Di spalle a questo mondo
di Wanda Marasco
Neri Pozza, gennaio 2025
pp. 416
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Urlava che ero morta e ho deciso.
L'ho fatto internare quella mattina del 2 novembre perché la sua infelicità stava per diventare delitto. Ho avuto paura. La vecchia paura di essere amata da un demone. Ho pensato a mia madre. Alle sue urla ogni volta che mio padre doveva partire, a come si stracciava e gli profetizzava la morte, a quella fiaba che raccontava tutte le sere. Era piena di assalti e di frodi dello spirito. Ferdinando aveva la stessa tensione alla violenza e al sogno. Ferdinando era la malattia. Un'unica e vasta malattia risalita dal mio passato. Ho inviato Isidoro a chiamare Ciccillo Arena. Se n'era andato da poche ore. (p. 18)
Wanda Marasco, penna sopraffina già finalista del Premio Strega con il romanzo La compagnia delle anime finte, edito sempre da Neri Pozza, torna a parlare di Napoli, dei suoi archetipi, dei suoi protagonisti dimenticati. Sono particolarmente emozionata a raccontare questo libro perché il personaggio principale delle pagine è Ferdinando Palasciano - una di quelle personalità che andrebbero iscritte nell'Olimpo partenopeo alle stregua di Basile, Giordano Bruno, Matilde Serao e tanti altri -, un medico, chirurgo e politico, precursore della Croce Rossa italiana.
Mi è particolarmente caro, perché quando ero alle prese con la stesura del mio romanzo Maleuforia, Palasciano è stato uno dei piccoli protagonisti delle primissime pagine. Compare in una delle scene iniziali, scoperto praticamene per caso quando, in una delle mie peregrinazioni urbane per la città, mi sono imbattuta nella sua Torre, appunto la Torre del Palasciano. Si tratta di un edificio appollaiato sulla collina Miradois, in stile neogotico e rinascimentale (che ricorda un po' la Torre della Signoria di Firenze), costruito proprio da Ferdinando Palasciano e sua moglie Olga Vavilow quale loro dimora. Dunque, per chi se lo stesse chiedendo, esiste davvero e perdura al tempo.
Vi è una leggenda che corre tra le mura del quartiere: seconda questa leggenda il fantasma del medico aleggerebbe ancora nella Torre, sussurrando ai passanti. Molto legato alla sua casa, avrebbe promesso in punto di morte di non abbandonarla mai e pare che questa promessa sia stata mantenuta.
Ora un po' di storia: Ferdinando Palasciano nasce nel 1815, si laurea tre volte, in Lettere, Veterinaria e Medicina, viene nominato Medico Ufficiale delle Due Sicilie, prestando cure anche ai feriti degli eserciti nemici, contravvenendo agli ordini. Per questo, viene accusato di insubordinazione e rischia la fucilazione. Viene salvato da re Ferdinando II che commuta la pena capitale in un anno di prigionia. Nonostante queste vicissitudini, una volta scontata la pena, prosegue la sua carriera e diventa uno dei precursori della moderna Croce Rossa. Si dice che prestò addirittura soccorso medico a Giuseppe Garibaldi in persona. Avvia una carriera politica, diventando senatore del Regno, consigliere e infine assessore di Napoli.
Nel 1886 cominciano a manifestarsi i segni di una grave demenza mentale che accompagnerà il medico fino alla morte, avvenuta nel 1891. Ed ecco che qui ci riallacciamo al romanzo di Marasco: proprio negli ultimi anni nella sua vita, quelli descritti nel libro, viene affiancato e supportato dalla moglie Olga, una nobile russa. Le prime pagine del romanzo si aprono proprio con lo strazio della donna: ha fatto internare il marito in un manicomio "di lusso" perché non poteva più controllare la sua pazzia.
Di vero c'è che l'incontro tra Ferdinando e Olga fu a causa della leggera zoppia della donna, la quale era andata dal medico per farsi curare. Da quello che emerge dalle pagine, capiamo che il loro fu un amore incredibile, totalizzante, doloroso.
