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L'analisi sulla mutazione contemporanea di Oliver Roy: "L'appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma"

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L'appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma
di Oliver Roy
Feltrinelli, settembre 2024 

Traduzione di Massimiliano Guareschi

pp. 208
€ 20,90 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook) 

Oliver Roy è uno degli intellettuali francesi oggi di maggior rilievo, non solo in patria ma anche a livello internazionale. Oltre che studioso e professore di politologia e sociologia – attualmente lavora presso l’Istituto universitario europeo di Firenze –, è stato consulente del ministero degli Affari esteri francese e dell’Ufficio delle Nazioni Unite incaricato di coordinare i soccorsi in Afghanistan. Facendo tesoro anche della sua esperienza sul campo, si è occupato a lungo di Islam radicale e jihadismo, ma soprattutto ha fornito analisi e resoconti sempre molto acuti sullo scenario culturale del ventunesimo secolo. 

Di recente, Feltrinelli ha pubblicato il suo ultimo saggio, che proprio a questi temi è dedicato e si intitola in italiano L’appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma (calco molto fedele dell’originale francese), tradotto da Massimiliano Guareschi. Il libro, uscito nel nostro paese a settembre, è stato presentato a Ferrara nell’ambito del Festival di Internazionale. In quella circostanza Roy ha reso subito esplicito il confronto con un testo capitale della nostra epoca, ovvero The World is Flat di Thomas L. Friedman  (Il mondo è piatto. Breve storia del ventunesimo secolo, Mondadori 2006). In quello studio Friedman celebrava l’avvento di Internet come elemento sconvolgente e positivo che livellava le barriere fisiche e geografiche e abbatteva gli ostacoli al successo, consentendo ad attori economici e innovatori di tutto il mondo di competere sullo stesso piano e, così facendo, produrre ricchezza e benessere collettivi. Quasi vent’anni dopo però Roy mette in evidenza le crepe generate da quello stesso fenomeno nella sfera sociale e culturale. La visione di quest'ultimo è molto meno enfatica e vede nella diffusione di Internet, nell’individualismo post-sessantottino, nel liberismo finanziario e nella globalizzazione i motori di una trasformazione tutt'altro che benefica. La loro azione congiunta ha infatti smantellato lentamente i paradigmi culturali ereditati dalla modernità, senza riuscire a sostituirli con valori altrettanto solidi e organici. A distanza di un ventennio, la conseguenza più evidente è che le nostre società occidentali – ma non solo – stanno attraversando una crisi che interessa il concetto stesso di cultura, nel suo significato più ampio. 

Nell’interpretazione di Roy, nel nostro mondo i sistemi culturali una volta egemoni sono al collasso, sotto attacco sia dalle frange più conservatrici della società che da quelle liberali – seppur in modo diverso e con motivazioni divergenti; questo favorisce il proliferare di orientamenti minoritari e sottoculture che fanno sistema in modo acefalo, fluido e conflittuale. 

Sul piano più pratico, l'idea di Roy è che l’«appiattimento» a cui fa riferimento nel titolo implichi in fondo lo sgretolamento – soprattutto nelle società occidentali secolarizzate – degli ordini gerarchici verticali: l’anelito alla trascendenza è affidato a visioni politiche e sociali orizzontali, ciascuna equiparabile alle altre e con pari dignità intellettuale. In tale scenario, le stesse concezioni di destra e di sinistra si schiacciano sempre più l’una sull’altra fino ad essere indistinguibili tra loro. 

Non più impegnati dunque nel perseguimento di un disegno organico e complessivo della società – anche perché, come sostenuto già Mark Fisher, il capitalismo ha colonizzato oggi l'intero spettro delle variazioni politiche e culturali – conservatori e progressisti si limitano a scontrarsi su questioni circoscritte: emancipazione della donna, migrazione, aborto (come è emerso peraltro anche nelle recenti elezioni americane). Pertanto, l’agorà pubblica, abbandonata dalla politica tradizionale – come sosteneva Zygmunt Bauman un quarto di secolo fa – viene ripopolata e occupata da movimenti populisti, dai teorici del complotto più disparati, o da comunità virtuali, eteree e inafferrabili. 

Da queste questioni di ampio respiro di carattere più politico, che sono centrali nel saggio, oggetto delle prime sezioni, se ne dipanano altre di Oliver Roy più specifiche, che toccano vari aspetti della nostra vita e delle relazioni umani. In generale, il lavoro analizza in modo lucido la recente mutazione antropologica e culturale, soffermandosi nei vari capitoli su aspetti fondamentali quali la crisi degli immaginari, la trasformazione dei linguaggi, il dibattito sulla razza, il diritto e la bioetica, la mercificazione e normativizzazione della felicità. La conclusione a cui arriva lo studioso è che la frammentazione della cultura e la scomparsa dell’ideale moderno di humanitas, portati avanti dalla globalizzazione, dall’individualismo e dalla mercificazione di ogni aspetto delle nostre vite, alla lunga stiano soffocando le possibilità di una governance democratica e universale. Spetterà perciò sempre più ai singoli individui l'arduo compito di ricomporre i cocci e ripristinare forme di dibattito ancora aperto, sano e produttivo.

Tra i tanti pregi di questo volume così denso e complesso, oltre naturalmente all’attualità e alla vastità degli argomenti toccati e all’acume analitico del suo autore, spicca il tono neutro e distaccato. Proprio perché cosciente di scrivere in uno scenario polarizzato, Roy evita di imporre alcuna interpretazione personale – per quanto taluna volta sia possibile scorgere in controluce il suo giudizio –, limitandosi a descrivere i fenomeni così per come essi prendono forma di fronte ai suoi occhi. Ne viene fuori un saggio ricco di spunti di riflessione pronto a fare da guida ai naviganti disorientati di questo millennio, iniziato da poco eppure già così dirompente per la storia umana. 

È doveroso, infine, avvertire i lettori che tra le pagine di L’appiattimento del mondo non troveranno risposte consolatorie, ma solo domande ardue e laboriose. Le più impellenti tra queste, sono poste proprio nelle pagine conclusive del libro: “Come fare cultura oggi? Come ricostruire i legami sociali fondati su un immaginario condiviso? Come ritrovare la dimensione collettiva?”. Interrogativi lasciati in sospeso, proprio perché il compito di trovare risposta non non può spettare solo all’autore di un singolo libro, ma a tutti noi lettori e cittadini del presente.

Emiliano Zappalà