Che cos'è l'abbondanza, che dà il titolo al romanzo d'esordio di Maria Costanza Boldrini, e che può arrivare in eredità solo ad alcune donne della famiglia Contini? Un miracolo o in parte anche una maledizione? Quel che è certo è che con la sua imprevedibilità e con la sua straordinarietà influenza fortemente la vita sia di chi ha il dono dell'abbondanza sia di chi ne trae giovamento. Tuttavia, l'abbondanza va e viene: un trauma, uno spavento, la morte di una persona cara sono in grado di cancellare il proprio "potere" anzitempo. Inoltre, il dono pare connesso all'età fertile delle donne che lo ricevono, secondo una sorta di regola ancestrale che non è possibile infrangere.
In famiglia, d'altra parte, c'era già il "Nonno santo", soprannominato così per la sua capacità di guardare al futuro e di regalare pronostici criptici, quasi oracolari, che trovano una spiegazione solo col tempo e che rappresentano prove di cieca fiducia e di rassegnata angoscia: Nonno santo non ha mai sbagliato. E i suoi poteri si manifestano anche dopo la sua morte, dal momento che dal terreno attorno alla sua tomba fuoriesce un "olio santo" dal potere medicamentoso quasi taumaturgico, che viene raccolto e usato dai compaesani, oltre che dai famigliari.
Se qualcuno di voi percepisce in queste poche righe l'impressione che la letteratura sudamericana e il realismo magico abbiano fatto visita a Maria Costanza Boldrini durante la stesura del romanzo, sappia che è proprio così: l'autrice ha confermato di recente in un'intervista per il podcast "Voce ai libri" e anche nella postfazione al romanzo che Gabriel García Márquez è da sempre uno dei suoi autori di riferimento, nonché uno dei primi scrittori ad averle fatto nascere il desiderio di scrivere.
E questo elemento magico-apotropaico è una grande novità, se pensiamo alle saghe familiari che popolano (felicemente, peraltro) il panorama editoriale italiano contemporaneo. Tuttavia, il realismo tout-court non manca, in questo romanzo d'esordio che definirei traboccante di storie. Intanto perché la narrazione abbraccia un periodo molto ampio, che va dal 1895 agli anni Ottanta del Novecento, e dunque è naturale che comprenda la storia di più generazioni. In secondo luogo, perché l'affabulazione di Boldrini è incalzante, quasi si cavalcasse da una vita all'altra, tra nascite, morti, nuovi amori, strazianti prese di coscienza della brutalità della storia. Senza requie.
Si comincia da Beata, che, col sopraggiungere del primo mestruo, deve affrontare una febbre altissima, durante la quale la ragazzina si copre di una peluria copiosa e inspiegabile. Un segno del demonio? Di colpo, Beata emerge dal delirio; sfebbrata, le cadono tutti i peli neri che le avevano coperto innaturalmente il corpo: lei sa cosa deve farci, ha ricevuto le istruzioni durante il sonno, tra delirio e sogno. E, fatto quanto doveva, Beata riceve l'abbondanza: sorprendentemente, lei inizia a essere produttiva, precisa e rapidissima come nessun'altra nello stabilimento di sigari dove lavora. Per non attirare l'attenzione dei capi con la sua sovraproduzione, pensa di aiutare le altre zigarare passando loro tanti dei sigari che ha creato. Così, la caporeparto non ha niente da eccepire e non può trattenere parte della paga delle sottoposte, come era solita fare in precedenza.
Fin da questo episodio capiamo quanto l'abbondanza possa giovare non solo a Beata, ma anche - e soprattutto - a chi sta con lei. E riequilibrare la giustizia sociale. Sottobanco però, senza atti scopertamente rivoluzionari. Accanto a questo suo modo speciale di stare in paese e di farsi benvolere (non senza che le malelingue le attribuiscano un potere demoniaco), Beata cerca di costruire anche la propria vita all'insegna della serenità. Beata non è bellissima, né particolarmente controcorrente: desidera una famiglia numerosa con un uomo da amare e un'esistenza tranquilla. Non ambisce alla ricchezza né all'eleganza, né - detta tutta - alla pulizia estrema, come confermano i pidocchi tra i suoi capelli.
E i suoi discendenti ereditano il desiderio di star bene, di crescere con i propri cari e di dare inizio a un certo punto a una propria famiglia, senza particolari ambizioni. Eppure la Storia entra anche nel paesino di Valchiara, nel centro Italia, a far danni: le due guerre mondiali, episodi drammatici di cronaca, incidenti ferroviari sono solo alcuni dei tanti eventi storici che si riflettono e hanno conseguenze importanti sulla famiglia Contini.
Questo non vieta che proseguano gli eventi miracolosi, né che le diverse tappe della vita proseguano con la loro inesorabile naturalezza. Gli amori, in modo particolare, hanno sempre in sé qualcosa di scritto dal destino: colpisce che tante delle protagoniste sappiano fin dal primo incontro che quello sarà l'uomo della propria vita. E solitamente, tranne un paio di casi, questa sensazione si rivela quasi un pronostico.
Fermiamoci qui, perché basta pochissimo per commettere anticipazioni colpevoli: Gli anni dell'abbondanza è un romanzo di trama, e la sua turbinosa narrazione vede colpi di scena tali da non permetterci di riassumere altro. Si noti però una costante: Maria Costanza Boldrini non ama empatizzare troppo con i personaggi che racconta; non ci sono lamenti né si esagera sul pathos. Pare anzi che si osservino le storie come dall'esterno, quasi in una favola drammaticamente realistica e fantastica al tempo stesso. E così quella famiglia «banale e straordinaria» (p. 374) al tempo stesso sfila davanti ai nostri occhi curiosi come sfilano gli anni, dandoci più volte prova dell'estrema inventività dell'autrice, ispiratasi tuttavia a molti eventi che hanno riguardato la sua famiglia.
GMGhioni
Social Network