di Antonio Francesco Perozzi
Pidgin, 2025
Le nuove collane Pidgin (Mangrovie, dedicata alla letteratura post-coloniale contemporanea e la nuova, accesissima Stormo, bacino delle novelle underground) preservano la qualità e tenuta narrativa notevole degli esordi della casa editrice, tenendo fede ai punti fermi (come la scrittura incendiaria e le provocazioni) che hanno, negli anni, canalizzato l'attenzione dei lettori forti. Si innesta in questa fase di intelligente rinnovamento Tranquillità assoluta, raccolta di racconti che dà sfogo alle insofferenze verso i tempi che corrono.
Francesco Perozzi è abile nel trascrivere, come in una specie di reportage di ciò che accade dentro di noi, i tentativi di adattamento e sopravvivenza alla realtà degli improvvisati adulti di oggi.
Si scrive di adulti in trappola, e quella trappola è la periferia, che non fa da sfondo ai dieci racconti ma li determina, con le sue dinamiche immutabili e la sua apparente, allarmante capacità di collocarsi al di là del tempo, o peggio ancora di assorbire gli aspetti negativi del mondo che va, si trascina, inciampa, tralasciando quanto di positivo può aver apportato il progresso.
Le vicende non sono collegate dalla trama ma dalla condizione dei protagonisti, imbottigliati in una condizione statica che imbambola chi ne fa parte e nella quale normale e anormale confluiscono in unico movimento inerziale nel quale tutto è assurdo e accettato contemporaneamente. Perozzi tramette il profondo imbarazzo nei confronti di un reale surreale e, di conseguenza, delle nostre esistenze, spesso sconclusionate, senza uno scopo preciso o adeguato e non per colpa nostra. L'autore è bravo nel premettere a questa atmosfera di penetrare ogni momento del testo, rendendo la narrazione un miscuglio tra sogno, realtà, allucinazione e paradossi.
«Ma non pensi che ci rovina la vita, questo?»
«Cosa?»
«Tutte queste domande.» (p. 8)
Il risultato è straniante, grottesco, godibile.
Entrando nei singoli racconti, notiamo subito una interessante somiglianza tra il primo della serie e una stupenda puntata di South Park (Something Wall-Mart This Way Comes, episodio 9 stagione 8), quando in città apre un gigantesco centro commerciale. Perozzi dà subito un'impronta precisa, che traccia bene la riduzione totale di una vita senza sbocchi né aspettative e nella quale un centro commerciale suscita aspettative, attenzioni, vaneggiamenti.
«Uno intelligente come te» rispondo, anche se l'immagine in testa mi sembra realistica, riesco a vedere Mauro dietro la cassa, che passa i prodotti sotto il laser in maniera calma e ordinata, "uno come te doveva nascere a Milano". Tiene gli occhi sul cantiere e per un momento penso che anche lui si sta costruendo la scena in cui lavora al Conad, o riempie i tubi dei popcorn. «Qua siamo gente materiale». (p. 6)
Nel secondo e più dinamico titolo, due uomini pianificano il furto di parecchi cellulari: oltre a doversi preoccupare dei sistemi di sicurezza, dovranno tenere conto delle lucciole che si nascondono sotto la loro pelle. Paga la scelta di contaminare la narrazione con colpi da body horror cronenberghiani, e questa intuizione, che alimenta il senso di stranezza della faccenda, permette anche di accostare il racconto a certi scritti di Stephen King e, persino, ai Piccoli Brividi di cui, in molti, soltanto oggi ne stanno considerando l'impatto e il valore.
Molto meno canonicamente weird e molto più vincolato alla nostra realtà è il racconto che vede un giovane insegnante convivere con la viralità della sorella, popolare su TikTok a causa dei contenuti espliciti diffusi.
Ci sono cinquantamila persone che guardano mia sorella ballare e alcuni li ho in classe. (p. 42)
I racconti successivi accolgono con efficacia aspetti pienamente contemporanei e condizioni legate al campo dell'inspiegabile. Ne è perfetto esempio la faccenda di folkloristici individui malvisti da tutti chiamati a combattere un liquido piombato in mare a causa di una perdita delle tubature cittadine. Il guaio del presente, manifestato quindi nella questione ecologica, si ritrova poi nelle quisquiglie di una coppia al supermercato: una semplice spesa fa esplodere le tensioni sollecitate da una condizione economica precaria.
Torniamo poi ai corpi, alla loro mutazione. Come in una celebre puntata dei Simpson in cui la centrale nucleare causa la comparsa di una specie di pesci con tre occhi (Two Cars in Every Garage and Three Eyes on Every Fish, episodio 4 stagione 2), le mutazioni sono il prodotto dell'ambiente in cui viviamo, un ambiente trasfigurato dai rifiuti, dal menefreghismo industriale, che genera danni pittoreschi nei nostri corpi come risposte psicosomatiche. Se in Succhiare le labbra diventano strumento di piacere, in Retrocedere si assiste a una sorta di metamorfosi kafkiana.
In conclusione, Perozzi fotografa un presente inquietante di derive ecologiche e social, piani di rapina e di fuga, di amianto, ecomostri. L'aspetto più allarmante è la presa d'atto di come questi stravolgimenti siano così normalizzati da non metterci più troppo in agitazione: viviamo in una condizione di spaventosa tranquillità assoluta.
Daniele Scalese