Nuovo giovedì, nuovo #PercorsiCritici: per il primo dell'anno abbiamo pensato di attingere a piene mani dalla produzione del 2024, circoscrivendo il tema e prendendo quei libri che hanno protagoniste femminili particolarmente significative. Che siano realmente esistite o frutto della fantasia dell'autore o autrice, ognuna di queste proposte racconta la storia di una donna che ha dovuto fare i conti con la società che la circondava o con il contesto storico in cui è nata, talvolta combattendo stereotipi e pregiudizi.
È il caso di Rosa Genoni, nata a Tirano nel 1877 e ad oggi uno dei nomi più importanti della storia della moda. Rosa seppe, infatti, liberare le donne dai corsetti e dalle rigidità degli abiti tipici dei primi anni del secolo scorso, creando modelli iconici che seppero unire vestibilità e femminilità. La sua è una storia appassionante, narrata da Eleonora D'Errico in La donna che odiava i corsetti (Rizzoli, 2024), che si snoda tra il racconto delle sartorie milanesi, dove Genoni inizia a lavorare, fino a quelle di alta moda a cui arriva, dopo molta fatica e parchi riconoscimenti. Una strada non facile, in cui Genoni ha dovuto combattere anche contro gli stereotipi, che la volevano limitata a un ruolo sociale ben definito e cristallizzato, e contro i pericoli, che ha dovuto fronteggiare in più di un'occasione, legati all'arroganza di chi la circondava.
Anche Le formidabili donne del Grand Hôtel, di Ruth Kvarnström-Jones (Editrice Nord, 2024), è ambientato nei primi anni del Novecento. Il libro è un grande affresco dell'imprenditoria al femminile, che come dimostra il libro di Kvarnström-Jones ha radici lontane. Siamo nel 1901 e il Grand Hotel di Stoccolma ospiterà la prima cerimonia del Premio Nobel. Nonostante ciò, l'hotel sta attraversando una grande crisi a cui non si sa se sopravviverà. Serve una persona capace che possa risollevarne le sorti, e la scelta cade su Wilhelmina Skogh, che negli anni precedenti ha dato vita una catena di alberghi di successo. Il nome di una donna, tuttavia, risuona nuovo in un ambiente dominato dagli uomini e a fronte di tale scelta alcuni se ne vanno. Lungi dal farsi intimidire, Skogh prende in mano la situazione, dimostrando quanto la lungimiranza e il talento possano fare grandi cose, abbattendo stereotipi e pregiudizi.
E che dire, invece, di Maria Giudice? Anche in terra nostrana, infatti, oltre alla già citata Rosa Genoni, ci sono state figure femminili che hanno saputo imporsi in una società poco aperta all'azione femminile. Se parliamo di Maria Giudice, infatti, non basta dire che è la madre della scrittrice Goliarda Sapienza, come oggi viene ricordata, ma va aggiunto che lei fu maestra, sindacalista, dirigente di partito, militante antifascista, giornalista. Nata in Lombardia a fine Ottocento, Maria segue le orme paterne e materne nella dedizione e nella forza morale e non si lascia mai scoraggiare da nulla, inseguendo con passione e forza i suoi desideri e lottando per le battaglie femminili, come il voto alle donne, la condizione femminile e così via. Se vi interessa la sua storia potete leggerla in Maria Giudice, di Maria Rosa Cutrufelli (Neri Pozza, 2024).
Altro personaggio femminile degno di nota, stavolta non realmente esistito ma altamente verosimile, è quello del nuovo romanzo di Valentina D'Urbano, Figlia del temporale (Mondadori, 2024): Hira ha tredici anni quando rimane orfana e deve trasferirsi sulle montagne isolate dell'Albania dove vivono i suoi zii, gli unici parenti che possono prendersi cura di lei. Siamo nel 1974 e qui la ragazza entrerà in contatto con l'aspra e faticosa vita dei monti, e conoscerà anche Astrit, il selvatico cugino con cui scopre un'intesa speciale. Un giorno le viene imposto, come da tradizione della sua famiglia, un matrimonio combinato, a cui lei non vuole cedere. Tuttavia non ha molte scelte e l'unica opzione possibile per sfuggirvi è diventare una vergine giurata e iniziare a vivere come un uomo. Nel tentativo di mantenere la propria libertà, Hira sceglie questa via ma ben presto i dubbi si affacciano nella sua e nella nostra mente: è possibile sentirsi davvero liberi rinunciando alla propria vita e rinnegando la propria identità?
Sempre nel secolo scorso, tra gli anni Venti ai Sessanta, è ambientato Come l'arancio amaro, di Aurora Tamigio (Bompiani, 2024): Nardina, Sabedda e Carlotta sono tre donne che lottano contro le convenzioni del tempo che le vorrebbero immobili in un mondo che cambia. E così, se Nardina vuole laurearsi, Carlotta vorrebbe esercitare la professione di avvocato, mentre Sabedda si scontra ogni giorno con la propria difficile situazione economica, che aggrava un quadro già difficile. Tre donne che sono l'una lo specchio dell'altra e che insieme si proteggono a vicenda dalle ostilità del mondo che le circonda.
