Il piacere sovversivo-breve storia della masturbazione
di Alessia Dulbecco
Tlon, febbraio 2025
pp. 122
€ 13 (cartaceo)
Secondo Tissot, «i medici di tutti i secoli hanno creduto unicamente che la perdita di un'oncia di quell'umore indebolisse più della perdita di quaranta once di sangue», motivo per cui ogni uomo doveva evitare di sprecarlo. La teoria di Tissot non risparmia le donne: quando si masturbano anche loro perdono il "fluido riproduttivo femminile", una sorta di corrispettivo dello sperma maschile, sempre derivato dal sangue, che fin dall'antichità si credeva venisse rilasciato all'acme del piacere e fosse pertanto essenziale nel favorire la fertilità e il concepimento. (p. 38)
Alessia Dulbecco, professionista nella pedagogia di genere e nel couselling legato all'educazione, già autrice di un testo per Tlon Si è sempre fatto così edito nel 2023, torna in libreria con un piccolo libello, un mini saggio narrativo che ci racconta le tappe della storia della masturbazione.
In poco più di cento pagine, Dulbecco, adottando un tono tra l'accademico e l'informale che l'aveva già distinta nel testo precedente, illumina spazi oscuri che, a volerli svelare da soli, rischiano di confonderci ancora di più: ad esempio, da dove arriva la parola "onanismo"? E cosa c'entra una parabola della Bibbia con questo famoso termine oggi caduto in disuso? Chi l'ha fatto cadere in disuso sostituendolo con il più moderno "autoerotismo"?
Domande interessantissime che vengono esaminate e a cui viene fornita una risposta con un metodo ben preciso: parlare riprendendo le teoria di medici, psicologi, teologi, terapisti, scrittori che nel corso dei secoli hanno contribuito a forgiare quella che si potrebbe dire una vera e propria fobia per la masturbazione. Dulbecco parte concentrandosi sul '600 e '700, sottolineando che prima di alcuni testi cardine sul tema, la masturbazione non aveva tutto questo interesse mediatico che gli fu attribuito in seguito, quando fu tacciata di essere pericolosa per la salute mentale e fisica.
Atto contronatura, piacere solitario, vizio solitario, odiosa perversione: la masturbazione fu appellata in tutti i modi possibili, a partire da un'azione sistematica della religione (ovviamente) e di testi pseudo scientifici che crearono un clima di panico intorno alla pratica. In una semplice quanto efficace strategia di marketing come quelle che abbiamo anche oggi - creare un problema che non esiste per poi fornire magicamente una soluzione, pensiamo ai prodotti per la cellulite - alcuni medici e accademici tirarono fuori dall'anonimato la masturbazione e ne fecero il nemico sociale e politico numero uno.
In questa sede ci limitiamo a sottolineare la progressiva virata che compie il ragionamento di filosofi e religiosi, individuando nella combinazione di segretezza e desiderio l'innesco che scatena l'autopolluzione. Scrive Benedicti: «Chi, commettendo questo peccato pensa o desidera una donna sposata oltre al peccato di mollezza commette adulterio; chi desidera una vergine, commette stupro; chi desidera una religiosa, sacrilegio». Il desiderio, cioè, amplifica il vizio e rende il peccato ancora più grave. Secondo l'ecclesiastico Richard Capel, vissuto nella prima metà del Seicento, tutti gli atti contronatura sono di per sé impuri, ma quelli praticati in solitudine e di nascosto sono i peggiori perché il desiderio, lasciato libero, contrasta con l'ordine voluto da Dio. (p. 34)
Insomma per tutto il 1700 e 1800 (e parte del XX secolo) l'autoerotismo fu esplicitamente vietato. Di queste influenza nefaste ne risentiamo tutt'oggi: avrete sicuramente sentito quel detto secondo cui gli uomini che si dedicano alla masturbazione in modo sistematico e compulsivo diventano ciechi, no? Ecco, sono retaggi di quei secoli, del terrore che con cui fu raccontato. E se parliamo di autoerotismo femminile le cose si fanno anche più complicate perché ancora una volta la donna veniva posta in posizione subordinata rispetto all'uomo: a parità di "peccato", la donna subiva meno danni perché non sprecava fluidi preziosi, utili alla riproduzione. Quindi, per farla breve, era vietato per entrambi i sessi ma l'uomo finiva più spesso all'inferno perché il suo seme era più prezioso.
Anche nelle punizioni gli uomini parevano essere i protagonisti.
Dulbecco poi procede a raccontare il versante della psicoanalisi, dunque le teorie di Freud, di Stekel, i primi tentativi di riscattare l'autoerotismo da baratro in cui era caduto. Stekel stesso, psicoterapeuta che si opponeva alla teorie freudiane, affermò che erano «le privazioni e le proibizioni - di carattere igienico, morale, educativo - a causare le malattie fisiche e mentali che per tanto tempo erano state imputate alla pratica. Era convinto, cioè, che chi fosse portato a smettere temendo problemi di salute gravi, se non addirittura mortali, sviluppasse sì una nevrosi, ma proprio a causa del senso di colpa, della vergogna e della paura instillati poco per volta. «Ho sempre rilevato - scriveva - che le persone si ammalano quando per i motivi più svariati fanno violenza alla propria natura intima e ai propri bisogni». (p. 63)
Infine, Dulbecco ci parla dell'autoerotismo oggi, di quanto dei secoli scorsi è rimasto nel nostro approccio all'autoerotismo, quali spauracchi si sono sostituiti alla religione e alla fobia della malattia, l'attenzione che poniamo sulle tematiche inerenti al piacere queer, sempre troppo trascurato o mal raccontato.
Insomma, un saggio svelto, agile, interessantissimo, adatto a chi vuole saperne di più sul come la storia della masturbazione, femminile e maschile, si è evoluta nel corso del tempo e quali retaggi, quesiti, dubbi e sfide ci ha lasciato da affrontare oggi.
Deborah D'Addetta
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