Migrazione, integrazione e identità. "I normanni" di Hubert Houben

 



I normanni
di Hubert Houben
Il Mulino, 2025

Traduzione di Francesco Filotico

pp. 144
€ 12,00 (cartaceo)
€ 10,99 (eBook)

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Chi erano i normanni? Popolo europeo come pochi altri, perché dalla Scandinavia alla Francia, dalla Russia al meridione d'Italia, riuscì a creare una società in cui venivano assimilate e integrate differenti culture. Questa è la tesi di fondo del saggio di Hubert Houben, edito da Il Mulino, che ripercorre la storia dei normanni in ogni sua metamorfosi: 

i pirati scandinavi sarebbero diventati cavalieri normanni; il duca di Normandia Guglielmo il Bastardo si sarebbe trasformato in Guglielmo il Conquistatore, re d'Inghilterra; in Italia, i figli di un piccolo signore di Normandia (Tancredi di Altavilla) sarebbero stati conti e duchi, e i nipoti di costoro principi e re. (p. 9)

I vichinghi in Normandia si romanizzarono, gli scandinavi 'rus si slavizzarono, tanto che la duttilità dei normanni sembra essere la causa della loro fortuna. Anche il loro nome stesso contiene una "metamorfosi". In tedesco questa denominazione indica tanto i vichinghi quanto i loro discendenti che si stanziarono in Francia, Un nome che quindi resta fedele all'etimologia: "uomini del Nord". Hubert Houben impiega invece l'uso inglese e francese del termine che si riferisce agli abitanti della Normandia e a coloro che crearono il regno di Sicilia.  

Il libro si apre con una descrizione delle origini dei normanni, per poi proseguire con la conquista dell'Inghilterra e, nell'ultimo capitolo, soffermarsi sull'espansione normanna nel bacino del Mediterraneo.  Riesce a essere un saggio agile e snello e al contempo completo, corredato da carte geografiche, indice dei nomi e una preziosa bibliografia. Il testo di Houben ripercorre eventi epocali per la storia europea, quali la battaglia di Hastings e l'assassinio di Thomas Becket, e personaggi che popolano non solo la storia ma anche l'immaginario collettivo, quali Guglielmo il Conquistatore, Roberto il Guiscardo, Riccardo Cuor di Leone, Enrico II il Plantageneto fino ad arrivare a Ruggero II.

Il terzo capitolo, dedicato alla conquista del Sud, consente di capire non solo la formazione del regno normanno, ma anche le differenze tra i vari popoli e la situazione complessa che caratterizzava il meridione d'Italia, da sempre terra di conquista.

Il sud Italia stesso presentava un quadro politico decisamente confuso, tant'è che tre potenze ne rivendicavano il dominio: i sovrani tedeschi, che si consideravano gli eredi degli imperatori romani d'Occidente; gli imperatori bizantini, che non riconoscevano tali pretese ritenendosi gli unici eredi di Roma; infine i vescovi di Roma, i papi, che si richiamavano alla celebre donazione di Costantino da cui facevano discendere una supremazia papale sul Mezzogiorno. Nessuno di loro era comunque in grado di imporsi. (p. 59)

A differenza della conquista dell'Inghilterra, la creazione del dominio normanno nel sud Italia avvenne non in modo unitario, ma in più fasi. Quella più importante, successiva alla conquista di Capua, fu l'ambizioso progetto di Ruggero I di strappare la Sicilia al dominio musulmano. Nella pagine del testo di Houben rivive lo stupore per quella città multietnica, piena di influenze così diverse, che era ed è tutt'oggi Palermo. 

Nella sua legislazione Ruggero II tentò di tener conto delle differenze culturali interne al regno. Nel prologo del corpo delle sue leggi si sottolinea che nel rispetto delle differenze fra i popoli (pro varietate populorum) rimanevano in vigore le consuetudini sino ad allora osservate, a condizione che esse non fossero in contraddizioni con le nuove leggi. (p. 102)

Ciò era valido anche per le religioni, sebbene il cristianesimo fosse l'unica religione di Stato, ma le altre venivano tollerate. Proprio per questo, per esprimere il loro potere, i normanni di Sicilia ricorsero a simboli arabi, bizantini e latino-occidentali. In tal modo la Sicilia fu un "laboratorio" di ibridazione culturale e plurilinguismo, che portò poco dopo alla corte  dello stupor mundi, Federico II.

Il saggio conclusivo, non a caso, si intitola Migrazione, integrazione e identità. Se, come ebbe a dire Benedetto Croce, la storia è sempre storia contemporanea, per la direzione del nostro domandare e per l'urgenza delle risposte cercate, il durevole successo dei normanni può invitarci a riflettere sulla «loro capacità di adattarsi ad ambienti geograficamente, politicamente e culturalmente differenti e di integrarsi in essi» (p. 116) come possibile strada per uscire da un concetto di identità troppo monolitico.

Deborah Donato