belville raccontata da Pennac non è solo un quartiere di Parigi, ma è qualcosa in più: un microcosmo in cui ci si immerge appieno se si apprezza l'ironia che fa dell'iperbolico, dell'improbabile e del grottesco i suoi strumenti principali. Sullo sfondo, tolta la narrazione pirotecnica, i vizi, i desideri, i valori e i disvalori di una famiglia come tante altre.
Se qualcuno ha tremato nel leggere Capolinea Malaussène nel 2023, temendo di non trovare altre pagine sui più celebri personaggi di Pennac, sappia che con Il mio assassino può tirare un breve sospiro di sollievo, lungo poco più di cento pagine: da dove è nato Nonnino, temibile assassino di Capolinea Malaussène? Lo possiamo scoprire conoscendo da vicino un bambino, Lassalve, che all'apertura di Il mio assassino sta viaggiando in treno da solo, stringendo sulle ginocchia una borsa di pelle che non è disposto a passare a nessuno. Quel suo avere un aspetto da bambino ma una mente pronta (o "completa", come dice Pennac) da adulto scafato e manipolatore crea le basi per una narrazione stridente e paradossale, piena di colpi di scena.
Alle sue pagine, si avvicendano molte riflessioni di Pennac sui suoi personaggi, ispirati a qualcuno che conosce, solitamente agli amici. E lo scrittore si sofferma allora su cosa comporti trasferire sulla pagina le caratteristiche di una persona nota («L'amico di cui facciamo il personaggio in un romanzo, lo incarniamo o lo disincarniamo? Bisogna che ci rifletta», p. 113), ma si lascia andare anche a racconti autobiografici che testimoniano la centralità dell'amicizia nella sua vita, alternati a riflessioni più universali:
Che cos'è un amico? È qualcos'altro. Un giorno compare nella tua vita qualcuno che è altro dal suo lavoro, dalla sua famiglia, dalla sua razza, dai suoi titoli di studio, dalla sua cultura, dal suo sesso, dalla sua età, dalla lingua che parla, altro anche dal suo aspetto fisico o dalla sua utilità immediata: una sorpresa subito familiare. (p. 22)
Oltre alle persone che popolano la sua vita, Pennac si è inoltre lasciato influenzare da letture di cui ci dà conto, ma in parte minore: a interessarlo è soprattutto come trasformare su carta (e, sostanzialmente, eternare) amici e conoscenti. Ed è proprio a loro che si attribuiscono frasi, scene intere, situazioni che sono poi state rimaneggiate il giusto da Pennac. E c'è anche una sorta di ringraziamento accorato a quegli amici che sono ormai solo fotografie sulla libreria dell'autore:
Amici miei, avete reso così bella la mia vita che forse potreste rendere meno stupida la mia morte. Sarà una gioia ritrovarvi. Non occorre crederci per sperarlo. (p. 87)
E che spazio resta all'autobiografia? Ne resta: innanzitutto, perché Pennac è un io narrante decisamente intrusivo; anche quando scrive di letteratura filtra le informazioni attraverso i suoi gusti, poi scompare per lasciare spazio alla narrazione del bambino Lassalve, quindi torna a rifletterci sopra, creando uno straniamento netto e divertito nel lettore.
Ed è proprio nella scrittura che i lettori riconosceranno ancora una volta il loro Pennac: disinibito e amichevole, eclettico e inaspettato. Insomma, in una parola, libero.
GMGhioni
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