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Il personaggio irresistibile di Aldous Canti e le sue lezioni sulla scrittura e la letteratura: Adelio Fusé per Manni Editori

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Di chi sono queste insonnie
di Adelio Fusé
Manni Editori, gennaio 2025

pp. 320
€ 20 (cartaceo)


Primo testo che leggo di questa casa editrice, Manni Editori, e posso dire di essere piacevolmente sorpresa. Non da meno, la lettera di presentazione scritta a mano dall'autore che è arrivata insieme alla copia. Piccole cose ma che ritengo sempre importanti. 
Adelio Fusé, classe '58, già autore e poeta edito da Campanotto nel 2001, scrive questo romanzo dal titolo magnetico, Di chi sono queste insonnie. Ce lo chiediamo anche noi lettori, aggiungendoci un punto interrogativo alla fine della frase.  

L'unico libro gli era costato pene enormi, le aveva rette ancora tentando il secondo, ma si era salvato in tempo, considerandole per quello che erano: gratuite e spropositate. Non poteva insistere: avrebbe solo detestato se stesso e persino la letteratura. (p. 15)

Il protagonista di Fusé è Aldous Canti, autore divenuto famoso - suo malgrado, è importante sottolinearlo - con un libro intitolato Dyncliou, anagramma dei due nomi dei personaggi principali (un libro dentro a un libro) Lou e Cindy. Ottiene un successo clamoroso, tanto che dal libro ne ricava una serie - Mojave Party - e inviti a premi, convegni, fiere, festival. Aldous però non ne vuole sapere: per lui l'importante è scrivere.
Manlio, il suo sventurato agente, lo insegue nel tentativo di farsi consegnare un nuovo manoscritto, ma Aldous è un'anguilla, sfugge, scappa, si nasconde, come un camaleonte, si adatta al luogo in cui si trova e sparisce.

Succede che decide di ritirarsi a Finisterre, in Galizia, con la scusa di terminare questo benedetto nuovo romanzo. Il punto è che sembra quasi come il lavoro a filo di Penelope, che sfila di notte e ricomincia a ricamare di giorno, in un loop infinito. Anche Aldous promette, promette, promette, ma il manoscritto non si palesa mai. Così il compito di Manlio diventa inseguire Aldous, e anche con un certo piacere: per quanto sia sfuggente, irritante, sfiancante, Manlio ammette a se stesso che non può fare a meno di inseguire il suo autore, tanto è il carisma che emana. Intorno a loro, tutta una serie di personaggi quasi donchisciotteschi, affascinanti a loro volta. 
Poi, arriva il plot twist: Aldous si ammala e l'ago della bussola si sposta. 

«Stai macinando i pensieri o i pensieri stanno macinando te?» chiese Aldous a Leo.

«Ci stiamo macinando a vicenda», fu la risposta.

«Così dev'essere! Sopravvivrai tu e sopravvivranno loro.

Chissà a quale stadio ma ci sarete ancora. Tu e loro. Ma aggiungiamo un altro pezzo. Sai che cosa mi distingue da Tean, oltre a rifiutare la parte del maestro? Hai già compreso, ne sono sicuro. Non mi servono alibi e non rinuncio ai miei testi. Rinuncio a farli morire nei libri che vorrebbero impormi. Il passo successivo, l'ultimo, sarà scrivere e ancora scrivere, senza rileggersi o avere dei lettori. Il piacere puro della scrittura. Quella che vive di sé, che si consuma nell'atto che la riversa sulla pagina, che aspira a sé stessa e a nient'altro. Pensa a un fotografo che non sviluppa nessuna delle fotografie che ha scattato, nemmeno una per poterla guardare o per permettere ad altri di guardarla. (pp. 77-78)

Quello che succede, dall'inizio alla fine del romanzo, è una lunghissima riflessione in forma narrativa e discorsiva su cos'è la scrittura. Cosa vuol dire essere un autore o un'autrice? Cos'è la letteratura? Perché scrivere e leggere? Ecco, Aldous risponde a modo suo - in modo sempre intelligente, pungente, ironico - e Manlio e tutti gli altri personaggi, in un sentimento a metà tra l'amore e l'odio, non possono che esserne convinti. Si mescola la finzione con quesiti reali, interrogativi che, a prescindere dal proprio mestiere, incontriamo tutti e a cui, spesso, non sappiamo dare risposta

Si potrebbe dire che i luoghi ultimi non esistono: ne troverai sempre qualcuno che è più ultimo ed. estremo degli altri, anche a prescindere dal nome, naturalmente, magari poco significativo. E magari il tuo luogo estremo d'elezione è del tutto privo di ogni importanza storica e le carte geografiche nemmeno lo riportano». (p. 73)

Aldous poi, personaggio principe del romanzo: è un genio? Un ciarlatano? Una penna illuminata? Al lettore decidere. Manlio, a chiusura di un percorso circolare, prenderà a piene mani dal tempo passato con lui, assumendone quasi la forma e assorbendone la mentalità. 
La scrittura di Fusé è piacevolissima: elegante, erudita, un po' d'altri tempi. Butta come a caso (ma in realtà in modo oculato e studiato) frasi, aforismi, lezioni sulla scrittura e sulla vita, usando il personaggio di Aldous come un mentore, sia per noi lettori che per gli altri personaggi. 

Ne consiglio vivamente la lettura a chi scrive, ma anche a chi si interroga spesso sul significato della scrittura, sull'importanza della letteratura e del vagare (o sparire) per poter creare qualcosa che abbia un valore.
Resta il quesito iniziale: di chi sono queste insonnie?

Deborah D'Addetta