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Guardare Monet “in grande”: una proposta de L’ippocampo per la cura dello sguardo

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Monet. L’arte + grande
a cura di Anne Sefrioui
L’ippocampo, 2024

pp. 124
€ 29,90

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«Dipingete paesaggi. Sono talmente belli, il mare e i cieli, gli animali, le persone e gli alberi quali la natura li ha fatti, con il loro carattere, il loro vero modo di essere, nella luce, nell'aria, così come sono.». Non si può certo dire che Claude Monet non fosse sensibile ai consigli. Certo è pronto a fare proprio questo di Eugène Boudin, suo primo mentore, in cui pare già possibile intravedere le acque cangianti, le distese dei prati punteggiati da fiori, le nuvole in movimento che sono tratto distintivo delle opere della pittura impressionista in generale, e di quella di Monet in particolare. Animatore quasi controvoglia di una corrente dalle molte voci e sfaccettature, il pittore si pone al centro del dibattito che porterà - nel 1874 - alla prima esposizione collettiva di un’arte nuova, che si proponeva esplicitamente come antiaccademica. Affascinato dall’idea della pittura paesaggistica en plein air, renitente a qualunque forma di teoria e sapere dogmatico, Monet si avvicina progressivamente alla cifra specifica della sua arte. Ben più che dalle aule, impara dai luoghi che si trova ad attraversare: il porto animato di Le Havre, le falesie di Étretat, i colori caldi d’Algeria, le penombre della foresta di Fontainebleau… 

«Ho voluto anzitutto essere vero ed esatto. Un paesaggio, per me, non esiste in quanto paesaggio, poiché l'aspetto lo muta di continuo; esso vive attraverso ciò che lo circonda, attraverso l'aria e la luce, che variano senza sosta. [...] Bisogna saper cogliere il momento del paesaggio al giusto istante, perché quest'ultimo non tornerà mai, tanto da lasciarci nel dubbio che l'impressione ricevuta fosse quella vera» (p. 16). 

Le impressioni dal mondo naturale, e da tutto ciò che lo abita, sono le matrici di un’espressione artistica che si traduce attraverso un’accanita ricerca, che per la sua stessa essenza non può che essere inesauribile: infinite e infinitamente varie sono infatti le percezioni di un qualunque luogo, in base al variare delle contingenze. Il volume, scomponendo ogni opera nei suoi minimi dettagli, mostrandola da una prospettiva sempre più ravvicinata, ci aiuta a ricalcare lo sguardo dell’autore sul mondo.

L’apparato informativo del testo si articola intorno a nuclei tematici, che coincidono con i diversi aspetti della sperimentazione di Monet, e i principali soggetti della sua pittura: gli ambienti naturali, le riprese della Senna o delle coste normanne, fiori e figure umane, aspetti della modernità, fino ad arrivare alle serie più famose, in cui uno spazio d’elezione è riservato alle Ninfee. La cifra di novità dell’opera non è però legata tanto a questo, quanto piuttosto all’intento espresso dal titolo della collana. Alle pagine che seguono la tradizionale impostazione del catalogo d’arte, in cui Ippocampo sempre eccelle, sono intervallate infatti sezioni dedicate a singole opere che il lettore è chiamato a “vedere in grande”. Ecco che è possibile dunque aprire sei inserti pieghevoli, le cui ali sono pronte a disvelare in ampio formato le tele più suggestive, da Impressione, sorgere del sole (fondamentale, come noto, per la definizione del movimento stesso) a Donna con Parasole, da Bacino delle ninfee a Mattina con salici piangenti, passando attraverso scenari meno noti, come quello di Bordighera, o del veneziano Palazzo Dario 

Benché non manchino elementi didascalici e descrittivi, sono ridotti all’essenziale, per non tradire lo scopo del volume: invitare cioè a una valorizzazione dello sguardo, a una riscoperta del dettaglio, a una rivalutazione dell’esperienza della contemplazione lenta dell’opera - intanto sulla carta, in attesa magari di poterla fare dal vivo. L’arte è prima di tutto, ci suggerisce la curatrice Anne Sefrioui, bellezza, e suggestione. Abituati come siamo a una sovrabbondanza di parole e informazioni, siamo quasi disabituati a una fruizione dell’opera che si basi sull’intuito, sulla percezione emotiva, che è invece obiettivo primario di questo volume. L’alta qualità delle tavole ha dunque la funzione di creare un’esperienza immersiva, in cui si possano apprezzare le sfumature di colore, la pastosità delle pennellate, i piani di profondità e gli effetti di movimento che solo il vero virtuosismo sa generare. Il commento guida attraverso le occasioni compositive dei diversi dipinti, ne propone chiavi di lettura, ma soprattutto fa riecheggiare le voci di chi di quei dipinti ha osservato la genesi, offrendoci uno scorcio interessante sul contesto culturale e artistico in cui Monet si muoveva. Scrive, ad esempio, Guy de Maupassant:

«Ho spesso seguito Claude Monet in cerca di "impressioni". Non era un pittore, in verità, ma un cacciatore. Andava, seguito dai bambini che portavano le sue tele, cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo, in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo. E il pittore, davanti al suo soggetto, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava... E, sprezzante del falso e dell'opportuno, li poggiava sulla tela con velocità» (p. 77).

 Altre volte invece è Monet stesso a prendere la parola, e questo consente di avere un accesso inedito all’opera, di coglierne il primum movens nella concezione del mondo dell’artista. La sua riflessione sulle Ninfee, per esempio, le mostra come elemento vivo, ne rivela - se mai potesse esserci alcun dubbio - la dignità come soggetto artistico polarizzante e dà un nome all’emozione profonda che prova chiunque si trovi un giorno, più o meno per caso, all’Orangerie di Parigi:

«Mi ci è voluto del tempo per capire le mie ninfee [...]. Le coltivavo senza pensare di dipingerle. Non si assorbe un paesaggio in un solo giorno... Poi, tutt'a un tratto, ho avuto la rivelazione dalle fate del mio stagno. Ho preso la mia tavolozza. Da allora, non ho avuto altri modelli» (p. 111).

Monet, con la sua rilegatura in tela e il taglio illustrato, non si configura solo come un oggetto da collezione, ma anche come un’occasione di riscoperta di un artista che, non a caso, continua a far vibrare le emozioni del pubblico e che, qui, può essere contemplato da una distanza decisamente più ravvicinata, e sotto diversi punti di vista.


Carolina Pernigo