La strada giovane
di Antonio Albanese
Feltrinelli, 1 aprile 2025
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Nei campi di lavoro nazisti, gli internati militari italiani vengono trattati alla stregua di traditori e le loro condizioni sono ben peggiori di quelle dei prigionieri di guerra comuni. Costretti a turni di lavoro massacranti, umiliati e tormentati, spesso non sanno neppure esattamente perché siano finiti lì. Proprio come Nino, che dopo l’8 settembre non chiedeva altro che di poter tornare al suo paese, a Petralia Soprana, sulle Madonie, e invece si era trovato invischiato in una situazione più grande di lui, che nessuno gli aveva spiegato e che dunque non era riuscito a comprendere.
Avrebbe dovuto trovarla il Re, la soluzione per tutti loro, ma gli avevano detto che era scappato. Glielo avevano detto in quei giorni pieni di confusione, dopo che Badoglio aveva annunciato l’Armistizio alla radio e sembrava che la guerra fosse finita. Gli avevano chiesto se lui, Nino, voleva continuare a combattere con la Germania, ma che domanda era? Lui aveva combattuto per il Re, e se il Re non c’era più sarebbe tornato a casa, da sua madre e da Maria Assunta, e che i tedeschi si finissero la guerra da soli. (p. 20)
Con false promesse, Nino era stato ingannato e portato non a sud, verso la
Sicilia e i cari che lo aspettavano, ma verso Nord, in «un pezzo di Germania che si chiama Austria» (p. 105), e che si
trovava a una distanza siderale da casa.
Ora, nel campo, nulla riesce a consolarlo, neanche l’amicizia con
Lorenzo, toscano di Piombino, che a differenza di lui ha studiato e si tiene
occupato «cercando soluzioni»,
adocchiando possibili «occasioni» per
migliorare il proprio stato. Nino non gli dà troppo peso: ha ben incise al
fondo degli occhi scene che mostrano cosa accade a chi prova a sfuggire al
controllo rigido e violento dei carcerieri del lager, e si limita a combattere
la sua battaglia quotidiana, quella
«tra paura e fame» (p. 18). Poi però,
la notte di Capodanno, si presenta la circostanza propizia alla fuga e Nino si trova coinvolto suo
malgrado nel piano segreto di Lorenzo e del Piemontese, macellaio sanguinario e
rude incaricato della gestione delle cucine.
Il trio improbabile si mette in cammino per tornare in un’Italia che pare irraggiungibile,
soprattutto quando si è braccati e senza mezzi.
È difficile svolgere la trama del romanzo di esordio di Antonio Albanese senza fare troppe anticipazioni. Si può dire, però, che la strada è giovane, come giovane è il protagonista, e un’Italia che deve rinascere dalle ceneri della guerra, un’Italia ferita, disillusa, travolta dai detriti, assordata dai bombardamenti e dilaniata da una lotta fratricida. Contrapposta alla complessità scaturita dalla violenza, la semplicità è un valore agognato, che Nino associa inevitabilmente al profumo e alla consistenza del pane, prodotto nel forno di famiglia e miraggio fin dalla prima pagina. E semplice e pulita è anche la narrazione, che vuole essere una carezza in mezzo alle asperità che descrive, perché racconta non solo della guerra e dell’impronta che lascia sul territorio, e sulle genti che lo abitano, ma di un ritorno a casa.
L’uomo stava facendo una cosa semplice, così semplice che ci voleva solo un po’ di latte, un po’ di caglio, un po’ di tempo. Così semplice che avrebbero dovuto poterla avere tutti, anche lui, al posto della fame, della guerra, della morte. […] Era normale avere tutto questo e non era giusto non averlo. (p. 80)
Il viaggio di Nino segna le tappe di un
romanzo di formazione, fatto di disillusioni e bruschi risvegli, ma anche
continuamente sorretto da una speranza che si nutre di ricordi – baleni improvvisi
che emergono da un passato lontano e allungano la propria luce a rischiarare un
presente oscuro. Lungo il viaggio, il ragazzo cambia aspetto, ma anche modo di
pensare, e inizia ad avvertire e a dar voce a emozioni più strutturate, meno elementari: l’incredulità,
l’ingiustizia, il senso di smarrimento, o di tradimento. Inizia a comprendere,
per esperienza diretta, i meccanismi complicati di quella politica di cui non
gli è mai importato molto, perché ne vive gli effetti sulla propria pelle. In
ogni circostanza, però, cerca di non
perdersi, né fisicamente, né spiritualmente: di non permettere che,
nonostante i necessari compromessi, la guerra lo renda «troppo difettoso», di mantenere da qualche parte, anche se
nascosto, il suo «sorriso di ragazzo».
Romanzo breve e
scorrevole, ispirato a una storia di famiglia dell’autore, La strada giovane risulta un’opera pulita e bella, commovente, per
cui è facile immaginare anche un impiego scolastico, o un pubblico di lettori
coetanei del protagonista, con cui inevitabilmente finiranno per empatizzare.
Carolina Pernigo
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