Le nostre guerre silenziose
di David Valentini
Accento Edizioni, febbraio 2025
pp. 256
€ 18 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)
A distanza di tre anni dal suo esordio, nell'ottobre del 2022 - tra l'altro, uno dei primi titoli che ha accompagnato la fondazione della casa editrice Accento - David Valentini torna in libreria con un secondo titolo tanto suggestivo quanto il primo: se nel 2022 ci aveva fatto leggere Tutto ciò che poteva rompersi, a febbraio 2025 prosegue il suo cammino nella narrativa con Le nostre guerre silenziose.
La casa editrice lo descrive, di nuovo, come un romanzo esploso e difatti riprende la struttura del primo libro e alcuni personaggi di cui già ci aveva parlato e ci porta in un secondo tempo, pur restando nella sua Roma attraversata da vite vissute con fatica, a volte con rabbia, altre con rassegnazione.
Abbiamo sei racconti, come per il primo libro, legati tra loro: a volte i personaggi compaiono e poi scompaiono, palesandosi in un altro racconto più avanti; altre volte addirittura questi personaggi riemergono dal testo del 2022, e chi lo ha letto vive con una specie di meraviglia ingenua questi incontri, un po' come quando saluti un amico e non lo vedi per tanto tempo e poi, all'improvviso, ti appare sotto il naso per strada o a una festa a cui se stato invitato.
C'è quell'attimo di frastornamento e poi di gioia.
Gli dico che non deve neanche farli questi pensieri. Mi risponde che non ha senso non farli, soprattutto quando quello che hai dentro ti sta mangiando vivo e il poco tempo che hai a disposizione lo passi a sistemare le cose lasciate in sospeso. Fa una smorfia che non capisco, un misto di dolore e incredulità che mi porta a chiedermi cosa gli passi per la testa. Chissà quali pensieri gli attraversano la mente durante le giornate infinite qua dentro, quali immagini lo colgono di notte mentre cerca di prendere sonno. Come fai a addormentarti, con queste luci bianche e le pareti bianche e l'odore del disinfettante? Come fai a prendere sonno sapendo che della tua vita resta un pugno di giorni? Forse alla fine lo fai per disperazione, perché non c'è altro da fare se non far passare il tempo. O magari sono i medicinali a portarti allo sfinimento. Vorrei chiedergli tutte queste cose ma non trovo il coraggio; soprattutto non ne avrei per ascoltare le sue risposte, quindi ce ne restiamo in silenzio. Ci limitiamo a tenerci per mano, come stava facendo lui con mamma quando sono arrivata. (p. 21)
Ecco, con il secondo libro di David succede lo stesso. Per fare un esempio: chi ha letto Tutto ciò che poteva rompersi ricorderà sicuramente la storia di Filippo e Simona (lanciata nei racconti In terre straniere e Bruciare ogni cosa); qui, i retroscena della loro storia d'amore, il motivo per cui erano così uniti, il motivo per cui hanno dei figli così grandi nonostante loro siano giovanissimi, e il perché Filippo tradisce Simona con Sara, ci vengono tutti spiegati nel nuovo libro, nel racconto Schadenfreunde, e a narrare è nientemeno che Cesare Lorusso, il co-fondatore dell'azienda protagonista di tutte le storie, la Verdicchio Consulting, nostra nuova voce narrante.
Allo stesso modo, nello stesso racconto, sul finale compare Laura, la figlia di Filippo e Simona, sorella di Michele (impossibile non ricordare il loro legame particolare, e uso questo termine come eufemismo per non fare spoiler a chi non ha letto il primo libro).
Le tematiche sono quelle di sempre: a voler fare un riassunto, le disgrazie di essere un millennial. Dunque: amori complicati, poca comunicazione, violenza, repressione, delusione, paura del futuro, lavori precari, licenziamenti dietro l'angolo, sfruttamento, guerre e politica. Pare quasi che David abbia condensato in due testi i problemi di un'intera generazione e forse nemmeno solo di quella perché, a ben vedere, anche i cosiddetti "adulti" non se la passano bene.
Così lo stesso Cesare; Filippo e Simona; Paolo nel racconto Dove sei, con chi sei, legato come dipendente alla Verdicchio, che combinerà un disastro di proporzioni epiche (lo descriverei come "la meccanica di un omicidio").
[...] oppure era così impacciato da fare scena muta. Non credo tuttavia che si trattasse soltanto di timidezza - un tratto della sua personalità che non è mai del tutto scomparso - ma di una capacità quasi patologica di mettere in dubbio ogni cosa, a cominciare da sé stesso. Quando, davanti a una birra durante l'autogestione del terzo anno, ebbi modo di parlarne con lui, se ne uscì con una frase che non ho mai dimenticato. Nella vita dubitava di tutto, disse, tranne di due cose: dell'infondatezza di Dio e del suo amore per Simona. (p. 75)
Sorprendentemente, il personaggio più umano, quello con cui ho empatizzato di più, è Antonio Colosimo del racconto Omeostasi: un ragazzo che viene assunto da Eugenio per la Verdicchio, geniale, competente, ma che pretendere di poter vivere. Oltre al lavoro c'è altro, oltre alla devozione per quella che le aziende amano chiamare "la famiglia": lui vuole dare il massimo sul campo, ma quando si tratta di vita privata non vuole intromissioni. E noi che leggiamo ci troviamo a dargli ragione: quante volte ci hanno chiamato dall'ufficio fuori orario? Quanti straordinari non ci hanno pagato? Quante volte ci siamo dovuti sacrificare per amor della gloria?
Ecco, Antonio Colosimo probabilmente è tutti noi.
Ho cancellato quella ricerca di stanze doppie in quartieri periferici e ne ho salvata un'altra per un trilocale che non necessitasse ristrutturazione. Fondamentale era la vicinanza alla metro. Andare al lavoro in auto a Roma può essere una vera e propria guerra, e neanche troppo silenziosa. (p. 144)
David affronta anche tematiche come il tradimento e la malattia (quest'ultimo nel primo racconto Qualcosa su mio padre, insieme a una protagonista, Katia, che ritroviamo nei successivi racconti). Probabilmente, a differenza del primo testo, questo secondo è più attento alle tematiche attuali. E soprattutto è cresciuto in scrittura: tre anni hanno fatto maturare il suo stile, pur non perdendo quella causticità, quell'humour un po' nero, tipici sia del suo carattere che della sua penna.
Lo consiglio senza dubbio a chi ama leggere delle lotte dei millennials, a chi vuole capire perché combattiamo ancora le nostre guerre silenziose, inascoltati da tutti.
Deborah D'Addetta