La salvezza del bello
di Byung-Chul Han
Nottetempo, febbraio 2025
pp. 120
€ 12,90 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)
Il bello non suscita alcuna stimolazione, ed è piuttosto una forma estetica. Nell'attuale regime estetico è invece prodotta moltissima stimolazione, ed è proprio in questa marea di stimolazione ed eccitazione che il bello scompare, poiché non permette alcuna distanza contemplativa nei confronti dell'oggetto, che viene cosí consegnato al consumo. (p. 59)
Il compito dell'arte consiste dunque nella salvezza dell'altro. La salvezza del bello è la salvezza dell'altro. L'arte salva l'altro in quanto "protegge se stessa dal fissarsi nella sua semplice presenza". Il bello, in quanto il totalmente altro, supera la violenza del tempo. La crisi della bellezza consiste oggi proprio nel fatto che il bello viene ridotto alla sua semplice presenza, al suo valore di uso e di consumo. Il consumo annienta l'altro. Il bello artistico è una forma di resistenza contro il consumo. (p. 83)
Il saggio si divide in capitoli che affrontano le diverse problematiche che la bellezza oggi si trova a combattere: la levigatezza - intesa come pialla che annulla ogni differenza, fisica e interiore - il mondo digitale, e quindi la velocità, l'interazione, la fretta, l'immediatezza che non concede alle persone di soffermarsi, di contemplare (un concetto molto importante per il filosofo, che spesso torna nella sua narrazione), l'estetica del disastro e della ferita, la pornografia e l'erotismo, la bellezza come verità, la politica - riprendendo il sentimento di ammirazione che gli antichi greci e romani avevano per l'uomo politico, l'uomo illuminato che agiva sulla scia del bello e del bene comune - la bellezza come ricordo.
La crescente estetizzazione della vita quotidiana rende impossibile proprio l'esperienza del bello come esperienza dell'impegno vincolante, e produce solo oggetti destinati a un piacere effimero. La crescente volatilità non riguarda solo i mercati finanziari, ma abbraccia l'intera società. Nulla ha consistenza e durata. Di fronte alla radicale contingenza si risveglia la nostalgia di ciò che vincola a un impegno e che trascende la quotidianità. Oggi ci troviamo in una crisi del bello proprio perché il bello è stato levigato divenendo oggetto del piacere, del like, del piacevole e confortevole. La salvezza del bello significa la salvezza di ciò che vincola e impegna a una responsabilità. (p. 97)
Oggi, secondo Han, ci troviamo in una crisi del bello perché al bello sono stati sottratti la simmetria, la giustizia, il velo, l'attesa, l'ozio, il lusso, ovvero tutto ciò che esula dal mero lavoro, dalla mera osservazione distratta che non permette il silenzio, la riflessione e l'elevarsi dello spirito.
Siamo tutti alla ricerca della pornografia, dice Han, quando in realtà dovremmo ripristinare la denarcisizzazione dell'io (protendersi verso l'altro, l'altro come persona diversa da noi ma anche come l'altro nostro io, quello seppellito dalla quotidianità).
Ovviamente l'autore critica il modo in cui fruiamo del bello (che bello non è): il like, lo scorrere delle immagini, l'inganno che ci rende esperti del nulla, come se un brevissima occhiata a qualcosa ci desse il potere di capire. La comprensione profonda del bello richiede l'indugio contemplativo.
Come sempre, il saggio è scritto in maniera fluida, con uno stile di semplice comprensione pur rimanendo profondamente colto. Se avete già letto Eros in agonia, non potete perdervi anche questo volume, altrimenti credo sia un buon primo passo per iniziare a conoscere questo interessante autore.
Deborah D'Addetta
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