La narrazione procede su due binari: da una parte i pensieri, le angosce, i ricordi di Olga, dall'altra l'esperienza della malattia e dell'internamento di Ferdinando. Come ha dichiarato la stessa Marasco in un'intervista per il «Corriere della Sera» del 16 gennaio 2025 a cura di Mirella Armiero:
«Nel passato ci sono le spiegazioni del tempo presente. Il periodo di Palasciano è dominato dal positivismo, dai successi della scienza, ma non solo. Lui era un uomo etico e si scontrava con le iniquità della storia. Tutte attualissime, peraltro. Dal tradimento delle utopie alle disuguaglianze, per esempio l’accesso alle cure riservato solo a ricchi e potenti. Sono i tempi confusi che seguono l’unificazione, a Napoli ci sono tanti problemi, gli appalti sono tutti in mano agli stranieri. Insomma, le stesse contraddizioni percorrono il nostro presente».
Ciò che rende peculiare una storia già di per sé straordinaria è la lingua di Marasco: lirica, densa, barocca, una prosa che riflette la materia emozionale e psichica di sue personaggi sull'orlo della follia, una follia controllata, misurata di Olga e una più ribelle, senza freni di Ferdinando.
Nell'intervista, Marasco aggiunge: «All’invenzione della lingua arrivo con uno strenuo esercizio nel mio laboratorio, è un lavoro di artigianato, la mia prosa che in passato ha unito dialetto e italiano riflette una scissione psichica tra la lingua materna e la lingua scolastica. Il napoletano per molti anni è stato da me rifiutato come lingua della violenza, della miseria, l’ho ritrovato con la scrittura per il teatro prima, grazie al lavoro con Renato Carpentieri, e poi con la prosa».
«Non avere paura. Verrai trattato bene, te lo giuro. Può succedere a tutti, Ferdinà. A volte ci spezziamo. È il dolore. Si annoda, si scioglie. Andiamo avanti così. Devono capire qual è la cura migliore. Durerà poco, te l'assicuro. Non possono scherzare con le cose dell'anima».
Non possono scherzare con le cose dell'anima.
Parole oppiacee. Per sancirgli la condizione umana. Gli avevano stoppato il mugugno. Forse Ciccillo gli diceva la verità: il tempo di indagare nel dolore.
Non ricordava altro, tranne le scosse del carro che gli avevano fatto sentire come si poteva cadere in un fosso. E la pioggia a battesimo selvaggio che gli si era abbattuta addosso appena aveva posato i piedi sul vialone della casa di cura Villa Fleurent. (p. 17)
La lingua mescola italiano e dialetto. Un vernacolo reale, non artificioso, carico di immagini che rendono il testo assolutamente credibile.
Di spalle a questo mondo non è un libro facile da leggere: è doloroso, carico di sottotrame, di storie di vita reali e inventate, e pone alla nostra attenzione l'importanza degli ideali, della decenza, dell'aulico senso del dovere nei confronti delle persone meno fortunate. Di fatto Palasciano fu uno dei più ferventi fautori dell'assistenza medica a tutti, ricchi e poveri, una condizione che oggi sembra scontata ma che non lo è affatto. Ecco allora che il passato riemerge a ricordarci che le ingiustizie di un tempo sono le stesse odierne, che le lotte che dobbiamo portare avanti hanno origine dai nostri antenati e che la loro battaglia può esserci di ispirazione.
Il romanzo è davvero denso, la lingua di Marasco avvolge, scuote, colpisce, è unica nel suo genere, e ci si ritrova a empatizzare con una persona, oltre che con un personaggio in parte romanzato, che risulta di un'umanità spiazzante, con tutte le sue debolezze, le delusioni (e qui capiamo il perché del titolo, Di spalle a questo mondo), l'amarezza per una vita che sembra non avere più senso. Non da meno la figura della moglie Olga, forse quella che più di tutti ha sofferto per la malattia del marito e ha dovuto prendere delle decisioni altrettanto strazianti.
Consigliatissimo a chi ama i romanzi napoletani.
Deborah D'Addetta