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"La mia rivoluzione stava appena iniziando": l'esordio in narrativa di Gino Castaldo, con "Il ragazzo del secolo"

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Il ragazzo del secolo, o della rivoluzione perduta
di Gino Castaldo
HarperCollins, 2025

pp. 300
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Era il 1965, avevo quindici anni, e l'interminabile autunno diventò un vento di primavera. (p. 21)

Un viaggio all'interno di due decenni che hanno cambiato il mondo: il libro di Gino Castaldo, uno dei più importanti critici musicali del nostro Paese, rappresenta il suo esordio come romanziere e racconta la storia di Luigi, un ragazzo che, nato a Napoli, si trasferisce con la famiglia a Roma. La capitale sarà per lui l'occasione di incontrare dal vivo e vivere sulla sua pelle la rivoluzione di quegli anni, tra sogni di libertà e viaggi in terre esotiche e lontane. Una generazione, quella di Luigi, che contesta le figure genitoriali, mettendo in discussione i modelli familiari fin lì perpetrati («La mia rivoluzione stava appena iniziando», p. 45). Il racconto è lucido, carico di una forza potentissima, e in esso si percepisce con forza quanto l'autore abbia vissuto in prima persona l'euforia degli anni Sessanta e la febbrile voglia di cambiamento, un'utopia in cui i ragazzi hanno voglia di credere fortemente: «Non dobbiamo accontentarci di nulla che sia al di sotto del nostro desiderio» (p. 57).

Avevo tredici anni e non capivo una parola di quello che dicevano i Beatles, eppure sperimentai una nuova forma di comprensione, totale, assoluta. Era un richiamo mille volte più potente di qualsiasi cosa avessi ascoltato fino ad allora, come se stessero chiamando proprio me, non uno qualsiasi, come se mi conoscessero, sapessero ogni dettaglio di quella mia miserabile vita che chiedeva solo di essere rivoltata da cima a fondo. Fu il primo segnale, il mondo mi sembrò improvvisamente e irrimediabilmente grigio, seppi all'istante che non l'avrei mai più accettato così com'era. (p. 17)

La ricostruzione storica nel romanzo è precisa e puntuale, i fatti sono corredati da date e luoghi e registrano su carta eventi mondiali e italiani che ebbero una portata enorme: gli scontri di Valle Giulia, Martin Luther King, il maggio francese del '68 e Bob Kennedy. Questa ricostruzione costituisce la colonna portante del libro e serve a fare da sfondo alle vicende personali e individuali del protagonista, che inizia a lavorare nel mondo del giornalismo musicale. Infatti, la musica soprattutto, ovviamente, ha grandissimo spazio e aiuta a ricostruire con più definizione il contesto entro cui ci si trova; le prime band famose a livello mondiale e i primi complessi italiani che si distaccavano dalla tradizione musicale italiana, le sensazioni di una generazione che scopriva di avere una voce e che voleva usarla, gridando forte il proprio sentire. I Beatles, soprattutto, sì, ma anche Bob Dylan e Jimi Hendrix, e in terra italiana il Piper e Patty Pravo.

Luigi cresce in questo clima in cui le rivoluzioni sembrano a portata di mano; la libertà, anche quella sessuale, viene cercata e agita, con convinzione; e anche la vita privata, l'amore e il matrimonio, devono essere sottoposti al vaglio delle credenze rivoluzionarie. «Muzak», rivista fondata da Giame Pintor (e per cui Castaldo ha lavorato), mostra al protagonista cosa significhi lavorare in quegli anni di rinnovamento sociale, registrando anche i primi segnali di un cambiamento di direzione.

Il desiderio di un mondo migliore e il sogno di una vita diversa, infatti, si scontrano con la realtà del periodo successivo, gli anni Settanta, decennio in cui prendono vita le più fosche paure, tra attentati terroristici e la perdita delle illusioni giovanili. La volontà di cambiare il mondo, così, prende altre forme, e da idillico sogno utopistico, si trasforma in una vicenda più oscura, dai contorni spaventosi. Allo stesso modo, fanno la loro comparsa nel libro anche le droghe, con tutto il loro potenziale distruttivo e di morte.

Il ragazzo del secolo presenta diversi punti di forza, come la scrittura leggera e scorrevole, connotata da frasi spesso piuttosto lunghe ma che si snodano con facilità tra le diverse subordinate, oppure la capacità di gestire molto bene l'inserimento di fatti storici fondamentali per capire il contesto senza che essi prendano troppo spazio e distolgano dalla vicenda principale. Ma tra tutti il pregio principale è sicuramente la viva forza impressionistica che si respira tra le pagine: Castaldo è davvero bravissimo nel rappresentare l'atmosfera del tempo e anche chi non l'ha vissuta riesce a capire bene quali sensazioni, emozioni, utopie e sogni animavano le persone di quel tempo. Coerentemente a ciò, la prima parte è molto luminosa, naïf, quasi picaresca, con viaggi dai contorni quasi irreali nel mondo di oggi (in un mondo senza cellulari, i genitori non sentivano i figli anche per giorni e giorni, sapendoli anche dall'altra parte del mondo) e molta spensieratezza. Non è così per la seconda parte, gli anni Settanta, in cui, coerentemente con l'inasprirsi del clima sociale, anche la narrazione si fa più cupa, con molti fatti storici che si susseguono, anche più di prima, riuscendo a trasmettere il disincanto, lo smarrimento, la paura e gli interrogativi di una generazione che trova un mondo diverso da quello che avevano sognato. 

La chiusura, a mio parere, costituisce un punto d'arrivo forse un po' repentino riguardo l'evoluzione di un personaggio in particolare, mentre la cornice narrativa che apre e chiude il libro ci lascia con delle parole enigmatiche, da interpretare.

Quindi, Il ragazzo del secolo riesce a portare il lettore all'interno di un mondo che non c'è più, un romanzo perfetto per coloro che provano un po' di nostalgia per quei sogni giovanili oppure che sono desiderosi di conoscerli dalla viva voce di chi li ha vissuti.

Valentina Zinnà