Dresda, 1976. La sedicenne Karin vive nella Germania Est. Il Muro che divideva le due Germanie e, di fatto, le due Europe, quella dell'Est e quella dell'Ovest, era stato innalzato 15 anni prima e sarebbe durato ancora altri 13 anni. La vicenda narrata nel romanzo si svolge quindi nel pieno periodo della divisione. Karin al Muro non ci pensa nemmeno, la sua vita è quella di una normale ragazzina divisa tra famiglia, scuola, amiche e primo fidanzato. Ma sarà proprio Paul, il ragazzo che le fa battere tanto il cuore, a costringerla a rendersi conto che c'è un mondo diverso, al di là della Cortina, mettendola davanti a un fatto compiuto: la sua fuga. Il ragazzo un giorno la invita a fare un giro in moto per partecipare a una festa in Cecoslovacchia. Karin sa che i genitori non le daranno mai il permesso per cui saluta il suo innamorato con un bacio sulle labbra, un sorriso e le stelle negli occhi. Non sa però che quella è l'ultima volta che vedrà Paul. Il ragazzo sparisce e, di colpo, dal giorno dopo, la vita di Karin subisce un terremoto. Due uomini della Stasi si presentano alla porta e le chiedono se conosce un certo Paul Forster. Karin guarda suo padre, rimane in silenzio, più attonita che spaventata.
Hamm si appoggiò all'indietro sulla sedia. Irradiava una grande calma, come se potesse starsene seduto lì per sempre. Poi, all'improvviso, batté la mano aperta sul tavolo mandando tutto all'aria. Se le cose stanno così, devo pregarla di venire con noi, disse. Lei mi capirà naturalmente. No, disse papà. No, non capisco. Se anche mia figlia, se anche mia figlia e Paul. Insomma, che cos'è successo. E solo allora Wickwalz disse, fuga dalla Repubblica (p. 26).
Da quel momento per Karin si aprono le porte dell'ignoto. Perché Paul se n'è andato? Dove? Di là in Occidente? Senza dirle nulla... E il loro amico Rühle, quello che doveva andare insieme a Paul alla festa del solstizio dei cechi perché è ancora lì? E soprattutto perché ogni volta le racconta una versione diversa della sparizione di Paul?
Da quel momento nella vita di Karin entra l'apparato. Wickwalz, l'uomo in uniforme appare nei momenti più impensati, sbuca all'improvviso per darle un passaggio, si fa vedere come per caso, cerca di avvicinarla sempre più. Con fare persuasivo, quasi da amico grande, la fa chiacchierare, ergendosi a suo confidente. E Karin, quasi senza rendersene conto, parla, racconta di piccole cose che a suoi occhi sembrano innocenti, ma che alle orecchie della Stasi sono tanti piccoli tasselli che compongono un mosaico, la tela con cui l'apparato avvolge i cittadini.
La vita prosegue. A scuola si impara il Socialismo nella storia, nella geografia, nell'agricoltura, nei canti, si fa l'alzabandiera con il saluto dei pionieri per la pace e il socialismo, si giura fedeltà, amore eterno alla patria socialista e al Partito unificato di Germania. Il tutto mentre la famiglia di Karin si sfalda: la madre, sposa a 15 anni perché incinta di Karin, a un certo punto se ne va, lasciando la figlia a occuparsi della piccola sorellina. Insieme a loro la nonna, fedelissima alla Germania Est, al Socialismo e ai doveri della Repubblica. Nella vita di Karin ci sono le amiche, Marie, Marlene, Inge, Anna, c'è Rühle. E c'è Wickwalz, affabile e manipolatore, che approfittando del desiderio di Karin di avere notizie del suo Paul, piano piano cerca di indottrinarla. Priva delle sue certezze e in dubbio su tante cose, Karin finisce per considerare Wickwalz un punto fermo. Soltanto a un certo punto la ragazza si renderà conto che l'uomo della Stasi è entrato nelle vite di tutti e tutti sono intrappolati nella medesima ragnatela. Ma a quel punto Karin è già a metà del ponte: le ragioni del cuore, che portano a Paul e all'Occidente, o le ragioni dello Stato e della sua terra? Con questo dissidio l'età della spensieratezza si chiude.
La cosa più interessante del romanzo è proprio la descrizione di come l'apparato della Stasi, che basava la sua forza sul potere della delazione, riusciva a entrare nelle vite dei cittadini, non solo con la forza come quella che usava nel caso dei dissidenti dichiarati, ma anche in modo subdolo e strisciante nelle famiglie "normali", per carpire notizie, voci, chiacchiere, piccoli segreti che, sapientemente incrociati, rivelavano molto più di quanto la persona immaginasse. E così Karin, credendosi tradita, diventa a sua volta traditrice, "confidente", in un gioco di incastri che la vede carnefice inconsapevole. Il finale del romanzo è, con un colpo di scena, rivelato nella prima pagina: il resto sarà soltanto ricerca della verità. Una verità che il lettore già conosce.
I confidenti è un romanzo complesso e, pur avendo ottenuto in patria premi prestigiosi, non semplicissimo da capire e da apprezzare. L'autrice opera una destrutturazione della trama, non ci sono avvenimenti degni di nota, c'è solo un fluire quotidiano di piccoli avvenimenti che spesso si svapora in particolari poco attraenti e che non aggiungono nulla, se non calcare la mano sulla quotidianità (Karin che toglie la cacca dal sederino della piccola, la bimba stessa che si lecca il moccio, Karin che si pulisce con un dito le unghie dei piedi, solo per fare qualche esempio). I dialoghi del romanzo compaiono all'interno del discorso senza punteggiatura o semplicemente riportati ("la sentii brontolare sul cancello. Ma che cosa ci facevo sempre con quel ragazzo. Era proprio una vergogna, diceva", p. 19), le domande quasi sempre indirette e senza punti interrogativi. Questo conferisce alla scrittura uno stile suo proprio. Una volta che il lettore si abitua a questo flusso quasi indistinto, può apprezzarne l'omogeneità e la particolarità del racconto.
È al contempo un esempio interessante di come la giovane generazione tedesca, quella che non ha vissuto direttamente gli anni del Muro e della divisione (Charlotte Gneuss è del 1992), abbia il desiderio di venire a patti con un periodo che li ha di poco preceduti, ma così tanto marchiati, di come i giovani autori si confrontino con un periodo storico così incisivo e che tanti segni ha lasciato nel Paese. L'autrice lo fa riallacciandosi ai ricordi di famiglia, quelli dei nonni e dei genitori che hanno vissuto l'epoca del Blocco. Gneuss è cresciuta con questi racconti. Ai quali ha dato concretezza e dimensione storica con questo romanzo che non fa nulla per compiacere il lettore, ma che gli si presenta con tutta l'asprezza e la spigolosità del periodo.
Sabrina Miglio
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