in

L’uomo che ha portato la civiltà e un Libro sacro al mondo arabo: la biografia di Maometto raccontata dalla voce incantevole di Kader Abdolah ne “Il messaggero”

- -


Il messaggero. Vita di Muhammad il Profeta
di Kader Abdolah
Iperborea, 5 marzo 2025

Traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo

pp. 320
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,49 (eBook)


Nessuno prima di allora aveva mai usato la parola “salam” come saluto. “Salam alaykum!”. Quando lo dicevi a qualcuno per la prima volta aveva un bel sapore zuccherino, era come mangiare un dolce appena sfornato. […] Anche la parola “Islam” era nuova. All’inizio non voleva dire niente, ma col tempo finì col significare: “Sottomettiti”.
“Va bene!” Diceva la gente. “Ma a chi dobbiamo sottometterci?”.
“Al Creatore di tutte le cose!” Rispondeva Muhammad.
Neanche la parola “Corano” significava niente. In seguito si tradusse in: «un po’ alla volta. Pezzetto per pezzetto. Un pezzetto di testo ora, un pezzetto di testo più tardi. Leggilo e recitalo a memoria!». (pp. 111-112)

Chi sente il fascino irresistibile della cultura del Medioriente, dei suoi profumi, dell’incanto dei suoi racconti non può non conoscere Kader Abdolah, scrittore iraniano rifugiato nei Paesi Bassi dal 1988 per scappare al regime dello scià e di Khomeini. L’autore si è perfettamente impossessato del nederlandese e scrive quasi sempre nella lingua adottiva: le sue opere sono un innesto incredibile di cultura persiana e cultura occidentale, ponti tra civiltà così lontane e vicine allo stesso tempo. Come non amare i suoi più famosi lavori come Scrittura cuneiforme e La casa della moschea editi in italiano da Iperborea? Chi conosce questi due libri troverà una certa continuità nello stile e nell’impianto narrativo, testimonianza di fedeltà e di riconoscibilità autoriale.  

Il messaggero è la biografia letteraria di Maometto, una rivisitazione della vita del profeta più importante dell’Islam e della cultura araba, colui che ha liberato la civiltà preislamica dalla schiavitù dei falsi idoli e le donne dalla schiavitù degli uomini. Ed è una lettura meravigliosa, arricchente, importante oggi più che mai, alla luce delle chiusure in chiave razzista e antislamica cui stiamo assistendo nonostante la presenza sempre più massiccia di società multiculturali. Leggere Il messaggero ci permette di conoscere la società preislamica e comprendere la difficoltà di Muhammad (d’ora in poi userò il nome originale arabo e non quello italiano, ndr) nel portare Allah e il suo messaggio rivoluzionario a La Mecca e liberare la Ka’bah, la Pietra nera, «dagli idoli da solo, a mani nude» (p. 47):

Rispetto alla Persia il nostro paese era una landa arretrata, un grande scatolone di sabbia. Tutti i paesi avevano conosciuto una civiltà.
Noi no, noi mai.
Tutte le civiltà avevano posseduto un Libro.
Noi no, noi mai.
Noi continuavamo a venerare dèi di pietra. La Mecca era condannata a morte. Gli schiavi venivano trattati come bestie e le donne tenute chiuse in casa come proprietà degli uomini. (pp. 40-41)

