E se il sole smettesse di illuminare la Terra? Un romanzo familiare affondato nella distopia per Gianni Usai, in "La sola notte"



La sola notte
di Gianni Usai
Il Maestrale, 26 marzo 2025

pp. 256
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

In quello stesso mondo, alcune donne e alcuni uomini temevano di non avere tempo a sufficienza, per questo lo impiegavano provando a immaginare ciò che non avrebbero potuto vedere. Così sono nate le storie, per mostrare l'infinito a chi non è capace di sognarlo. (p. 230)

Un appartamento chiuso, illuminato dalla luce artificiale giorno e notte. Tutti abbiamo provato durante il lockdown un po' di claustrofobia e al tempo stesso l'impressione di stare al sicuro davvero solo tra le mura delle nostre case; in La sola notte, nuovo romanzo di Gianni Usai, queste sensazioni risultano amplificate dalla presenza della Grande Ombra. Non c'è più il sole, lo capiamo fin dalle primissime pagine, ma non ne conosciamo il motivo: si tratta forse di un'era post-apocalittica? E i protagonisti sono forse dei sopravvissuti?

Quel che è certo è che la famiglia protagonista di La sola notte è chiusa in casa da parecchio tempo, e i segni dell'abbrutimento si vedono tutti: dai vestiti lisi degli adulti a quelli fuori misura dei bambini, dalla noia che divora le giornate all'abitudine di dormire di tanto in tanto, quando ce n'è l'occasione, in un trascinarsi stanco, privo di qualsiasi data di scadenza. Chiedendosi, costantemente, cosa ne sia stato di quelle famiglie che, al di là della strada, a un certo punto hanno spento la luce. 

L'angoscia di giornate sempre uguali è scandita da un compito fondamentale: bisogna compilare quiz di lunghezza diversa sul proprio computer, e occorre iniziare il test prima che finiscano i trecento secondi di conto alla rovescia. Altrimenti? Nessuno lo sa. Così come nessuno sa a cosa servano quei test dai contenuti e dalla lunghezza imprevedibili. Solo così il Sistema continuerà a «prendersi cura» della famiglia, fornendo cibo liofilizzato, lampadine e altri oggetti fondamentali (ma con parsimonia).

Secondo la donna di casa, Sofia, bisogna obbedire e attenersi a quanto richiede il Sistema. Diversa è la visione di suo marito, Thomas, ben più pessimista (o forse solo realista?). Per Sofia è fondamentale pazientare, se non altro per proteggere i loro figli, Giada e Matteo: Giada ha fatto in tempo a vedere il mondo "di prima", ma era molto piccola quando il sole ha smesso di illuminare la Terra; Matteo è nato già nell'era della Grande Ombra. E i genitori, ognuno a suo modo, fanno il possibile per creare una routine, stabilendo piccoli regolamenti familiari e affiancando giochi istruttivi e più stimolanti rispetto a quei compiti futili assegnati dal Sistema.

Ma anche i giochi stufano presto, e non sapere più niente del mondo esterno o delle persone che si amano crea una solitudine bruciante. Sofia, Thomas, Giada e Matteo costituiscono un microcosmo da proteggere, ma anche l'essenza stessa dell'emarginazione. Il mondo esterno, d'altra parte, come si potrebbe mai presentare alle loro porte? Nessuno gira per strada; la consegna di cibi liofilizzati e la rimozione della spazzatura avvengono senza alcun contatto umano. Persino i vicini di casa sembrano essere scomparsi. Ovunque è silenzio. E buio. 

Nel limbo presidiato dalla guardiana cieca e muta, gli esuli della notte e i loro figli ignari, rinnegati dalla luce, scontano il proprio esilio chiamando casa la prigione e vita la condanna. (p. 69)

Al tempo stesso, la privacy è letteralmente vietata: in bagno bisogna fare tutto in fretta, perché altre tre persone aspettano fuori dalla porta e anche tra Sofia e Thomas si è spenta l'intesa che prima li univa, complice l'angosciante prospettiva di mettere al mondo un altro bambino in un mondo come quello. Insomma, qualsiasi scopo viene continuamente ridimensionato e messo in crisi da un domanda sottintesa ma mai esplicitata: che ne sarà di noi?  

E allora si parla, si parla tanto - i dialoghi superano smaccatamente le sequenze narrative -, e qualche volta si parla a sproposito, perché la tensione è tanta e il vuoto di impegni rischia di riportare a galla malintesi, segreti, ma anche di snudare ferite fintamente rimarginate... 

Nel regno della Grande Ombra il peso delle parole è zavorra che irrancidisce, e non c'è nemmeno un accenno di brezza a portarne lontano il tanfo. I malumori ristagnano nella simulazione di un giorno infinito e senza calore, si depositano sulle superfici, impregnano la pelle porosa, contaminano gli sguardi, deteriorano i sentimenti. Finché ce n'è l'occasione, ci si rifugia nelle contingenze dell'immediato, nelle proteste o nel sorriso dei bambini. Ma in questo mondo defraudato della solitudine, l'eccedenza di tempo è una rete nella quale cattivi pensieri restano imprigionati con troppa facilità, e la paura è un velenoso antidoto che non può funzionare per sempre. (p. 109)

Intanto, si fa strada in Thomas il desiderio di uscire, di provare ad allontanarsi dal palazzo e scoprire - per sé, per i propri figli, per Sofia - cosa sia rimasto del mondo. «Ma la resa bisogna potersela permettere», così come la fede, perché «spesso è la resa a generare la fede e la fede a giustificare la resa. Proprio come la paura crea il silenzio di cui poi si nutrirà» (p. 53).  

La sola notte è, dunque, un romanzo distopico che analizza le dinamiche familiari in un contesto di reclusione coatta, duratura e senza reali prospettive di cambiamento. Proprio questa segregazione fa vedere i muri di casa in modo sinistro, con ombre artificiali che fanno presagire un testa-a-testa feroce. Starà al lettore scoprire quanto può l'amore genitoriale e sentimentale, quanto il desiderio di sopravvivenza, quanto il senso di responsabilità,... 

GMGhioni