Carolina dei delitti
di Lia Celi
Salani, 2023
pp. 272
€ 16,90 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Audiolibro disponibile su Audible (tempo di ascolto: 7 ore e 46 minuti; lettura di Claudia Ferri)
La selezione del libro da ascoltare in auto è una questione incredibilmente seria. Equilibri famigliari possono essere messi in discussione da una scelta avventata: basta un titolo fuori fuoco, un genere sbagliato, e si generano malumori, talvolta crisi diplomatiche. Ebbene, le avventure di Marco Pellegrini, frutto della scrittura felicemente condivisa di Lia Celi e Andrea Santangelo, hanno sempre messo d’accordo tutti: l’ironia, il mistero da risolvere, la trama storica creavano un connubio imbattibile. Il problema è che, divorato Ninnananna per gli aguzzini, completato L’eredità dei Borgia, ci siamo ritrovati, anzitempo, orfani di Monteperso. È così che siamo approdati a Carolina dei delitti. Che con Monteperso non c’entra nulla – ci troviamo infatti nella Torino del primo ‘900 –, ma che porta con sé molti degli elementi che avevamo precedentemente apprezzato, a partire dal brio narrativo, restituito nella versione audio da Claudia Ferri, lettrice straordinaria, sensibile, divertita, in grado di riprodurre gli accenti e le voci più svariate e di non inciampare mai, in una vicenda piena di personaggi e svolte impreviste.
Protagonista è Carolina
Invernizio, prolifica scrittrice di feuilleton all’italiana, nota per le
sue trame estremamente intricate, ricche di passioni, colpi di scena ed
elementi dal gusto spiccatamente gotico, apprezzate soprattutto da un pubblico
femminile di estrazione medio-bassa e per questo giudicata impietosamente
(talvolta in termini schiettamente offensivi) dalla critica. È interessante
quindi la scelta di Celi di ritrovarla, mostrandocela in una veste nuova, nell’alacrità
della sua produzione, nella curiosità che la animava, nel bisogno quasi
viscerale di scrivere. L’esito è quello di generare una voglia di riscoperta senza pregiudizi, a partire dai suoi
titoli più famosi, come Il bacio di una morta,
o da uno dei molti altri citati all’interno del romanzo – sempre associati a un
cappellino all’ultima moda, piccola (o meno piccola) autogratificazione dell’autrice
in occasione di ogni nuova pubblicazione,
Voce narrante
della vicenda è la sorella zitella di Carolina, Vittorina, che vive con lei in
uno stato quasi di simbiosi: la assiste nel lavoro, corregge le sue bozze, la
tiene in riga quando le viene qualche idea stravagante. Vittorina è più
prudente, meno sfacciata, e rappresenta la parte più razionale di un duetto
indivisibile, in cui il tenente Quinterno, marito di Carolina, gioca un ruolo
quasi accessorio, da terzo incomodo.
Nel romanzo, le due donne si trovano a fare i conti
con un evento di grande risonanza: nientemeno che la morte di Emilio Salgari, idolo dei ragazzini e dei nostalgici
avventurieri, a sua volta autore di centinaia di romanzi d’appendice dallo
straordinario successo. Le circostanze della sua scomparsa sono tragiche, così
come lo è la sua situazione famigliare: una moglie ricoverata in una clinica
psichiatrica, uno stato di povertà inspiegabile per uno scrittore affermato,
infine il suicidio, avvenuto in forma particolarmente sanguinosa, e che presto
viene ricondotto alla crudele tirannia degli editori. Tutto questo non convince
Carolina Invernizio, che si trova presto a indagare,
tallonata da vicino da una stremata Vittorina che cerca, spesso invano, di
tenerla lontana da guai e pericoli.
L’opera si articola dunque intorno a una
trama investigativa, che convince al punto da spingere il lettore a fare
ricerche per capire quanto ci sia di storicamente fondato e quanto invece
(abbastanza, a onor del vero) sia frutto della licenza narrativa. Non si può
dire molto sulla soluzione del mistero se non che, come in tutti i feuilletons che si rispettino, i colpi di scena sono molti e, se il
coinvolgimento e le responsabilità di alcuni personaggi sono presto chiari,
molto meno lo sono le dinamiche e i moventi, che conducono a svolte del tutto
imprevedibili.
Ben più della suspense che tiene avvinti alla storia fino allo scioglimento delle ultime pagine, però, ciò che rende particolarmente interessante il volume è la capacità di Celi di ricostruire il quadro socio-politico, artistico e culturale dell’Italia della Bella Époque: dall’Expo di Torino del 1911 all’emergente senso di nazionalismo, dalla campagna propagandistica a favore della spedizione in Libia, che coinvolge i grandi nomi del panorama letterario italiano del tempo, al fenomeno crescente dell’emigrazione verso le Americhe, dalle teorie di Cesare Lombroso alle principali linee della politica giolittiana… i riferimenti sono abbondanti e precisi, corredati e introdotti dalle citazioni da fonti d’epoca che inaugurano ogni capitolo. Questo, unito alla piacevolezza e scorrevolezza della lettura (o in questo caso dell’ascolto), fa di Carolina dei delitti un libro che si può pensare di proporre anche come lettura scolastica, specialmente nel passaggio tra il quarto e il quinto anno. Oppure, semplicemente, ascoltare in macchina certi che non ne seguiranno tracolli della serenità famigliare.
Carolina Pernigo
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