La casa della luce
di Yoko Ogawa
Il Saggiatore, novembre 2024
€ 18 (cartaceo)
Tutto intorno a me era avvolto dalla luce (p. 66)
Uno di questi, il primo in ordine nella raccolta, dal titolo originale La gravidanza di mia sorella (nel testo: Diario di una gravidanza) nel 1991 vinse il prestigioso premio letterario Akutagawa; poi fu pubblicato sul New Yorker e ora lo ritroviamo ne La casa della luce.
Tutto questo, però, non influisce minimamente sull'appetito di mia sorella. È visibilmente ingrassata. Man mano che le cresce la pancia, il grasso comincia a depositarsi sulle guance, sul collo, sulle dita e sulle caviglie. Non sono abituata a vederla così e ogni volta che poso gli occhi sulla sua figura sformata e imbottita di grasso provo un senso di sconcerto. A lei non importa affatto di essere cambiata così tanto, la sua unica occupazione è mangiare e io non oso dirle niente. Il suo corpo sembra una grande massa tumorale che prolifera senza controllo. (p. 58)
Ogawa, come dicevo, è un'autrice definita post-moderna, afferente a quella corrente notoriamente chiamata dark romanticism (o black romanticism): romanticismo venato da tinte pessimistiche, grottesche, vagamente inquietanti. Le sue protagoniste, spesso donne, non hanno quasi mai nome e le storie vengono narrate in prima persona. Ciò che emerge dal suo stile è un'analisi (comune agli autori e alle autrici giapponesi) dei meandri della psiche umana: i giapponesi sono abilissimi nello scandagliare i pensieri più oscuri, segreti, inconfessabili, rendendoli malleabili e comprensibili agli occhi del lettore. Così anche Ogawa, che tinge i suoi tre racconti di una sottile inquietudine, di grottesco, e di qualche elemento che si potrebbe definire "surreale".
Ecco allora il primo racconto, Diario di una gravidanza, vede questa donna che racconta cinicamente i nove mesi della gravidanza di sua sorella: ne descrive i cambiamenti fisici, umorali, i capricci infantili, le nevrosi, gli eccessi - prima il rifiuto totale di mangiare e il disgusto per gli odori, poi un appetito mostruoso, bulimico - ammettendo a se stessa, e a noi, di provare fastidio, persino odio, per la sorella e per il nipote che sta per nascere. Difatti, alcune delle sue azioni, ben ponderate e architettate, porteranno a una tragedia annunciata.
Si avvicendano descrizioni fredde e chirurgiche, irritazioni per la debolezza del cognato, il suo stesso disgusto per il corpo della sorella che pare diventare mostruoso.
Mia sorella dà spiegazioni sul suo bambino con fredda lucidità. Usa parole come «feto», «cavità addominale», «organi genitali». Questo suo modo di parlare non è quello di una madre e rende il cambiamento avvenuto in lei piuttosto inquietante. Chissà se i cromosomi del feto si staranno riproducendo in modo corretto? E chissà se le larve gemelle si saranno allineate e staranno brulicando nella sua pancia gonfia? Mentre guardo mia sorella, la mia mente è attraversata da questi pensieri. (p. 54)
Il secondo racconto, Dormitorio, opera un cambio di rotta mantenendo l'atmosfera creepy: grande attenzione alle descrizioni ambientali, soprattutto sulla flora e la fauna, una pietas che emerge, un mistero, un racconto che diventa quasi un giallo, e una protagonista buona e gentile, in perfetta opposizione rispetto alla prima e alla morbosità per il corpo del secondo personaggio, il Professore. Qui, in questo racconto, l'autrice sottolinea ancora di più la metafora della luce che afferisce al titolo: la luce è simbolo di nostalgia, di solitudine, di mancanze, di cose che appaiono e scompaiono misteriosamente.
Dove saranno finite le belle dita della mano sinistra dello studente, che risolveva i problemi di matematica con la matita H e piantava i bulbi con la paletta?
Тас.
Perché sono fioriti tulipani dai colori così strani?
Tac.
Perché non riesco mai a incontrare mio cugino?
Tac.
Insieme alle gocce piovevano anche i miei dubbi. Perché il professore riesce a descrivere in modo così dettagliato i muscoli, le articolazioni e le scapole di mio cugino? (p. 132)
Il terzo racconto che dà il titolo alla raccolta, La Casa della luce, inverte nuovamente il mood: leggiamo di nuovo di una donna - una ragazza molto giovane - che riprende la cattiveria, il sadismo, i pensieri oscuri e inconfessabili della prima. Figlia di due predicatori che gestiscono, appunto, la Casa della luce - una chiesa e un orfanotrofio - la ragazza si divide perfettamente lungo la linea sottile di due sentimenti: le angherie a una delle orfane della casa, Rie, e l'amore passionale ed erotico per uno dei ragazzi orfani, Jun. Si alternando sensazioni sadiche nei confronti della madre e di Rie (com'è per la donna di Diario di una gravidanza nei confronti della sorella) a sospiri d'amore, morbosità, ossessioni erotiche.
Da un po' di tempo mi accade di provare spesso simili sentimenti di crudeltà (p. 163)
La scrittura di Ogawa, pur essendo minimalista, non pecca di ricchezza nei dettagli: i racconti sono multisensoriali, si possono quasi assaggiare, annusare, toccare; la flora e la fauna (specie nel secondo racconto) sono descritte in modo vividissimo; e in modo altrettanto vivido l'autrice fa luce (ecco che torna il leitmotiv) sui sentimenti più oscuri e reconditi dell'animo umano.
Ne consiglio la lettura davvero con entusiasmo, soprattutto se i lettori amano il perturbante, i protagonisti crudeli, un tocco di surrealismo e quel particolare modo che hanno gli autori e le autrici giapponesi di trattare la psiche umana: chirurgicamente, senza sconti.
Deborah D'Addetta
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