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"Più grande del cielo" di Virginie Grimaldi: raccontare l'amore, la terapia, l'ascolto di sé e degli altri

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Più grande del cielo
di Virginie Grimaldi
e/o, febbraio 2025

Traduzione di Alberto Bracci Testasecca

pp. 240
€ 18,50 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Quando penso alle opere di Virginie Grimaldi, mi viene subito da sorridere perché so che aprendone una troverò spessore di contenuti ma levità di forma. L'ho scoperto leggendo Una vita bella (e/o, 2023) e Quel che resta (2024): che si parli di malattia, morte o amore, di solitudine senile o di violenza sulle donne, l'autrice riesce sempre ad arrivare dritta all'interiorità del lettore, senza forzature né desideri didascalici. 

Questo accade anche nel nuovo romanzo, Più grande del cielo, in libreria da oggi per e/o (ed edito lo scorso anno in lingua originale), con la traduzione di Alberto Braci Testasecca. Nella sala d'attesa di uno psichiatra, si incontrano puntualmente una donna e un uomo, complici i ritardi cronici del dottor Chaumet. Lei è Elsa, una quaratanduenne con un figlio adolescente e un matrimonio finito: benché lavori in un'agenzia di pompe funebri e ogni giorno sia a contatto con i defunti e il dolore di chi resta,  non riesce a gestire la sofferenza per la scomparsa del padre. Elsa non fatica a spiegarlo al dottore fin dalla prima seduta, benché le serva tempo - tanto tempo - per ammettere le sue difficoltà a superare il lutto: «Sono pronta a credere a tutto meno che alla sua assenza» (p. 114). 

Lui è Vincent, uno scrittore di fama (i suoi libri tappezzano le vetrine delle librerie, i firmacopie durano ore, i lettori che hanno letto tutte le sue opere lo osannano,...), che ha accettato di rivolgersi a uno specialista dopo parecchie sollecitazioni da parte di chi gli vuole bene: intanto ha rovinato il rapporto con la madre delle sue figlie, entra ed esce da episodi depressivi e non riesce a superare la sua sindrome dell'impostore: 

Niente gli piaceva tanto quanto scrivere, sentir germogliare l'idea, ascoltare le parole dei suoi personaggi, vedere la nebbia che si sollevava mentre lui digitava freneticamente sulla tastiera, cercare la parola che suona bene, il ritmo giusto, lasciarsi sorprendere da direzioni impreviste, percepire gli ingranaggi della sua immaginazione che si mettevano in moto [...]. Viceversa, rileggersi era una tortura, come anche vedersi su un poster o sentirsi alla radio. (p. 87)

E poi c'è un trauma che ha sconvolto l'equilibrio di Vincent, ma per saperne di più dovremo aspettare sei mesi di sedute. Sì, perché noi lettori assistiamo alle sedute dell'uno e dell'altra, che occupano capitoli distinti, in cui i due protagonisti si fanno anche io-narranti. Questi monologhi sono resi verosimili da un tono colloquiale, da reticenze e da trascinamento tematico, con qualche libera associazione, ma senza mai tralasciare una struttura frasale rigorosa, tant'è che si seguono senza alcuna forzatura. A queste parti più introspettive si alternano capitoli in cui è invece un narratore esterno a raccontare gli eventi, e in particolare gli incontri (sia quelli casuali sia quelli deliberati) tra Elsa e Vincent. 

Questa struttura mossa permette di alternare momenti di commozione e di riflessione durante le sedute ad altri più disimpegnati, ad esempio quando Elsa e Vincent si scambiano frasi pungenti, non senza qualche sorriso sulle labbra. E noi lettori - che ormai li conosciamo più di quanto l'uno non conosca l'altra - partecipiamo a quei battibecchi che si fanno schermaglie sperando che entrambi un giorno abbassino le difese. Avrebbero così tanto da condividere! 

Intanto, però, lasciamo che i due protagonisti giochino davanti ai nostri occhi: nelle loro vite piene di sofferenze non superate e ferite non rimarginate un po' di leggerezza può aiutarli. Tanto è chiaro - perché la struttura del romanzo ce lo lascia immaginare - che Elsa e Vincent si rincontreranno: come, quando, perché invece sono domande a cui risponderemo solo proseguendo con la lettura, che mette in scena senza mai interpretare. Così noi lettori siamo liberi, un po' come il dottor Chaumet, di metterci in ascolto di Elsa e di Vincent, e sarà impossibile non partecipare alle loro vite, sperando in una svolta. 

GMGhioni