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Analisi clinica e accademica sul sentimento più diffuso del nostro tempo: la melancolia. "Melancolia e la fine del mondo", di Paolo Godani

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Melancolia e la fine del mondo
di Paolo Godani
Feltrinelli Gramma, gennaio 2025

pp. 224
€ 18 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)

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La melanconia sembra esistere da sempre, quanto meno nella nostra cultura. Ma che cosa sia, precisamente, è difficile dirlo. Una specie di profonda tristezza, un imprecisato tormento interiore, un dolore dell'anima che si associa spesso a una tendenza più o meno volontaria alla solitudine e talvolta si alterna a impeti di mania o forsennatezza. In ogni caso, ciò di cui si occupa questa ricerca non è la melanconia in generale, bensì una forma radicale di melanconia che sembra caratteristica del solo mondo moderno, se non del solo XX secolo. Il tratto fondamentale di questa forma di melanconia è di essere strettamente connessa al sentimento di una completa perdita del senso del mondo. (p. 11)

Paolo Godani, autore, filosofo e docente universitario, firma per il marchio Gramma di Feltrinelli, questo saggio molto denso e pieno di citazioni, teorie, filoni filosofici, questioni patologiche, saggio che strizza l'occhio sia all'ambito accademico che a quello narrativo riprendendo autori/autrici che hanno trattato nel corso della vita il mistero della malinconia, o meglio della melancolia.

C'è una grande differenza tra le due, laddove a volte i due termini vengono usati come sinonimi: la malinconia come sentimento generico e vago che abbraccia altre sensazioni quali la nostalgia, il rimpianto, il rimorso, la mancanza; la melancolia come Sehnsucht generazionale, come fondamento stesso della nostra società, senza rinnegare (ma anzi, sottolineare) la sua matrice patologica, il suo essere vicina alla nozione di psicosi. 

Una distinzione rilevante per il tema proprio di queste pagine è quella tra il termine "depressione", che nomina un'affezione nevrotica, vale a dire un fenomeno relativamente ordinario, e il termine "melanconia", che indica invece uno stato di natura psicotica. La scelta stessa della forma "melanconia", invece della più comune "malinconia", è dettata dall'esigenza, ormai tradizionale, di distinguere la melanconia "moderna", fondamentalmente legata all'analisi psicopatologica, da una più generica e diffusa forma di tristezza indicata appunto dal termine comune di "malinconia". (p. 23)

La melancolia che sembra caratterizzare il mondo contemporaneo, secondo l'autore, assomiglia per certi versi alla melancolia moderna, a quel sentimento che si incarnava nella figura dell'artista insoddisfatto, errante, triste, profondamente arreso all'evidenza delle cose, ovvero alla caducità del mondo e alla propria impotenza nei confronti di questa stessa caducità. Probabilmente l'oggetto del nostro struggimento non è cambiato, ma abbiamo un nuovo modo di nominare le cose, i sentimenti, e per questo sembra che ciò che ci succede sia diverso. 

Il saggio è profondamente filosofico, si concentra sulla metafisica, sulla matrice dei concetti, tirando in ballo un ventaglio di nomi che abbracciano ambiti e discipline pressoché infinite: scrittura, antropologia, filosofia, medicina, psicanalisi, etica, pittura, musica, religione.

Da un lato, dunque, il melanconico è affetto da tristezza in quanto è ridotto all'impotenza, dato che il suo agire è inibito da una qualche forza di natura sociale come nei casi dei frondisti sconfitti e dei borghesi impossibilitati a imporre la propria egemonia. D'altro lato, pur non potendo certo diventare una forma di gioia, la melanconia può tuttavia essere rivendicata e persino cercata, come segno  di rivolta contro quello stesso ordine oppressivo. Da Baudelaire agli hikikomori, questa compresenza di passività e rivolta, di tristezza e conflitto, è caratteristica dell'atteggiamento melanconico. (pp. 120-121)

Godani si chiede come mai la melanconia sia il sentimento cardine di questo tempo. Per rispondere, suddivide il testo in una sorta di puzzle di stanze, ognuna delle quali contiene un gruppo tematico: la struttura della melanconia, il nichilismo, la politica melanconica, il suo rovescio (lo stato delle cose attuale). 

Lo stile è elegante, la scrittura specialistica, adatta a un pubblico che ha già una buona conoscenza del tema. Per questo lo consiglio a chi lo studia in termini filosofici o psicoanalitici, a chi ama i saggi tecnici e/o accademici.

Una delle ipotesi di questo lavoro è che la melanconia sia l'amaro frutto del rapporto che abbiamo instaurato con il nostro corpo all'alba della modernità, cioè nel momento in cui l'interno dell'organismo è diventato non solo il luogo di tutti i misteri e di tutte le catastrofi, ma soprattutto l'unico rifugio dell'essere e l'ultimo segreto della natura umana. La melanconia moderna, quella che si definisce come abbandono alla radicale insensatezza del mondo e di noi stessi e che si specifica nell'esperienza morbosa del corpo, trova la propria ultima ragion d'essere nell'e-mergere dell'organismo vivente, nel suo presentarsi come profondo enigma, nel suo manifestarsi come incubatore della malattia, nell'asfissiante evidenza della sua prossimità alla morte. Il nostro sguardo, ormai irrimediabilmente attratto dall'interno del corpo, senza più nessun atlante che possa situare quel corpo nel grande quadro degli esseri, nel dispiegato ordine del cosmo, non può che essere lo sguardo orrificato di chi fissa l'esserci di un mondo senza pensiero e senza senso. (p. 86)

Deborah D'Addetta