Terre piatte
Di Noreen Masud
Add Editore, novembre 2024
Traduzione di Sara Reggiani
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
La Gran Bretagna è una terra antichissima, erosa dai secoli, con pochissime montagne degne di questo nome. Oltre a non svilupparsi in altezza, l'altra caratteristica chiave delle isole britanniche è proprio la loro insularità, il loro essere distinte, separate, conchiuse. Ma se c'è un'isola che ha saputo travalicare i propri confini, questa è l'Inghilterra, che dalle sue sponde ha sempre sfidato la propria finitezza, invadendo - e spesso appiattendo - altri territori. Nella piattezza delle proprie terre, l’Inghilterra nasconde lo sconfinamento, un continuo travalicare. E allo stesso tempo nasconde rilievi e depressioni, altitudini, e valli, storie e popoli che ha schiacciato e su cui è salita per diventare quello che è. Una di queste storie è la storia di Noreen Masud.
I dettagli che Terre piatte dedica alla vita di Noreen Masud, però, sono pochi e sparsi - come cespugli sparsi qui e lì in un paesaggio piatto, nulla su cui l'occhio possa appoggiarsi e riposarsi. Figlia di madre scozzese e padre pakistano, Masud lascia qui e lì nella propria narrazione gli aneddoti spezzettati di un'infanzia complicata, caratterizzata dall'isolamento nella propria casa di Lahore per decisione del padre, e racconta poi il suo trasferimento in Inghilterra dopo essere stata disconosciuta da lui. Ma non è una storia personale quella che questo libro vuole raccontare. Masud ci racconta la storia di un territorio senza confini e delle sue storie nascoste, di cui la propria è solo una delle tante. Tanto che forse definire Terre piatte un memoir è errato, e sarebbe più giusto definirlo racconto di viaggio. Dal Pakistan, Masud cammina e ci porta con sé per le paludi bonificate di Ely, le isole Orcadi, la brughiera di Newcastle, in un movimento (sia fisico che testuale) più orizzontale che verticale, che lavora per sottrazione più che per aggiunta.
Fu solo quando raggiunsi il gruppo, però, che sentii la bocca aprirsi alla vista di ciò che avevo davanti. La spiaggia era quasi bianca sotto il sole pomeridiano, i cardi svettanti come cactus con le braccia sollevate che spuntavano da entrambi i lati e le teste appuntite simili a guantoni. Chiusi le dita attorno a un cardo e mi ferii. Contro il cielo luminoso si stagliavano netti come le lunghe ombre dell'erba sul terreno. Ero di nuovo nel mio corpo con la mano attorno a un cardo appuntito e crespo che stava facendo il suo lavoro; come tutte le cose, faceva quello che andava fatto. (p. 111)
Nella propria narrazione densa, materica, quasi rocciosa, Masud mescola sé stessa ai paesaggi in cui si è cercata senza mai trovarsi - perché nelle terre piatte non c'è bisogno di trovare alcunché. L'importante è esserci, rimanere in piedi, accanto a tutto ciò e tutti coloro che ci hanno preceduto, lasciandoci esistere insieme a tutto il resto, traumatico o dimenticato che sia.
Per diversi minuti - perché, come stavo imparando, nelle paludi le cose impiegavano tempo a sparire dalla vista - osservai un paio di tozze ciminiere di cemento sbuffare placidamente nel cielo. E laggiù, in lontananza, un piccolo stormo di pale eoliche mi salutava. La densa nuvola grigio prugna sopra di me cominciò a lasciare il posto alla luce cristallina del sole. Mi conoscevo. Era inutile fingere che fosse qualcosa di più di una modesta avventura. Non ero mai stata brava a orientarmi, non sapevo dare indicazioni nemmeno a casa mia, e me ne vergognavo. Quella parte del mio cervello era deformata e fetale, e tale sarebbe rimasta non avendola sviluppata da bambina. Le brave bambine non camminano per strada dove gli uomini possono vederle. (p. 61)
Quello che emerge da questa collezione di personal essays che, nello zigzagare tra presente e passato, crea un movimento abbastanza ampio da racchiudere tutta la vita dell'autrice, è sicuramente un memoir sui generis, che tenta di fare moltissime cose - e ci riesce proprio perché evita di selezionare un solo scopo, un'unica trama o una morale, come siamo stati abituati da numerosa memorialistica contemporanea. Non è una recherche destinata a trovare un’illuminazione personale, ma è l'anelito verso un destino collettivo e per questo traballante, mai definitivo. Solo abitando l'incertezza Masud riesce a dipingere un'immagine dolorosamente reale di un popolo e di un territorio profondamente contraddittori. Una cultura, quella britannica, che oggi finalmente può contare su una grandissima quantità di intellettuali come Masud, capaci di andare alla ricerca delle numerose storie spianate ma sempre presenti che ne compongono il territorio, sia dentro che fuori i propri labili confini.
Marta Olivi
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