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"Primavera in Siberia" di Artem Mozgovoy racconta com'è essere un adolescente omosessuale nella lontana Siberia degli anni Novanta

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Primavera in Siberia
di Artem Mozgovoy
Astoria, marzo 2025
 
Traduzione di Simona Garavelli

pp. 336
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 

Abitavamo in un dormitorio studentesco (con una sola cucina e bagno per piano, ovvero ogni cento studenti). Ma erano ottimisti, perché sapevano che una giovane coppia sovietica di laureati con un figlio a carico aveva diritto a ricevere un appartamento con una camera da letto, oltre a due posti di lavoro come tecnici in una fabbrica da qualche parte. […] Era precisa intenzione dei leader sovietici spostare le persone per tutto il continente, assicurandosi così che i compagni perdessero ogni senso di appartenenza alle proprie radici, identità culturale o tradizioni. Dovevamo essere tutti uguali, sentirci a casa ovunque andassimo. Ma mentre crescevo a Taiga io mi sentivo solamente smarrito e alieno. (p. 23)
Artem Mozgovoy, nato e cresciuto in un piccolo paese della Siberia centrale ed emigrato nel 2011 dalla Russia per sfuggire alle persecuzioni degli omosessuali, è autore di Primavera in Siberia, un romanzo dal sapore autobiografico che ha per protagonista un adolescente cresciuto durante i faticosi e volubili anni della perestrojka e del collasso dell’Unione sovietica; un adolescente che si sente senza radici nel luogo in cui è nato, alieno tra i connazionali della sua età, diverso ancora prima di rendersi conto di della sua impensata omosessualità.

Alexej vive a Taiga, una minuscola cittadina della Siberia, dove il sole albeggia attorno alle dieci della mattina per scomparire poche ore più tardi, relegando la fauna umana a un buio gelido quasi perenne. Va a scuola al mattino presto, quando l’oscurità e il sonno avvolgono ogni cosa, e le lezioni terminano al massimo alle undici per carenza di insegnanti e di aule. Le restanti ore della giornata sono come sospese nel nulla, in un’indolente attesa del giorno successivo, in una terra desolata che non sembra offrire altro. Ma siamo negli anni a cavallo tra il decadimento dell’ideale sovietico e il nascente e luccicante ideale capitalistico proveniente dall’Occidente, con le sue promesse di ricchezza, gli Happy Meal che fanno status, i tamagotchi in voga e l’eccitante speranza di un rinnovamento.

Alexej vive i cambiamenti storici nonostante la sua vita gli appaia lontana dai grandi eventi. Dopo aver vissuto e contemplato il mondo idilliaco della campagna in cui abitano i nonni, tra i frutti e gli ortaggi prodotti dalla terra e dal sudore della fatica, gli tocca scontrarsi, man mano che cresce, con l’amara realtà delle cose. Scoprirà che la fertile terra dei nonni cede sotto i vuoti delle cave di carbone, che i luoghi da lui amati pullulano di aria tossica, che il padre non riesce ad accettarlo per quello che è, per non essere uno sportivo, che la ricchezza promessa dal capitalismo finisce solo nelle tasche dei nuovi avtoriteti color vinaccia, di gruppi criminali organizzati che approfittano della privatizzazione incontrollata.

Alieno rispetto al mondo che lo circonda, delicato e timido d’aspetto, con una sensibilità che lo porta ad appassionarsi alla poesia di Puškin, Esenin e Achmatova, il giovane Alexej vedrà la sua vita stravolgersi dopo il trasferimento, insieme alla madre, in una grande città russa e dopo l’incontro con un compagno di classe che si dichiarerà inaspettatamente a lui.

Sebbene l’autore non scavi più di tanto nella psicologia del protagonista, che scopre di ricambiare questo amore, s’intravedono attraverso le righe della trama gli smottamenti interiori e gli sconvolgimenti che danno una svolta alla sua vita: la scelta coraggiosa di affermare la propria identità condurrà i due allo scontro con la dura realtà di odio e persecuzione che avvelena il Paese, nonché all’avventurosa scoperta di luoghi al di là del Caucaso, dove tenersi per mano diventa non solo possibile, ma anche la speranza per un futuro in cui poter essere sé stessi.

Primavera in Siberia è l’esordio riuscito di un autore che racconta gli anni forse più trasformativi e precari della storia russa, con una narrazione che, nonostante in certi passaggi appaia un po’ troppo prolissa e didascalica, diluendo pagine che condensate sarebbero risultate più efficaci, riesce tuttavia a travalicare la storia personale e individuale del protagonista-narratore e a fotografare attraverso l’occhio nebuloso e ingenuo di un adolescente un ampio ritratto storico-sociale dei mutevoli e travagliati anni Novanta che segnarono la neonata Russia.
 
Federica Cracchiolo