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«Poi torna il silenzio, che mette fine all'amore»: "Sensi" di Adenia Shibli è il viaggio nell'intimità della memoria

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Sensi
di Adania Shibli
La nave di Teseo, febbraio 2025

Traduzione di Monica Ruocco

pp. 128
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)

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La ragazzina tende bene le orecchie verso il fratello morto. Il silenzio rimarrà la sua unica forma di esistenza, per sempre. (p. 44)

La ricostruzione di un microcosmo, simbolo di una Terra senza pace, è affidata a un susseguirsi di fotogrammi in alternanza di descrizioni particolareggianti e brevi episodi. Macchie di colori, varietà di suoni, segmenti di oggetti ingigantiti da una percezione alterata tracciano il ritratto di una tragedia, che rivendica la propria visibilità attraverso un linguaggio che non sia quello né della cronaca né della denuncia. In Sensi di Adania Shibli, un muro arresta i passi delle persone, segna i confini della libertà, minaccia l'identità di un Popolo, tuttavia lascia che a transitare siano l'odio e la guerra. 

L'autrice, nata in Palestina, e già firma di romanzi, racconti e opere teatrali con cui ha vinto, nel 2011 e nel 2003, il premio Qattan Young Writer's Award-Palestine racconta una storia, in Sensi, che ruota attorno a una giovane palestinese senza nome - "la ragazzina" - che viene in un villaggio anonimo. Attraverso cinque capitoli intitolati "Colori", "Silenzio", "Movimento", "Lingua" e "Muro", l'autrice esplora la percezione sensoriale della protagonista, offrendo uno sguardo profondo sulla sua realtà quotidiana. La narrazione si distingue per l'assenza di dialoghi, una scelta stilistica che enfatizza l'introspezione e l'osservazione dettagliata del mondo circostante. La protagonista, pur non avendo un nome, emerge come una figura universale, rappresentando la condizione di molti bambini palestinesi che crescono in contesti segnati dal conflitto e dalla privazione. La sua curiosità infantile la spinge a esplorare e comprendere il mondo degli adulti, ma un'otite la esclude temporaneamente dalla realtà, offrendo una metafora della separazione e dell'isolamento.

La struttura narrativa non tradizionale crea un vuoto che suggerisce una condizione umana tormentata e silenziosa. I personaggi in particolare, colpiscono per la loro indifferenza, come se fossero distaccati dalla realtà che li circonda. Sono figure che affrontano la vita con una sorta di rassegnazione, senza mai rivelare appieno ciò che provano, come il padre della ragazzina perennemente in silenzio e anaffettivo:

Il silenzio eterno è il pegno che deve pagare la sirena che sceglie di vivere sulla terraferma, lo stesso silenzio che deve pagare il sacchetto di plastica per allontanarsi in mare. Il silenzio è il prezzo da pagare. Un altro silenzio è quello con cui ognuno ha deciso di punirla e che, nel caso di suo padre, è ineluttabile. (pp. 57-58).

Il loro esistere è statico, così come quello della madre e delle otto sorelle, privo di dialoghi o riflessioni. Le loro emozioni, sebbene presenti, rimangono nascoste, imprigionate in una quiete assordante. È proprio per questo che Adania Shibli costruisce il racconto con parole che evocano immagini forti, come pennellate che dipingono scene di vita in modo vivido e impressionistico. La storia si sviluppa come un mosaico, dove ogni frammento si aggiunge al quadro complessivo ma senza mai rivelare per bene la storia. La sensazione di un mondo spezzato e irrecuperabile arriva attraverso piccole intuizioni, unite da segnali visivi: immagini interrotte, forme disgregate, oggetti divisi. La "ragazzina" è intrappolata in un presente che non consente sogni o speranza di germogliare. Il passato e il futuro sembrano cancellati, lasciando spazio a una realtà fissa e immutabile. La sua vita si svela attraverso piccoli bottoni che inizialmente sembrano insignificanti, ma che il narratore coglie e esplora con attenzione, rivelando un significato profondo in ciò che appare ordinario.

