La foresta trabocca
di Ayase Maru
Add, 2024
Traduzione di Ozumi Asuka
149 pp.
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
La foresta trabocca di Ayase Maru è un libro che parla di libri, di chi li scrive e di chi li legge - ma anche di chi dei libri ne è parte integrante, come personaggio, musa ispiratrice, editor. Pubblicato da add editore in una traduzione precisa e sensibile, che incarna perfettamente il linguaggio misurato e disturbante insieme che ormai si è fatto tratto distintivo della letteratura giapponese contemporanea in Italia, il libro è apparentemente facile da riassumere: la metamorfosi organica, politica, silenziosamente esplosiva di una donna che, stanca di farsi narrare, decide di riappropriarsi del suo silenzio e farne messaggio.
Rui è sposata con un celebre scrittore che ha fatto della loro relazione amorosa materia narrativa: il romanzo che l'ha reso famoso si regge sull'osservazione di lei, sulla descrizione del suo corpo e la narrazione dei loro rapporti più intimi. Lo scrittore, Nowatari, si è poi costruito una carriera sulla cannibalizzazione e sull'oggettificazione delle donne con cui si relaziona, verso le quali sembra impossibilitato a provare qualsiasi emozione veramente sentita. Così, un giorno, Rui ingerisce una ciotola di semi, e il suo corpo, stanco di essere raccontato, inizia a raccontarsi da solo. Dai suoi pori spuntano filamenti vegetali, la pelle si screpola come corteccia, le unghie diventano germogli, e presto la trasformazione si estende oltre il suo corpo: travolge la casa, il quartiere, e infine l’uomo che l’aveva colonizzata con la sua penna.
Ayase Maru adotta una prosa nitida, essenziale, ma carica di una tensione sotterranea che a tratti esplode in immagini visionarie. Ogni capitolo racconta la prospettiva di persone diverse: il primo editor di Nowatari, poi la sua amante, poi la sua seconda editor, e solo alla fine Nowatari stesso, e poi, finalmente, Rui. Figura fantasmatica, metaletteraria, per quasi tutta la narrazione, solo alla fine Rui riesce a liberare la sua voce dal filtro distorcente di Nowatari; ed il gioco di mise en abyme di Ayase Maru si rivela nella sua genialità proprio con la scelta di Rui di utilizzare le armi del marito per farlo, la letteratura stessa. Capace di distorcere, ma anche di tradurre; di falsificare, ma anche di interpretare.
Quella donna - donna? zolla di terra? persona? vivaio? - qualunque cosa fosse, era la moglie di un autore importante ed era la sua fonte d'ispirazione. Doveva trattarla con riguardo. Già, ne era consapevole, ma la sua lingua era bloccata. Aveva l'impressione che sarebbe bastata una parola, una qualsiasi, per essere complice di Nowatari e delle sue azioni. Perché quella situazione raccapricciante e il volerla sfruttare per la scrittura erano colpa solo di Nowatari, mentre lui si sarebbe limitato a ricevere un manoscritto straordinario e a traghettarlo verso la società. Il ruolo della casa editrice era solo quello di fare da canale di collegamento tra la domanda e l'offerta. Nient'altro, ripeté tra sé e sé. (p. 28)
A questo livello squisitamente formalista, La foresta trabocca aggiunge anche un piano di riflessione profondamente politico, sociale e femminista. Nelle personagge di Ayase Maru, persone ordinarie, lavoratrici, madri e figlie, si abbatte una costante violenza simbolica, una sottile appropriazione del corpo e dell’identità che sembra inscindibile dai contesti così ordinari della casa e dell'ufficio, messi a confronto con il linguaggio del corpo e della terra. Il corpo femminile, invaso, narrato, osservato, si sottrae al controllo e sceglie una via altra: la germinazione, la radice.
Shirosaki non capiva. Socchiuse le palpebre. Come sarebbe stato amare una persona al di là della mascolinità e della femminilità? Lei non ne aveva che un'immagine superficiale e irreale. «Però non è la forza quello che di te mi piace tanto». Shirosaki lo aveva detto con il cuore, ma Takao doveva essere poco convinto, perché si rabbuiò come fosse a disagio. (p. 95)
C’è qualcosa di profondamente attuale nella scelta di questa metafora: la natura che entra nelle crepe dell’umano, che non consola ma riplasma, che restituisce alla protagonista non tanto la libertà quanto una nuova forma di esistenza. La foresta trabocca è un libro che si assorbe, come acqua sotto la pelle. E quando ci si accorge che qualcosa ha cominciato a crescere dentro anche a noi, è troppo tardi: le radici hanno già trovato casa.
Marta Olivi
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