di Sándor Márai
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Chi è un borghese? Per rispondere a questa domanda Sándor Márai ci fa immergere nell'atmosfera mittleuropea del mondo asburgico ormai al tramonto, conducendoci per mano dalla sua infanzia a Kassa (ora Košice), sua città natale, alla sua formazione in Germania e poi alla sua vita parigina. Un'autobiografia? Non propriamente, anche perché è stata scritta quando l'autore aveva soli trentaquattro anni e più che il riepilogo di una vita vissuta il senso di Confessioni di un borghese è la resa dei conti con il giovane che deve "morire" per lasciare spazio definitivamente all'adulto. Non è un caso che l'esigenza di scrivere questo testo venne a Márai all'indomani della morte di suo padre.
Dopo aver sepolto mio padre, mi sembrò di essere stato promosso; fui colto da una strana, soffocante sensazione di libertà, come se mi avessero detto: adesso sei libero di fare tutto quello che vuoi, puoi associarti al movimento anarchico o anche impiccarti, se ti va... Naturalmente una «libertà» di quel genere non serviva a nulla. L'unica libertà è quella che nasce dall'amore e dall'umiltà. (p. 501)
Il testo, ripubblicato nel 2025 nella collana «Gli Adelphi», dopo la prima edizione per la «Biblioteca Adelphi» nel 2003, sta quindi a metà fra l'autobiografia e il romanzo di formazione, con cui condivide, peraltro, le ambientazioni, in primis l'esperienza del collegio, che ricorda tanto quella musiliana del Törless). Un'autobiografia scritta da un "giovane", dicevo, ma la vita di chi ha vissuto la finis Austriae, il tramonto dell'Ordine incarnato da Francesco Giuseppe, è segnata dal senso di essere scarti di un mondo definitivamente tramontato, avanzi di un'epoca passata. Nell'ultima pagina di queste poderose confessioni, Sándor Márai ammette di sentirsi
come un messaggero sopravvissuto a una battaglia perduta, che ha raccontato per filo e per segno tutta la sua storia, ora desidero soltanto ricordare e tacere. (p. 503)
Scrivere questo libro è stato per lo scrittore visitare fantasmi:
Sto per incamminarmi tra i morti, è giusto che abbassi la voce. Per quanto mi riguarda, alcuni di essi non esistono più, mentre altri continuano a vivere nelle mie movenze, nella forma del mio cranio, nel modo in cui fumo una sigaretta o faccio l'amore, e quando mangio certi piatti mi sembra di agire su loro incarico. Sono tanti. Per un lungo tempo ci si sente soli tra gli esseri umani; finché un bel giorno si approda in mezzo ai propri morti, ci si accorge della loro presenza costante e discreta. (p. 88)
Questo "incamminarsi tra i morti" porta il lettore a una carrellata di personaggi teneri, stravaganti, comici e tragici ma sempre tratteggiati con l'inchiostro della nostalgia. La narrazione della propria famiglia, degli zii lontani, degli avi conosciuti tramite fotografie e racconti, diventa un metodo genealogico per conoscere i germi della propria (sarebbe meglio dire "delle proprie") personalità.
La cesura fra la prima parte e la seconda parte del libro è netta, traumatica. La linea di demarcazione è segnata dal colpo di pistola di Gavrilo Princip contro Francesco Ferdinando. È una cesura biografica ed epocale perché naturalmente la prima guerra mondiale segnò la fine della civiltà danubiana, del sogno imperiale. Nella seconda parte del testo, troviamo Márai adulto, studente in Germania. In questa parte conosciamo anche Lola, la giovane moglie.
Ma Confessioni di un borghese è anche una confessione a cuore aperto sul mestiere di scrittore.
Il lavoro dello scrittore - a prescindere dalla sua qualità - esige che il nostro cuore, il nostro sistema nervoso e la nostra coscienza si arroventino fino a raggiungere una temperatura costante assai più alta della media. Non si può tirare sul prezzo, né chiedersi se «ne vale la pena» - non si può mercanteggiare con un'ossessione, che altri sono liberi di etichettare con la lusinghiera qualifica di «vocazione», mentre da parte mia credo che sia maglio definirla, in maniera nuda e cruda, un'idea fissa...L'uomo «felice» non è creativo; è un uomo felice, punto e basta. (p. 215)
Questa e altre riflessioni sulla scrittura, sul senso della letteratura e anche alcune interessantissime pagine su Franz Kafka avvicinano il testo a un saggio, così come le riflessioni lucide sul significato di Occidente rispetto ai paesi dell'Est europeo. Quindi Confessioni di un borghese è un testo piacevolmente ibrido, a cui si può perdonare una certa prolissità in alcune parti, perché vi sono pagine di intensa liricità.
Eravamo però partiti da una domanda: chi è il borghese? È colui che vive esentato dalla necessità, dalla povertà. È colui che usa la propria agiatezza per guardare con disprezzo il mondo, per distaccarsi da esso. Il borghese è stato cresciuto in una bolla di valori considerati immutabili e ai quali si sacrifica tutto, per prima cosa la propria felicità. Ecco perché è necessario confessare la propria borghesia, perché essa è, in qualche modo, una colpa verso la vita.
Deborah Donato
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