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Una famiglia tutt’altro che perfetta: “Preludio” di Carla Madeira

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Preludio 
di Carla Madeira
Fazi, marzo 2025

Traduzione di Giacomo Falconi

pp. 260
€ 18,50 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)

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La tragedia degli altri è un fatto comune, nessuno si commuove. (p. 72)

Carla Madeira, dopo il successo di L’amore è un fiume, torna a indagare i rapporti umani e, come nell’esordio, anche in questo l’autrice non si ferma all’apparenza, ma scandaglia quelli dolorosi e meno scontati. Se nell’esordio, al centro erano le dinamiche malate dei rapporti di coppia; in Preludio, invece, sono quelli famigliari a essere messi sotto la lente d’ingrandimento, quelli complessi, tra genitori e figli  che, come insegna la letteratura, non sempre sono idilliaci.

La storia si muove su due piani temporali: da una parte, ambientata nel presente, c’è Vedina, una madre che, fin dalle prime pagine, dimostra la sua insofferenza a un ruolo che, forse, non aveva immaginato così. Quella di Vedina è una frustrazione tale che lascia il figlio di appena tre anni sul marciapiede e riparte con la sua auto, ma appena pochi metri dopo, la donna comprende il suo gesto e torna indietro a cercarlo, senza però più ritrovarlo. Dall’altra, invece, c’è Custódia: nonna del piccolo abbandonato, una donna ossessionata da due figli. Abel e Caim, gemelli omozigoti, che non vuole crescere come individui separati, ma come unico (e infelice) essere umano. D’altronde, i nomi sono già di per sé un motivo di preoccupazione e anticipano, senza tanti giri di parole, che quei due fratelli saranno destinati a scontrarsi e a condurre vite opposte. Antunes, il padre di Abel e Caim, infatti, era un uomo semplice, proprietario di una piccola ferramenta, e sposa Augusta in cerca di una compagna, ma la donna si rivela fin dalla prima notte di nozze poco propensa all’amore del marito, arrivando anche a rifiutare il contatto fisico fin quando un’ossessione non le lascia tregua: quella di diventare madre. Dalla nascita dei figli, Antunes è costretto a farsi da parte, schiacciato dalla moglie che, ormai, vive in virtù di quei due figli tanto desiderati e dai quali sarà ossessionata. Se in primo momento l’ossessione è quella di essere una madre “perfetta”, ben presto, questa assume toni cupi, sfiorando la malattia mentale. La donna è decisa a dare entrambi un’unica individualità, senza prendere in considerazione le personalità dei due fratelli, ma, durante il liceo, Caim e Abel prenderanno strade decisamente diverse.

Nomi difficili da sopportare, molti bisbigli ovunque andassero, paragoni dolorosi e interminabili e una madre come la signora Custódia. Non si poteva ignorare il peso di una madre che ama troppo e insiste nel pretendere le stesse offerte da figli così diversi. (p.79).

Caim si dimostra diligente, attento allo studio con una spiccata propensione alle materie scientifiche. Abel (che si comprenderà essere il marito di Vedina e padre del piccolo abbandonato) non è così fortunato: non riesce dove il fratello, invece, sembra non avere difficoltà, non si impegna nello studio, dimostrando soprattutto profondi problemi relazionali che lo isolano dai compagni e in particolare dal fratello che ben presto diventa una minaccia. Abel è un ragazzo che, sebbene abbia avuto le stesse opportunità di Caim, sente di aver fallito, sottoposto costantemente all’esempio vincente del fratello. Se riflettiamo su queste due storie (quella di Vedina e quella dei fratelli), non potremo non chiederci quanto il peso della competizione “malata” di Abel nei confronti di Caim abbia pesato nel corso della sua vita, rendendolo, forse, responsabile dell’abbondono del figlio tanto quanto la moglie che rimane incastrata nelle dinamiche disfunzionali del marito.

Come aveva potuto? In quale follia l’aveva intrappolata Abel? Viveva lontano, in guerre immaginarie, scontri interminabili, si perdeva il meglio dell’essere madre a causa di un uomo? (p. 63)

Carla Madeira dimostra ancora una volta quanto siano complessi i rapporti e quanto sia difficile staccarsi dal peso delle aspettative. Preludio è la dissacrazione della famiglia, quella perfetta, e di quell’amore materno che, a volte, non è sufficiente a rendere la vita dei figli facile e senza complicazioni, come dimostra la storia dei due fratelli. D’altronde, è la cupezza, indagata attraverso l’introspezione psicologica, che trascina nell’abisso di Abel. “Il gemello cattivo” fallisce su tutti i fronti: da quello relazionale tanto che il matrimonio con Vedina è un ripiego (egli avrebbe voluto sposare l’amica della moglie), a quello famigliare fino a quello lavorativo. Preludio rovescia i consueti rapporti, mostrando quel lato oscuro e disfunzionale; il merito di Carla Madeira è mostrarci che non sempre la famiglia è quel luogo sicuro che si crede e che, forse, le aspettative logorano quanto i sensi di colpa.

Giada Marzocchi