«Ci sono più oche starnazzanti negli Stati Uniti d’America che donne nel Congresso»: la fantascienza realistica di Joanna Russ in "La Female Man"




La Female Man

di Joanna Russ
Oscar Mondadori, 2024

Traduzione di Oriana Palusci

pp. 264
€ 14,50 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

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Pubblicato nel 1975, e ritradotto ora per gli Oscar Mondadori, La Female Man di Joanna Russ è un romanzo rivoluzionario della fantascienza femminista, sì, ma anche della narrativa postmoderna, che ne influenza il complicato intreccio, la narrazione frammentata, e la scelta di combinare satira, ironia, critica politica, commenti metanarrativi e riflessioni personali. Sfidando i confini di genere imposti dalla società patriarcale, il romanzo riesce a sfidare così anche i confini di genere letterario, configurandosi come un vero e proprio classico del Novecento – più che meritevole del lustro della collana che finalmente lo ha accolto qui in Italia.

La storia segue quattro donne provenienti da realtà parallele ma intersecanti: Joanna, una donna appartenente al nostro mondo reale (o meglio, realistico) alle prese con il quotidiano sessismo che anche noi conosciamo bene – e che spesso fa le veci della Joanna Russ autrice, traslandola (tutta o in parte) dentro il romanzo che sta scrivendo; Jeanine, che vive in una versione alternativa della Terra sull'orlo della Seconda Guerra Mondiale, e che è pesantemente influenzata e sottomessa dal sessismo della società in cui vive; Janet Evason, una viaggiatrice nel tempo arrivata sulla Terra da Whileaway, un futuro utopico dove gli uomini sono estinti da secoli e la società è interamente composta da donne; e Jael, una guerriera proveniente da un mondo in cui uomini e donne vivono in una guerra perenne. Ognuna di queste prospettive governa la narrazione dei singoli capitoli, e le voci si intrecciano le une alle altre senza che il nome di ciascuna narratrice sia mai dichiarato nel romanzo, riuscendo così a raccontare una (anzi, più d’una) realtà complessa e sfaccettata. Ed è proprio questo uno degli aspetti più affascinanti del romanzo, anche al sopra della trama in sé. Russ mescola voci e prospettive senza preavviso, rompendo le convenzioni tradizionali di linearità che ci si aspetterebbe da un romanzo, e creando un effetto di disorientamento che riflette l'instabilità dell’identità di genere e della percezione del sé da parte degli altri.

Dal punto di vista tematico, infatti, La Female Man è un vero e proprio attacco frontale alla misoginia e ai ruoli di genere imposti dalla società, secondo un approccio binario che riflette sicuramente lo Zeitgeist degli anni Settanta, ma che risuona purtroppo verissimo e attuale ancora oggi. Con uno sguardo critico che non di rado ricorre alla violenza del linguaggio per inscenare violenze di ben altro tipo, Russ mette in discussione l'idea che la femminilità sia un destino biologico e non invece una costruzione (o meglio, una restrizione) sociale imposta attraverso la cultura e l'educazione. In questo senso, l'utopia di Whileaway, il pianeta natìo di Janet Evason (probabilmente il filone di trama più facile da seguire, assieme a quello di Jeanine, che funge da triste contrappasso rispetto alla possenza del personaggio di Janet) rappresenta un’alternativa radicale a tutto ciò che diamo per scontato. Whileaway ci dimostra come una società senza uomini possa prosperare, mentre il mondo di Jeanine evidenzia il soffocamento e la repressione che le donne affrontano in un sistema patriarcale. Come situare Joanna, dunque? E dove posizionare noi lettrici? Qual è l’utopia che vogliamo perseguire, cosa vogliamo prendere da Whileaway e cosa vogliamo invece salvare e migliorare del mondo di Jeanine?

Impossibile negare che lo stile sperimentale di Russ possa risultare ostico. Il romanzo chiede alla lettrice di assumere un ruolo attivo, interpretativo ma non solo; Russ è così abile a confondere la linea di demarcazione tra realtà e romanzo che la sensazione che mi porto via dalla lettura è quasi che la lettrice stessa sia la quinta narratrice, chiamata a vivere e narrare la propria vita quotidiana in modo non passivo ma propriamente produttivo, creativo; a chiedersi l’alquanto scomoda domanda – “qual è, dunque, la mia idea di utopia?” E forse, ancora più crucialmente: “Cosa posso fare per avverarla?”

Marta Olivi