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"Spettri Diavoli Cristi Noi" di Riccardo Ielmini è tutto ciò che cerca un lettore forte

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Spettri, Diavoli, Cristi, Noi
Riccardo Ielmini
Neo, febbraio 2025

pp. 180
€ 16 (cartaceo)

Una breve cerimonia di reciproca investitura nei cessi della stazione Ferrovie Nord Milano suggellava l’inizio del loro progetto anticonvenzionale: andare in malora. Era il modo di obbedire all’unico diktat su come stare al mondo, l’insano principio di maestro Qoèlet, capitolo I, versetto 2: vanità delle vanità tutto è vanità.  (p. 37)
La prima domanda da porsi è: che ci aspettavamo dal vincitore del Premio di narrativa Neo.?

Personalmente, qualcosa di simile. 

La spregiudicatezza è solo uno degli elementi che fanno di Spettri Diavoli Cristi Noi un testo canonicamente Neo., in cui i luoghi sono protagonisti come e forse più di chi li popola: chiese sconsacrate o moderatamente affidabili, stazioni abbandonate, sentieri impervi ospitano storie radicali e accesissime, misteri, forze oscure.

Partendo proprio dai luoghi, è evidente come da alcuni si voglia scappare per inerzia o desolazione - noi eravamo in fuga si legge subito nel libro di Ielmini -, e qui lo si fa in sella a mezzi improvvisati e motori rombanti: si va via dai boschi e dai suoi più indicibili pericoli, seminando entità maligne, folklore e lasciti antichi. 

I tossici cavalcavano Ciao Piaggio multicolori, lubrificati di odoroso Castrol e avvolti in una nube wagneriana, e in due secondi noialtri ragazzini, cresciuti leggeri e fragili come fagioli nell’ovatta, ce li trovavamo poggiati al muraglione fronte lago, con le spade sguainate, i lacci emostatici per far spiccare al volo le vene dell’avambraccio e tutto il resto della gran cerimonia. Era il momento in cui la loro galassia inaccessibile incrociava, nelle sue peregrinazioni fatali, l’orbita rassicurante delle nostre anime in fioritura. E in quel momento, mentre li guardavamo seduti e sfilacciati con il loro armamentario di sogni e desideri, mi sembravano tragicamente buoni, esattamente l’opposto della diabolica raffigurazione con cui ci erano dipinti dentro le nostre famiglie. (p. 38)

Nella contea furoreggiano pericolosi contrabbandieri, teppisti, fanatici, diavoletti suscettibili; una gang sgangherata come la versione maldestra degli Hell's Angels. Ma si sa, si scappa dai posti per farlo da se stessi, per questo il più delle volte non esistono vie d'uscita.  

Eppure si continua a fuggire perché ci si ostina a cercare, qualcosa di certo o più sfumato, in questa favolaccia tramandata in prima persona plurale, in cui il Noi uniforma chi racconta a chi è raccontato lungo diversi archi temporali - principalmente, lo sviluppo copre il periodo tra gli anni ottanta e i nostri; il nodo delle storie, ingarbugliatissimo, è sbrogliato dalla narrazione ruvida ma evocativa, allegorica e mistica, un po' solenne, tanto profana. Qui il sacro sposa il grottesco; il tragico paga dazio al ridicolo. E i personaggi uno dopo l'altro scivolano sui propri azzardi.

Erano i tempi in cui, finite le medie, il vecchio Artù il Muto e tutta la compagnia di ventura dei tossici partivano per la cerca del Graal. (p. 37)

Io sono la Matta e il Cristo mi ama. (p. 133)

Spettri Diavoli Cristi Noi calca molto sulle stramberie dei suoi protagonisti terreni, ultraterreni o presunti tali. Non serve elencarli tutti ma, per intuirne il tenore, basta menzionare il Gigante dei traslochi, Artù il muto, che toccano squisiti picchi di cattivo gusto. Merita approfondimenti importanti Cristina Vanetti ex Stelly Fox, con un passato da pornostar e il sogno di lavorare a un film sconclusionatissimo (Siderale) insieme al fidato Marcus Ford: quel film, dopo varie peripezie, verrà scritto. Nel frattempo, un ragazzo vorrà proprio incontrare Cristina, che cede campo agli altri nell'impalcatura di Ielmini, che tutto plasma e incendia con voce divampante, istrionica, profetica, che già da sola varrebbe il prezzo di un libro turbolento e camaleontico, divertente, che appaga del tutto l'esigenza del lettore forte che la Neo. conserva in pugno.

Spettri Diavoli Cristi Noi, che non è un avvicendamento tra generi e stimoli diversi ma più una loro spavaldissima combinazione, possiede le credenziali per essere ricordato tra i più riconoscibili libri Neo., che mai come oggi difende l'irruenza e la provocazione degli esordi affidandoli però a un doppio binario: uno più contemporaneo, in cui si impongono racconti dei nostri tempi, che prendono di petto questioni serissime come la sopravvivenza nella metropoli e il diritto al dissenso (Drama, Vallarino, 2024) o la ribellione ai costrutti sociali in una storia tutta al femminile (Come arcipelaghi, Perale, 2024), e un secondo, di favole ancestrali, scorbutiche, dai tratti selvaggi (Romanzo di crinale, Scaruffi, 2024). Mentre i tempi editoriali invitano a soluzioni più edulcorate e caldeggiano modelli di narrativa possibilmente digeribili, Neo. rivendica la sua letteratura iconoclasta. Che si parli della Milano contemporanea o dei boschi infestati di una periferia sconosciuta, si ha la convinzione che, di queste storie, l'editore ne sia innamorato. Credete che sia scontato?

Daniele Scalese