A nessuno è fregato un cazzo di una donna trans razzializzata qualunque incarcerata dopo un processo sommario nel quale è stata accusata di tentato omicidio ai danni della signora Green per mano del cugino di Carlotta, nel 1993, che a seguito dell’aggressione subita ne è uscita con il QI di uno scimpanzé, al punto da (cito testualmente) “non essere più in grado di pulirsi il culo da sola.” In effetti non viene dato sapere quanto Carlotta fosse coinvolta nell’atto criminale avvenuto per mano di suo cugino, ma se sei una donna trans, meticcia e povera in canna non puoi beneficiare di un buon avvocato. A questo si aggiunge l’indole irredenta di Carlotta, continuamente in guerra con chiunque, detenuti e guardie carcerarie, che non le ha consentito di beneficiare di una buona condotta e di una conseguente riduzione di pena. Per questo, dopo vent’anni di detenzione, a Carlotta sembra assurda la prospettiva che le si viene a creare di poter finalmente uscire, mettere il naso fuori dalla cella che è stata il suo mondo, e venire catapultata sulle strade di una New York caotica, chiassosa, carnevalesca, gentrificata e zingara. Vent’anni come detenuta nella sezione maschile, subendo abusi sia dai detenuti che dalle guardie, hanno irreversibilmente compromesso la psiche di Carlotta, rendendola un animale irrequieto e coprolalico, eppure così affamata di vita. L’ironia dissacrante con la quale Carlotta si muove nel mondo è la chiave di lettura per affrontare ogni situazione tragicomica che le si presenta, rendendola un espediente esilarante.
È lampante il debito che James Hannaham ha con la comunità queer dei sobborghi neri di New York, dove spopolavano la Vogue e le ballroom. Infatti, leggendo delle movenze di Carlotta e della sua attitudine sfidante, è impossibile non pensare alle iconiche protagoniste del documentario di Jenny Livingston, Paris is Burning, che nel 1990 mostrava al mondo la realtà delle ballrooms rese passerelle glamour da Madonna con il suo iconico singolo Vogue e in seguito da programmi come il reality RuPaul’s Drag Race e la pluripremiata serie TV Pose creata da Ryan Murphy.
Perciò, nel 2015, dopo aver convinto la commissione per la libertà condizionale a lasciarla andare, nonostante le continue pressioni della famiglia Green affinché ciò non avvenisse, Carlotta si ritrova a dover affrontare una Brooklyn profondamente cambiata rispetto a quella che ricordava. La gentrificazione ha trasformato e snaturato Bed-Stuy e Fort Greene, e ciò che una volta era un quartiere nero vibrante e caotico è ora pieno di hipster bianchi, studi di yoga, affitti lievitati a 800 dollari al mese e caffetterie alla moda. Il romanzo indaga anche il rapporto complicato di Carlotta con Frenzy, il suo fidanzato conosciuto in prigione, che la sostiene emotivamente ma rimane una figura ambivalente. Carlotta riflette sul loro legame e sul senso di appartenenza che ha trovato, sebbene problematico e violento, durante il periodo di reclusione.
Carlotta si sente un’estranea nella sua stessa città. Le relazioni con la sua famiglia sono tese: molti parenti non la riconoscono o non accettano la sua identità di genere. Suo figlio, Ibe, che non vede né sente da quando aveva nove anni, si fa chiamare "Iceman" e la tratta con freddezza e distacco, chiedendole persino di non rivelare la loro parentela ai suoi amici.
Nonostante tutto, Carlotta cerca di riprendere il controllo della sua vita e di adeguarsi al mondo futuristico nel quale è stata catapultata. Deve trovare un lavoro, ma le viene richiesto di avere una patente di guida, che non possiede. Durante una lezione di guida improvvisata con un agente immobiliare, si imbatte in Doodle, la sua vecchia migliore amica. Questo incontro segna un momento di connessione e sostegno, mentre le due cercano di recuperare gli anni persi.
Ironico è il fatto che il rilascio dal carcere di Carlotta avvenga il 4 luglio, il giorno della Festa d’Indipendenza statunitense, lasciando emergere l’ipocrisia di una nazione che si dichiara libera ma che difatti lo è soltanto per i pochi che beneficiano dei privilegi tali da potersi considerare liberi. Interessante è anche la riflessione che Carlotta fa sul mondo che si trova ad affrontare, alienato dagli smartphone e dai videogame, come nel caso del fratello di Carlotta. Per lei, la libertà è un paradosso: qualcosa che spesso viene sprecato o dato per scontato, finché non viene completamente tolto. La protagonista riflette amaramente su come, dentro e fuori dal carcere, le persone vivano comunque oppressioni diverse. All’interno, la brutalità fisica e psicologica; all’esterno, un sistema che costringe a sopravvivere con lavori sottopagati, difficoltà economiche e le aspettative soffocanti della società e della famiglia. Con il suo tipico sarcasmo, Carlotta sottolinea l’ipocrisia di una libertà che sembra sempre condizionata e limitata, evidenziando quanto sia difficile sfuggire alle gabbie — siano esse concrete o invisibili. Hannaham, attraverso questa riflessione, mette a nudo le contraddizioni di una società che, pur dichiarandosi libera, continua a imporre rigidi confini e pressioni sociali.
L’aspetto più affascinante, nonché probabilmente l’ostacolo più grande da valicare per chi traduce un romanzo simile, è la lingua: James Hannaham infatti riesce a calarsi a pieni voti nel gergo vernacolare dei sobborghi di New York, rendendo viva Carlotta e i suoi pensieri. La punteggiatura che salta, i periodi incalzanti e le frasi spezzate che aprono scenari a discorsi paralleli intrecciando immagini, parolacce, commenti e considerazioni della nostra beniamina, la rendono una Molly Bloom contemporanea affamata di poter ricominciare.
Matteo Cardillo
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