Un libro con una struttura ibrida e due protagoniste forti, questo propone Valeria Roma con Algoritmia. Un misto tra thriller psicologico, fantascienza e introspezione esistenziale. Cosa accomuna la ventitreenne Laila, cameriera notturna in cerca di ispirazione, a Nora, quarantacinquenne giornalista in cerca di conferme? Nulla apparentemente, se non la conoscenza dello scultore Wasim, che le mette casualmente in contatto.
Il libro si muove tra realtà e percezione, mettendo in scena un gioco di specchi in cui il confine tra sogno e veglia, tra il sé e l’altro, si fa sempre più labile. Questo è il merito e in qualche punto il limite di questo romanzo, perché la qualità riflessiva di molte sequenze supera quella narrativa, e la vicenda, soprattutto nella parte conclusiva del libro, cambia completamente prospettiva, con un finale che vira sul fantascientifico, che poteva anche essere anticipato da qualche elemento, per evitare lo spaesamento del lettore.
Al centro della narrazione le due donne, diverse per età, esperienze e prospettive, sono accomunate però da un senso di solitudine e dalla ricerca di un significato più profondo nelle proprie vite. La loro esistenza prende una piega inaspettata quando incontrano l’enigmatico scultore di maschere, ma è interessante notare come nella composizione dei personaggi si inserisca una critica sociale forte, al ruolo che oggi viene dato alle diverse età della donna, dibattito non ancora superato, e quindi al sentirsi madri di se stesse o dei figli degli altri, nel caso delle due protagoniste e in debito con la realtà, che spesso accettiamo pigramente ma che in molti casi cerchiamo di piegare a vantaggio di una verità illusoria, per poterne dettare i ritmi o per rendere più accettabili le sue contraddizioni.
È in quest’ottica che la seria professionista Nora comincia a concedersi più spazio letterario, dentro una asfittica proposta di collaborazione giornalistica, che non premia la qualità della sua penna, ma a lei si affida per banali avvenimenti di cronaca. Cosa farà Nora? Inventerà (anche se non del tutto) e motiverà (con una soggettività fino a quel momento mortificata) per emergere come “voce” dai suoi stessi scritti. Comincerà in un certo senso a manipolare la realtà in cui vive, plasmandola, proprio come farebbe un algoritmo.
L’autrice si interroga infatti su come gli algoritmi, con la loro capacità di raccogliere, analizzare e prevedere il comportamento umano, possano ridefinire la nostra identità. Quanto di noi è autentico e quanto è il risultato di influenze digitali e condizionamenti invisibili? In questo senso, il titolo Algoritmia non è soltanto un richiamo alla tecnologia, ma anche un’indagine sulla programmabilità del destino e sulla possibilità di sfuggire a schemi che sembrano già scritti.
Oltre alla tensione narrativa, Algoritmia è anche un romanzo che si interroga sul senso della narrazione stessa. Nora, in particolare, incarna questa tensione tra realtà e finzione, tra il desiderio di raccontare e la paura di perdere il controllo del proprio racconto. In un mondo dove tutto è registrato, filtrato, categorizzato, possediamo ancora la nostra storia o siamo prigionieri delle narrazioni che altri costruiscono per noi?
Samantha Viva
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