Inizio La fame del Cigno e incontro immediatamente due elementi che mi terranno incollata alle pagine fino alla fine. Il primo è forse il più scontato in un libro noir: un'indagine complessa. In questo caso, come vedremo, si parte dalla scomparsa di una nota influencer torinese, Viola, una ventenne femminista che portava avanti un'inchiesta sulla prostituzione di giovani immigrate ad opera della mafia nigeriana. Non sappiamo ancora però che il caso andrà subito a complicarsi, perché verrà ritrovato il cadavere di un'altra ragazza. C'è un legame tra le due? Un indizio parrebbe proprio suggerire di sì.
Il secondo elemento che rende La fame del Cigno originale e credibile è il suo protagonista, Domenico Cigno, ex pugile che ha sempre lottato con il suo peso. Visto che ormai passa la maggior parte del suo tempo alla scrivania come giornalista, Domenico si è lasciato andare a vizi, pause merenda e asseconda una fame che ha dentro dell'altro. Con i suoi centocinquanta chili, fatica anche solo a rifare i sette gradini di casa, se si accorge di aver dimenticato qualcosa dentro. E noi lettori percepiamo la sua fatica, la tachicardia per ogni minimo sforzo, ma anche la consapevolezza amara di come tutti lo ritengano semplicemente un obeso e si sentano in diritto di fare battute infelici e insensibili.
Per tutto il romanzo è proprio Domenico Cigno a offrirci la sua prospettiva sul mondo: una prospettiva piuttosto cinica, pensiamo all'inizio, dal momento che lui spera di riscattarsi attraverso il caso della ragazza scomparsa. Infatti, in seguito a un passo falso in passato quando scriveva per la cronaca nera a Milano, Domenico è tornato a Castel Volturno a lavorare per la sezione sportiva nell'edizione locale di un grande quotidiano. I suoi colleghi di lavoro e il suo capo non sempre riconoscono il suo talento o, se lo fanno, pensano di sfruttarlo per trarne vantaggi personali. In generale, Domenico è visto da tutti come passatista e poco aggiornato, lui che sbeffeggia gli influencer e la scrittura rapida e poco sorvegliata dei social. Non vale a nulla o quasi che il giornale stia puntando tanto sul lavoro di Caterina, giovane social media manager, né che il sito faccia numeri ben più alti delle copie cartacee vendute.
Domenico è all'antica, ok, ma quando deve scrivere un pezzo sa esattamente come fare, non ha tentennamenti e plasma l'informazione perché passino determinati messaggi. Insomma, padroneggia la parola in tutte le sue sfaccettature e i suoi sottintesi. Così, quando viene ritrovato il cadavere di una ragazza in un canale poco lontano da Castelvolturno, nonostante la fatica a raggiungere il posto, Domenico si fa trovare là col suo aiutante Tony. A sorpresa, però, si scopre che la ragazza uccisa non è l'influencer torinese, ma una ragazza nigeriana bellissima, dalla pelle insolitamente sbiancata. Una prostituta uccisa da un cliente? L'ipotesi viene scartata, ma non è altrettanto facile trovare il responsabile o il movente di un'uccisione tanto efferata.
Al tempo stesso, Domenico sa che non deve giocarsi male le informazioni di prima mano che ha ottenuto sul campo: e sta anche qui, nella gestione dei media assetati di notizie e dei colleghi a caccia di notizie, la bravura del protagonista. E, anche se Domenico ricorda a Tony di non dover proteggere nessuno e di non doversi comportare come un inquirente, ben presto la situazione gli sfuggirà un po' di mano: la ricerca porterà i due a mettersi anche in pericolo, intromettendosi in questioni che non competono a dei giornalisti. E intanto il corpo di Domenico minaccia di cedere, per cui seguiamo con ansia crescente una sorta di doppia corsa contro il tempo: più passano i giorni e meno probabilità ci sono di ritrovare in vita Viola; più l'uomo si sottopone a ritmi massacranti, senza mangiare e bere, e più temiamo per la sua salute.
A rendere ulteriormente avvincente il romanzo, c'è poi un terzo fattore, non ancora nominato ma certamente essenziale: lo stile di Mercadante. La sua scrittura dà un'impressione di calibrata spontaneità, ma è certamente frutto di un lavoro accurato, volto a restare aderente al reale, anche brutale a volte, ma altrettanto verosimile nei dialoghi e nell'ascolto dei pensieri di Domenico.
Anche per questo, per una lingua che si sporca di noir dove serve, ma che recupera profondità nelle riflessioni metaletterarie sul lavoro del giornalista e sulla sua etica, La fame del Cigno è un romanzo che mostra senza mai ostentare la spiccata versatilità del suo autore.
GMGhioni
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