Le normali gerarchie di importanza si ribaltano, e ciò che guida il nostro sguardo sulla realtà cambia drasticamente. La banalità diventa nucleo di una coscienza che, confrontandosi incessantemente con la morte, sviluppa una visione della normalità molto particolare. La costante attenzione per i dettagli è inserita in un contesto sfocato, che sfida qualsiasi tentativo di definizione precisa. Questo contrasto crea un'atmosfera surreale, che evoca sensazione di disagio e distacco dalla realtà. Anche l'indeterminatezza dello spazio suggerisce una complessità che ne rende impossibile una completa comprensione. La sua stessa esistenza sembra sfuggire alla possibilità di essere spiegata o definita. Il nome di questo luogo in effetti è impronunciabile. Anche se il significato della parola Palestina non è chiaro, l'unica cosa certa è che è proibito usarla. La ripetizione minuziosa della realtà si traduce in uno stile narrativo che cerca di restituire una visione del mondo contemporaneo, segnato da sofferenza e difficoltà di comprensione. 

La narrazione, però, pur evitando toni esagerati o drammatici, non è priva di emozioni:

Una mano si avvicina al corpo dell'altro. Lei posa la mano su quella di lui. Poi poggia la mano sul viso di lui. Lui posa la mano sulla gamba di lei. Lei sfiora i capelli di lui. Lui poggia la mano sulle spalle di lei. Lei fa scivolare la mano sotto la maglia di lui, sul petto. La mano di lei riesce a sentire i battiti del cuore di lui e, quando la allontana, quelli spariscono. Giocano finché smette di piovere. La ragazzina non ha più posato la mano sul cuore del vicino, affinché il silenzio preservi il segreto del loro gioco che chiamano r-o-m-a. [...] Poi i due chiudono lo sportello dell'auto. Hanno chiamato il loro gioco r-o-m-a, "amor" alla rovescia, per mantenerlo segreto. (pp. 41, 90).

Invita alla riflessione e stimola la conoscenza, pur lasciando una sensazione di tristezza. Le situazioni che emergono, spesso paradossali, spingono il lettore a confrontarsi con il non detto. Il silenzio, invece di essere un rifugio, viene continuamente interrotto da suoni della quotidianità, che assumono un significato disturbante. In tutto il mondo non esiste un attimo di silenzio. Suoni come il ticchettio di una lavatrice, voci lontane, e la sirena di un'ambulanza sono posti sullo stesso piano, con un'apparente differenza. Nel contesto del funerale di un piccolo fratello, probabilmente vittima di un attentato, la più grande preoccupazione della ragazzina è nascondere uno buco sul suo vestito. La durezza della vita viene inghiottita e trasformata da una calma artificiale. L'arte della sopravvivenza ha il potere di annullare i sentimenti, fino a silenziarli del tutto. Le emozioni esistono ma sono senza voce. La difficoltà di esprimere il proprio dolore accentua la freddezza e la crudeltà con cui la morte stessa viene rappresentata, se pensiamo anche che il titolo originale del romanzo è Masas che ha difficile ressa in italiano, in quanto esprime l'azione del "contatto", un atto fisico ed emozionale allo stesso tempo.

Sensi è un'opera che offre una finestra sulla realtà palestinese attraverso gli occhi di una ragazza, utilizzando una scrittura evocativa e sensoriale per esplorare temi di crescita, identità e appartenenza. La sua unicità risiede nella capacità di trasmettere emozioni profonde senza ricorrere ad artefici, rendendo ogni sensazione e percezione della protagonista palpabile e significativa. La scelta di costruire il racconto attorno alle esperienze di una ragazzina palestinese, poco più che bambina, è particolarmente significativo, poiché le prime vittime della realtà che oggi sconvolge la Palestina sono proprio i bambini, colpiti da decenni di disordini emotivi e stress postraumatici, da anni all'attenzione degli studiosi. Osservare da vicino l'intimità e l'istantaneità dei gesti della protagonista non la allontana dalla storia collettiva del suo popolo, anzi restituisce umanità e un corpo a chi non è soltanto un numero.

Serena Palmese