Negli anni Trenta, in Italia, un luogo in particolare era già un'istituzione: il teatro La Scala, a Milano. Lì, Violetta, la protagonista di Le cicogne della Scala, di Silvia Montemurro (Edizioni E/O, 2024), sogna di diventare una ballerina di prim'ordine e si impegna con dedizione. Tuttavia, una brutta caduta spezza il suo sogno e Violetta è costretta a reinventarsi. Tra le quinte del teatro, scoprirà che rivedere i propri sogni può portare a una libertà mai provata prima, slegata dalle aspettative altrui, anche se dovrà ugualmente combattere contro i pregiudizi che la vogliono costretta in un ruolo circoscritto.
Sempre in terra nostrana, possiamo aggiungere alla lista anche Paolo Malaguti, con Fumana (Einaudi, 2024): il suo nome significa nebbia, come quella che avvolge la bassa zona del Po. Fumana cresce sperimentando il territorio intorno a sé, attraverso anche la guida del nonno, fino a diventare donna. Ma la sua vocazione è decisamente speciale: non dedicherà la vita alla pesca come suo nonno, ma sarà una "strigossa" e curerà la gente segnandola, seguendo gli insegnamenti di una donna del paese che la guiderà e le ricorderà, tra le altre cose, che guarire gli altri non la risparmierà mai dai pregiudizi. Fumana sa che dovrà essere forte, e anche tanto, perché in più di un'occasione sarà emarginata dalla società e discriminata persino dalle persone che credeva di amare.
E mentre in Europa si combatteva contro i pregiudizi, anche in America qualcuno faceva lo stesso: Pannonica de Koenigswarter, detta Nica, nata Rothschild, fu una figura di riferimento della prima metà del secolo scorso. A ricostruirne la vicenda è la pronipote Hannah, la quale ci offre uno splendido spaccato di una vita improntata all'autodeterminazione e alla libertà personale: soprannominata La baronessa del jazz, è ricordata perché fu l'amante di Thelonious Monk, per cui finì persino in prigione. Ma non fu solo questo: nata in una famiglia molto ricca, si sposa e si stabilisce in Francia, diventando madre di cinque figli. Ma quando scoppia la Seconda guerra mondiale, Nica parte alla ricerca del marito arruolato e lì contribuisce alle azioni direttamente, guidando ambulanze, organizzando rifornimenti e decodificando codici. Tuttavia sarà l'incontro con il Jazz a cambiare la sua vita per sempre. Una figura enigmatica, misteriosa e affascinante, la cui storia è raccontata con passione in La baronessa, di Hannah Rothschild (Neri Pozza, 2024).
E se i titoli finora citati ci danno un assaggio della condizione femminile del Novecento, Katia Tenti, con E ti chiameranno strega (Neri Pozza, 2024), si spinge più indietro, per riprendere come le donne venivano trattate nel Cinquecento. La vicenda si ambienta inizialmente ai giorni nostri: Arianna è una neolaureata che finalmente ottiene un incarico di una certa importanza, ovvero allestire una mostra riguardante un processo che nel 1509 condannò a morte trenta giovani donne con l'accusa di stregoneria. La ricostruzione della vicenda sarà per Arianna una discesa verso gli abissi del pregiudizio e dell'odio, e tale ricerca ben presto si intreccerà con sua vita personale, in una riflessione sulla condizione delle donne di ieri e di domani.
E oggi? Quali libri possiamo citare su questo tema? Sicuramente non possiamo tralasciare il progetto in tre volumi di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, Morgana. Prima podcast di successo e poi opera letteraria che arriva ogni volta in classifica, i libri della serie propongono una sequenza di personaggi, ognuno con una propria specificità, donne che hanno fatto la differenza e si sono imposte con il loro esempio. L'ultimo appuntamento reca per sottotitolo Il corpo della madre (Mondadori, 2024), tematica che è sempre stata decisamente a cuore alle due autrici e che si dipana, come sempre, staccandosi dagli stereotipi.
Ultima prospettiva con cui chiudiamo questa - sicuramente parziale - rassegna, è quella di Abi Daré, che in Un grido di luce (Nord, 2024) porta con sé tutta la forza rivoluzionaria che la protagonista Adunni aveva già mostrato nel suo primo romanzo, La ladra di parole (sempre per Nord, 2021). La nigeriana Adunni rivendica per sé e per le altre ragazze il diritto di istruirsi, in un mondo fortemente patriarcale in cui però sembra che le giovani donne debbano solo passare dall'essere figlie al diventare mogli e madri. Questo secondo romanzo è la naturale prosecuzione del precedente: Adunni dovrà pagare per ciò che secondo alcuni uomini del villaggio ha commesso, e dovrà affrontare una sorta di processo pubblico. Il tempo dell'attesa però non la vede da sola, ma con altre ragazze, che con le loro storie permettono di affrontare temi quali la violenza domestica, i matrimoni in età infantile, le pratiche di infibulazione, l'analfabetismo altissimo nelle realtà rurali, i tanti pregiudizi verso chi desidera emanciparsi, i gravissimi problemi di siccità presenti nell'entroterra nigeriano e la scarsa attenzione delle istituzioni... Abi Daré realizza un romanzo di denuncia e di sorellanza, in cui la speranza richiede non solo di parlare, ma, come vedrete, di ruggire davanti alle ingiustizie.
A conclusione di questo fitto cammino tra storie potenti, degne di essere lette come grandi esempi di coraggio, ci auguriamo che anche il 2025 abbia in serbo per noi altre vicende in grado di dare alla letteratura il ruolo straordinario di farci riflettere sul nostro presente, presentandoci e facendoci sentire vite altrui.
Social Network