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#PercorsiCritici - n. 75 - Tra fuga e salvezza: libri sulla salute mentale (parte 2)

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Se a gennaio abbiamo dedicato il nostro appuntamento con #PercorsiCritici ai libri che hanno segnato il 2024, con questo numero torniamo alla formula classica selezionando titoli che sono accomunati da un tema specifico, a prescindere dall'anno di pubblicazione. Ed effettivamente, se ci seguite, vi ricorderete che un tema, quello del disagio mentale, era stato sì trattato, ma in veste parziale, perché - data l'abbondanza di titoli - avevamo scelto di dividere la nostra rassegna in due parti: se nella prima puntata avevamo ristretto il campo all'editoria italiana, stavolta possiamo aprire le porte al mondo. Infatti, questo tema è talmente vasto e soprattutto foriero, evidentemente, di situazioni narrative che è stato ampiamente sfruttato, anche oltre i confini italiani.

Ci sono titoli, anche recenti, ormai diventati molto famosi quando si parla di disagio mentale, libri che chiunque voglia avvicinarsi a questo tema non può trascurare. Sicuramente uno dei più conosciuti è Génie la matta, di Ines Cagnati (Adelphi, 2022), un libro che racconta con delicatezza il complesso rapporto tra Marie e Eugénie, rispettivamente figlia e madre: Eugénie, dette Génie, è conosciuta come la matta del paese e molti si approfittano di questa condizione facendola lavorare a poco. La figlia, Marie, con cui Génie ha un rapporto aspro e conflittuale, la ama di un amore profondo e cerca di fare i conti con questo equilibrio instabile e precario.

Una stanza piena di gente (Editrice Nord, 2022; prima edizione 1982), di Daniel Keyes, racconta invece una terribile vicenda accaduta realmente nel 1977: in Ohio viene arrestato un giovane, Billy Milligan, con l'accusa di aver ucciso tre studentesse. Le prove sono schiaccianti, tuttavia, durante il processo e le attività interrogatorie, viene fuori una verità inquietante: Billy Milligan racchiude in sé ben ventiquattro personalità diverse, a causa di un disturbo dissociativo dell'identità che fa emergere di volta in volta una personalità differente.

Un'altra vicenda realmente accaduta, sempre negli Stati Uniti, è quella della famiglia Galvin, all'apparenza il ritratto di una perfetta famiglia americana: stabile, numerosa, benestante, con dodici figli tutti bravi ed eccellenti nelle varie attività da loro praticate. Tuttavia, dopo poco tempo, qualcosa si incrina: il figlio maggiore dimostra comportamenti sempre più strani e aggressivi e ben presto a sei dei dodici figli viene diagnosticata la schizofrenia. La famiglia Galvin precipita in un vortice di follia e il loro caso diventerà oggetto di studio in un mondo che faceva i suoi primi passi nelle discipline psichiatriche. La storia di questa famiglia viene raccontata da Robert Kolker in Hidden Valley Road. Nella mente di una famiglia americana (Feltrinelli, 2022).

Altrettanto famoso è Follia, di  Patrick McGrath (Adelphi, 2012; prima edizione 2012). Ambientato in un manicomio, Follia è un crudo ma importante documento narrativo della metà del Novecento, e attraverso le parole di uno psichiatra che ci lavora scopriamo un mondo tragico e doloroso, in cui si consuma una storia d’amore o di ossessione, a seconda dei punti di vista.

Ma cosa accade quando è la persona stessa che vive il disagio mentale a prendere parola? A tal proposito, Mary MacLane ci offre in lettura la sua vita interiore: quello che leggiamo in L'attesa del diavolo (Ago edizioni, 2024) è la trascrizione di ciò che succede nella sua mente in un lasso di tempo di circa tre mesi, nel 1901. Siamo nella profonda provincia americana e sicuramente questo libro scardinò le certezze di materia di narrazione autobiografica, dato che si presente come una discesa nei meandri più oscuri della mente di una scrittrice.

E a proposito di scrittori e scrittrici, nonché di artisti più in generale, cosa dire del vecchio adagio "genio e sregolatezza"? Possibile scrivere un libro su questa tematica? Rosa Montero ci ha provato e ci è brillantemente riuscita: in Il pericolo di essere sana di mente (Ponte alle grazie, 2024) mette a nudo i meccanismi del processo creativo, scendendo nei meandri della creazione immaginaria, dell'ispirazione e dell'illuminazione, e lo fa attingendo sia alla sua esperienza personale sia a molte letture psicologiche e neuroscientifiche.

Ci sono autori, poi, che scelgono non tanto di illustrare il disagio mentale, quanto di mettere in mostra cosa accade quando si raggiunge il punto di rottura di una vita apparentemente equilibrata. Juan Filloy, in Op Oloop (Ago edizioni, 2024), racconta la storia dell'omonimo statistico finlandese che abita a Buenos Aires e che conduce la sua vita in maniera programmatica e metodico. Tutto fila liscio e scorre prevedibilmente, fino al giorno in cui un ritardo, una piccola macchia nel suo flusso monotono e sempre uguale, segna una crepa: un ritardo in taxi gli impedisce di arrivare puntale all'appuntamento con la sua futura sposa e da lì la follia prende il sopravvento.

Anche Martha, protagonista di L'opposto di me stessa (Harper Collins, 2022), di Meg Mason, mette in evidenza quanto un accadimento esterno possa produrre un forte maremoto all'interno di chi lo vive. Martha sembra avere tutto dalla vita: una brillante carriera, un riconoscimento pressoché unanime e un marito che la adora. Fino al giorno in cui quest'ultimo decide di lasciarla. Questo episodio segna uno sconvolgimento nella sua vita interiore e la costringe a fare i conti col suo passato, a scoprire quella ragazza di diciassette anni a cui forse non ha mai prestato davvero ascolto.

Infine, mentre in Una florida ed eccitante vita interiore (Pidgin, 2024) Paul Dalla Rosa, mette in scena diversi racconti che mostrano ognuno una storia differente, Thomas Bernhard e Jeanne Benameur scelgono di raccontare il malessere mentale da un punto di vista esterno. In Gelo (Adelphi, 2024) Bernhard racconta la storia di un giovane a cui è stato affidato un incarico: deve raggiungere un uomo, un pittore, che dopo aver bruciato tutti i suoi quadri ha scelto di isolarsi in una remota regione montana. L'isolamento del luogo e la precaria condizione mentale dell'artista condurranno il giovane ad osservare da vicino le spirali della follia.

Jeanne Benameur, invece, in La pazienza delle tracce (Edizioni E/O, 2024), mette in scena con delicatezza il momento in cui chi per professione ascolta gli altri si ritrova lui stesso ad aver bisogno di aiuto: Simon Lhumain è uno psicanalista che un giorno, a causa di un evento imprevisto, si ritrova a dover fare i conti con la propria storia personale e rivedere quanto credeva saldo. Parte così per un lungo viaggio, in Giappone, in cui troverà finalmente l'occasione per ascoltare sé stesso...

Siamo giunti così a concludere questo piccolo - e sicuramente parziale - percorso tra i libri che parlano di disagio e sofferenza psichica: un percorso arduo e complesso ma di certo ricco di spunti interessanti.