Come per le opere citate all’inizio, anche ne Il messaggero troviamo la struttura narrativa a cornice tanto cara allo scrittore: la storia principale viene narrata e costruita da una voce interna alla storia, in questo caso, è quella di Zayd ibn Thalith, figlio adottivo di Muhammad, strappato a sua madre e venduto al mercato della Mecca a Hakim bin Haram, cugino di Khadija, una donna sulla quarantina che aveva sposato il giovane Muhammad dandogli solo prole di sesso femminile. Haram, che era mercante di piccoli schiavi, decise di donarle quel bambino così servizievole e intelligente affinché lo adottasse: e così fu. Zayd-Abdolah  è allora il nostro narratore per eccellenza, ha conosciuto Muhammad prima che il suo nome si diffondesse in tutto il Medioriente, ne ha visto la sofferenze, i sacrifici, le umiliazioni. La narrazione però all’interno della cornice principale presenta altre voci, sono quelle di uomini e donne, mercanti, poeti, filosofi, oratori, schiavi, mogli del Profeta che Zayd, tra il profumo del té e la dolcezza dei datteri, interroga per avere notizie utili a ricostruire eventi importanti della vita di lui. Sono diversi racconti nel racconto, ma portano linearità poiché Zayd ricostruisce la biografia del padre adottivo seguendo un rigoroso ordine cronologico:

Quando iniziai a raccogliere i testi del Corano, mi resi conto di una cosa: non si può capire il Corano se non si capisce Muhammad. Io stesso ho scoperto un nuovo Muhammad mentre lavoravo al Libro. Prima vedevo in lui un sognatore, un gaudente, un amante delle donne e un condottiero che corre rischi incredibili. Solo quando ho messo per iscritto i suoi racconti ho visto in lui un uomo, un uomo pieno di curiosità. Prima di allora l’avevo sempre considerato un padre, un padrone, un capo militare, un profeta. L’uomo Muhammad era una mia scoperta e volevo mostrarlo al mondo. (p. 20)

Grazie a Zayd-Abdolah il lettore scoprirà dei lunghi viaggi che prepararono il Profeta alla conoscenza delle altre culture, i sacrifici, i mesi solitari sul monte Hira in attesa di un segno dall’alto, la pazienza incredibile, la forza d’animo, il fascino di un uomo che porta una  nuova religione, l’Islam, e un nuovo ordine sociale e cultuale: non più gli idoli, non più la schiavitù delle donne e l’uccisione delle neonate. 

Il cammino di Muhammad non è stato per nulla semplice, il lettore occidentale lo scoprirà leggendo Il messaggero; a scuola, quando si ha la fortuna di avere un insegnante di storia illuminato, si studia qualche pagina di civiltà araba e c’è una parola che dobbiamo imparare, l’egira, e un anno, il 622 d.C., perché è l’anno della cacciata di Maometto e dei suoi seguaci - soprattutto schiavi, donne, qualche familiare - dalla Mecca perché ostile, pericoloso per l’ordine precostituito, per il commercio di schiavi e per le attività legate al culto degli antichi idoli della Ka’abah. Leggere questo libro ci fornisce molte più informazioni e ci consente di conoscere da vicino la realtà in cui è nato l’Islam: la conoscenza è l’unico modo per combattere i pregiudizi,  gli stereotipi e la disinformazione.

Muhammad predicava: «Basta! Basta umiliare le donne! Il paradiso è ai piedi delle madri!». E le donne l’avevano sentito. Ma dovevano accadere ancora molte cose prima che loro, e soprattutto le schiave, potessero dargli apertamente il loro appoggio. (p. 159)

Kader Abdolah è riuscito a lasciarci un ritratto profondamente umano e multisfaccettato del profeta Muhammad e del contesto storico in cui ha agito, unendo la cronaca alla poesia. Le opere di Abdolah ricordano Le mille e una notte per la struttura a cornice, per la prosa suggestiva e lineare arricchita di componenti poetiche ed evocative come le hekayat, antica forma di racconto orale persiana. Le sure del Corano non sono meno poetiche e dolci, come dirà Asha, il poeta della Mecca: 

«[…] Non so cosa ne penseranno tra cento anni, ma oggi invidio Muhammad per la sua prosa. Il Corano è il miracolo del nostro tempo. Quando ho tra le mani una delle sue sure, non posso fare a meno di pensare a un cigno selvatico da stringere al petto con entrambe le braccia». (p. 110)

Marianna Inserra