I figli dell'istante
di Edoardo Albinati
Rizzoli, marzo 2025
pp. 696
€ 23 (cartaceo)
€10,99 (ebook)
Vedi il libro su Amazon
PS I personaggi delle vicende a cui state per assistere sono della medesima pasta con cui è fatta la loro patria, destinata a conservarsi nel tempo per puro miracolo, per grazia ricevuta [...] A tenerli insieme elementi labili: desideri e parole. Come scintille che dal taglio di una smerigliatrice sprizzano in ogni direzione, essi sciamano per le strade dello Stivale inseguendo chi un dovere (scelto o imposto), chi l'amore, chi il lavoro, o la salute, il denaro, la giustizia, la vacanza, la vendetta. L'attenzione del dio impaziente che ne osserva dall'alto le avventure non dura più di un batter d'occhio, sicché loro non hanno nemmeno più bisogno di fuggire a nascondersi, per paura o vergogna, come Adamo ed Eva: poiché è lui che li trascura, dopo averli sparpagliati a piene mani in una semina casuale. (pp. 24-25)
Sono pedine di un dio distratto i personaggi del nuovo romanzo di Edoardo Albinati, I figli dell'istante, terzo capitolo di una trilogia ideale iniziata con Cuori fanatici e poi proseguita con Desideri deviati.
Nei due precedenti romanzi l'autore ci aveva raccontato personaggi che sperimentavano il fanatismo, lo slancio del cuore e si facevano deviare dai desideri, nell’eterna ricerca di un proprio Graal. Siamo ancora all’alba degli anni Ottanta, un momento in cui la vita risuona in potenza.
Albinati ci ha già trasportati in questo decennio attraversato da una vera e propria trasmutazione alchemica che donava alle città - Roma in Cuori fanatici, Milano in Desideri deviati - nuova luce dopo anni di buio. Ancora una volta la posta in gioco è la vita, con tutte le sue profondità, e ancora una volta siamo di fronte a una giostra di personaggi vari, alle traiettorie dei loro rapporti di amore, di amicizia, di sesso, di forza e di pietà.
Chi sono i figli dell'istante? Donne e uomini sfaccettati e plurimi, ricchi di contraddizioni e che si contraddicono spesso e volentieri come accade a tutti noi, nei nostri cuori e nei nostri desideri.In primis Nico Quell, il "ragazzo dorato" e “guastato dalle sue stesse qualità” che qui è alle prese con la nuova avventura del servizio militare, sempre in bilico tra azione e contemplazione e tutto teso a ricordare e immaginare; Nanni Zingone, l’amico che scrive poesie che a scuola tenta di “purificare invece che addensare”. Ma sono anche i personaggi della casa editrice Minaudo, “scuola di vita e di stile" prima florida ora sull’orlo di un crollo; la bella Sheila B. misteriosa amazzone alla ricerca del dolore; Berio che convive con il male; Maria che cresce nell’attimo di una bufera di neve; Lenia che si è stancata di aspettare. Personaggi nel fiorire degli anni e sul letto di morte, che sperimentano il primo o l’ultimo amore, che si osservano e si immaginano a vicenda.
Il romanzo è una carrellata di scene che li riguardano in un ideale rincorrersi.
Se in Desideri deviati veniva espresso il lato più edonista degli anni Ottanta (con un'ombra scura che si addensava tutto attorno), qui siamo di fronte a uno Stivale - Albinati preferisce ancora chiamarlo così piuttosto che “Italia” - che si piega ancora di più su se stesso.
L’introduzione al libro, un'Elegia che è un po' un saggio nel romanzo, dichiara lo sguardo che la trilogia getta sul nostro Paese, quasi fosse un manifesto. E quindi eccolo lì lo Stivale corteggiato e umiliato dal mondo, oggetto di vagheggiamento, curiosità, viaggi, maledizioni, un luogo sempre in bilico tra la tragedia e la farsa, preda di ammalianti paradossi.
L’aletta parla di "libro fiume", e in effetti è così. Per questo, ma non solo per questo, si suggerisce la lettura di questo libro dopo aver prima letto almeno Desideri deviati.
Il terzo romanzo di questa saga vede ancora di più un intreccio straripante di storie, trame, luoghi, rapporti, in un effetto che è più malinconico che glamour.
La relazione uomo-città cambia un po’ rispetto al libro precedente dove si cercava di dar forma e senso ai luoghi attraverso le parole. Qui i luoghi acquistano senso soprattutto nel sentire dei personaggi, nella loro interiorità più accesa, nel non dire.
“Amore e ragione”: diceva il sottotitolo dei due precedenti libri, a significare due spinte centrifughe e centripete che a ripetizione travolgevano i personaggi. Adesso a questi due poli si aggiunge il senso dell’istante che è l’attimo in cui tutto cambia per non tornare più uguale.
Il dato concreto e il realismo confinano sempre con l’immaginario: i personaggi sono sia i tipi comuni dell'ufficio o dell'appartamento accanto, sia i cavalieri erranti mossi dalla voglia di vivere i propri istanti infuocati.
Edoardo Albinati si conferma lo scrittore dell’ironia dei momenti di passaggio.
La transizione è il magma delle nostre vite e i suoi personaggi si nutrono di questo, anche quando paiono statici: sono orfani in cerca di illusione, di visione. Il libro chiude la trilogia parlando al tempo stesso delle trasformazioni del nostro paese e di quelle della natura umana e delle sue “forze illogiche e scombinate”. Un romanzo di ritratti in frantumi, sospeso tra reale e mito che, pur con le sue malinconie, racconta la gioia dell’istante, quella che si trova "negli intervalli. Tra un tempo e l'altro" (p.66), in quello spazio nascosto in cui si trattiene il fiato e non esistono dolori, preoccupazioni, destini.
I figli dell’istante sono quelli che provano ad amare la vita in ogni suo aspetto e che si consumano vivendo senza risparmio.
Claudia Consoli
Social Network