di Ilaria Palomba
Ma esiste davvero la possibilità di riaversi dopo essersi buttati? (p. 191)
Se lo chiede Ilaria Palomba dopo mesi di martirio, successivi al tentativo di suicidio che l'ha ridotta su un letto d'ospedale. Tra tormento fisico, allucinazione e presagio, l'autrice espia il suo passato nel dilaniante percorso riabilitativo senza cedere alla retorica.
Il dolore guida la stesura di un testo solenne e inesorabile, Purgatorio, proposto allo Strega da Francesca Pansa.
Un ospedale è uno spazio liscio tra terra e cielo, un Purgatorio. Il dolore non si può dire, tutto ciò che dici in sua vece è un simulacro. (p. 9)
Piangiamo a turno, a turno ci facciamo forza dicendoci: recupererai l'uso delle gambe, oppure andrà bene lo stesso. D'altronde tutto deve andarci bene, non siamo noi a decidere; è come lanciare i dadi nel vuoto, e aspettare il responso delle stelle. (p. 12)
L'invalidità ha schiantato una esistenza già manomessa. Nell'unità spinale, a volte il dolore concede piccola tregua, trasformando il soggiorno in apatia. La donna aspetta, rievoca, rifiutando l’autocommiserazione ma non aggrappandosi ad alcuna speranza, sfruttando 36 mini capitoli verticali, cruenti, che s'avventurano nell'onirico e tendono, talvolta, al trascendentale.
Io cercavo solo l'estinzione immediata del dolore, buttare una bomba, ascoltare il tuono, non tornare indietro, ma non conoscevo l'idiozia di un atto che ti rende invalido, ovvero non più valido, inadatto a vivere. (p. 35)
A chiarire i motivi che hanno spinto al gesto drammatico è la stessa autrice, che scrive:
Sono stata scelta da Dio e rimandata sulla terra a espiare, a scontare al vergogna di essere viva. (p. 103)
Nell’oscillazione tra ricordi e presente, richiami della morte, ansia del futuro, emerge l'amore per la letteratura e per la filosofia, forme di bellezza a cui l'autrice si aggrappa con forza inerziale. L'unico rifugio è l'arte. E le continue e ricercate citazioni arricchiscono le speculazioni filosofiche notevoli, spingendo le riflessioni su un piano alto e universale, che riguarda l'essere umano e il significato della sua esistenza. Le dissertazioni si innestano nella cruda quotidianità dell'ospedale, rendendo il libro molto più composito di un algido e dettagliato racconto autobiografico.
Sono evidenti i riferimenti a Thomas Bernhard. Ma Purgatorio considera parecchio anche Jacques Lacan, di cui si analizza il concetto di amore come dono di ciò che non si possiede. Abbondano le menzioni a Pessoa (si fa soprattutto riferimento a Il libro dell'inquietudine). Del genio portoghese si riprende non solo il rapporto tra realtà e mondo onirico, ma soprattutto l'esigenza del superamento dei confini di identità dati dal corpo. La solitudine dell'ospedale si trasforma in atto meditativo in cui fantasticare di sganciarsi dall'identità percepita e Ilaria Palomba ammette di come si sia sentita sdoppiata, negli atti della sua vita, frammentandosi.
Sorrido, anche quando non c'è nulla da ridere. Ho sempre pensato che agli altri bisognasse offrire quella parte di sé. Tanto che mi chiedono cosa c'entri la scrittura con il mio volto. Probabilmente nulla. Sono due persone diverse, quella che scrive e quella che ride. (p. 19)
Quel levar la mano su di sé di cui parla Jean Améry è il rifiuto del dono del corpo, che è nostro ma non ci appartiene, non può definirci, di un'identità incollata alla pelle che non ci rappresenta . (p. 38)
Le puntualizzazioni sul potere del corpo nel definirci conducono l'autrice a condannare il suo, che non ha annientato ma solo invalidato.
Sono nella nuova carne, carne in prestito, di scarto. (p. 37)
I tentativi di sopprimerlo hanno avuto origine nella sfera relazionale e diventa fondamentale considerare il ruolo del sesso nel processo di annullamento del corpo stesso. Se l'obiettivo è quello di distruggersi, il sesso diventa strumento di tortura e salvezza. L'autrice rivela:
Ho bisogno di legami osceni, ma non in senso erotico, nel senso del superamento dei confini dell'identità. (p. 30)
Ci scriviamo da sei anni, abbiamo rimandato l'incontro a oltranza, nessuno voleva spezzare il desiderio - la pulsione estrema di consegnarmi al carnefice. (p. 31)
Eros e sadismo compongono i ricordi legati alle figure maschili conosciute in chat labirintiche e che, in alcuni casi, sono stati incontrati personalmente, e che l'autrice definisce così:
Gli uomini che ho amato erano tutte le manifestazioni della morte. (p. 21)
Mi fu abbastanza chiaro che per distruggere H. avrei dovuto distruggere me, e nel peggiore dei modi. (p. 48)
Non meno rilevanti sono le figure genitoriali, che sosteranno, per breve tempo, nell'appartamento di Ilaria Palomba in seguito all'uscita dall'ospedale.
Tutto, ti abbiamo dato. Ci meritavamo questo? (p. 53)
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