Brave ragazze
di Hadley Freeman
66thand2nd, aprile 2025
Traduzione di Milena Sanfilippo
pp. 298
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
I libri sull’anoressia, e, più in generale, le storie sulla salute mentale delle ragazze, sono un genere affermato – e spesso anche fetishizzato, come è il caso del recente trend dei sad hot girls books. Proprio per questo, però, non è facile trovare storie che riescano a umanizzare la malattia, senza però cadere nella trappola della morbosità. Brave ragazze, il memoir di Hadley Freeman, riesce nell’impresa: unendo lucidità spietata a una tenerezza rara, nonché a una buona dose di senso dell’umorismo, Freeman racconta la propria esperienza con l’anoressia durante l’adolescenza tenendosi in bilico tra saggio e confessione, tra interviste a medici ed esperti e il racconto inesorabile della propria esperienza di anoressia, ospedalizzazione e problemi di salute mentale. Così facendo, Freeman traccia una mappa emotiva che si estende ben oltre il proprio corpo e le sue ossessioni, arrivando a commentare le maglie strette di una società che alle ragazze chiede soprattutto una cosa: essere brave. Brave a scuola, brave in società, brave a controllarsi, ma anche brave a non disturbare, brave a non farsi notare troppo, brave a scomparire.
Il testo è
costruito come una lunga e stratificata riflessione sul rapporto tra dolore e
identità, controllo e sopravvivenza, incarnando su carta il conflitto che ha
luogo dentro ciascuna ragazza anoressica. Freeman, che ha vissuto la sua
adolescenza tra cliniche psichiatriche e ricoveri ospedalieri, non si limita a
rievocare i momenti più bui della malattia: li analizza, li disseziona, li
osserva con l’occhio della giornalista e la voce della donna che è diventata,
la quale si è lasciata la malattia alle spalle da molto tempo, ma che continua
a vedere nella società che la circonda i semi che avevano attecchito dentro di
lei portandola a svilupparla. Tensioni ansiogene, infelicità adolescenziale, doppi
standard tra ragazzi e ragazze: Freeman non sottostima mai le propensioni
individuali, ma è perfettamente cosciente che, se l’anoressia colpisce in gran
parte i corpi femminili, un motivo ci dev’essere, ed è sociale, più che biologico.
Questo doppio sguardo – interno ed esterno, intimo e critico – rende il memoir
una lettura potente, capace di parlare non solo a chi ha vissuto esperienze
simili, ma anche a chi vuole comprendere meglio i meccanismi invisibili che
regolano il corpo femminile nella nostra cultura.
Freeman esplora
il legame profondo tra l’anoressia e il desiderio – spesso inconsapevole – di
conformarsi a un ideale femminile fatto di disciplina, sparizione e
autocontrollo. La magrezza non è solo una questione estetica, ma un linguaggio,
una strategia, un codice culturale. E nel raccontare questo codice, Freeman non
si limita al racconto autobiografico, ma apre continuamente il testo a
riferimenti culturali, storici, sociali, mostrando quanto la malattia sia
intrecciata a una struttura più ampia che plasma le aspettative sulle donne. La
forza del libro sta proprio qui, nel rifiuto di offrire risposte facili o di
chiudere la narrazione con una catarsi rassicurante. La guarigione, sembra
dirci Freeman, non è una linea retta, ma un continuo lavoro di ricostruzione,
da fare dentro di sé e soprattutto insieme agli altri.
Se Brave
ragazze è un memoir sull’anoressia, è anche – e forse soprattutto – un
memoir sull’essere ragazze. Sulla pressione di incarnare un ideale impossibile,
sull’ambiguità del desiderio di sparire, sulla fatica di trovare una voce
propria in un mondo che premia il silenzio. Un libro che non chiede empatia, ma
consapevolezza. E che ci invita, pagina dopo pagina, a fare pace con le “brave
ragazze” che abbiamo voluto essere, ma che forse non saremo mai – mai abbastanza.
Marta Olivi
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