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"Basta lavorare così": l'indagine di Silvia Zanella sul mondo del lavoro che cambia

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Basta lavorare così
di Silvia Zanella
Bompiani, 2025

pp. 224
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Star male per il lavoro non è normale. Non è normale avere relazioni malsane con capi e colleghi, non intravedere la possibilità di carriera o di crescita, non essere retribuiti in maniera equa, identificarsi del tutto con quello che si fa, non avere la possibilità di esprimere le proprie idee o il proprio potenziale, non sviluppare competenze, non essere trattati da adulti, essere oggetto di abusi o di molestie. [...] Non è normale svegliarsi la mattina con il mal di pancia, non dormire di notte rimuginando su una discussione avuta in ufficio, perdere l'appetito pensando a una mail, portarsi sempre il computer in vacanza, non staccare mai. [...] Non è normale star male per il lavoro: tuttavia, è la normalità. (p. 7)

Silvia Zanella si occupa di Risorse Umane «da oltre vent'anni» (p. 13) ed è oggi una delle voci più autorevoli in materia, lavorando anche come formatrice. Il suo punto di vista, perciò, si pone subito come quello di una persona che parla di un campo che ha visto concretamente, con cui si è sporcata le mani ogni singolo giorno. Ciò lo si può intuire fin da subito, dallo stile con cui il libro è stato scritto: preciso, pulito, diretto ed estremamente chiaro. Ogni pagina propone riflessioni concrete, pragmatiche, che si vede provengono da chi il campo lo ha frequentato e si è fatta un'idea precisa dei problemi e delle trasformazioni avvenute. Infatti, Zanella mette subito in chiaro, fin dalle prime parole qui sopra riportate, una cosa: il benessere dei lavoratori non solo è un diritto di chi offre la propria prestazione professionale ma è un boomerang, con effetti che tornano alle aziende in termini di reputazione, crescita, soddisfazione degli utenti. Quindi, l'autrice si muove smontando subito lo stereotipo che recita che "i giovani d'oggi non hanno più voglia di lavorare" per indagare, con fine preparazione e sguardo acuto, gli effettivi cambiamenti che il lavoro ha subìto nel corso dei decenni, e di come la tecnologia abbia reso il lavoro molto più pervasivo, invadendo anche spazi e luoghi privati, mediante mail, chat, chiamate. Conseguentemente si è fatto strada il mito della costante reperibilità, nella convinzione che essere sempre disponibili h24 alle necessità dell'azienda sia quello che rende un lavoratore eccellente.

Ebbene, oggi ci sono sperimentazioni che vanno nella direzione opposta: come ci ricorda Zanella, in alcuni Paesi del Nord Europa si sperimenta la settimana breve, secondo quel principio per il quale lavorare meno potrebbe anche significare lavorare meglio. Alcune aziende italiane (EssilorLuxottica, ad esempio) hanno pensato di seguire lo stesso modus operandi, con effetti da indagare sul lungo periodo. Infatti, una delle cose che creano più difficoltà oggi è la costante sensazione di avere troppe cose da fare e di star sempre rincorrendo l'ennesima incombenza: il multitasking, da competenza smart è diventata una condanna e un obbligo, per cui ci si è ormai abituati a fare sempre almeno due cose in contemporanea. Ma così, ci interroga Zanella, siamo sicuri di lavorare meglio?

Non è un caso che oggi si sia arrivati a un punto di svolta e che si stia assistendo a una sorta di risveglio generale, in cui, anche a partire dalle nuove generazioni ma non solo, non si è più disposti ad accettare condizioni che mettano così tanto sotto pressione. La salute mentale, l'equilibrio tra vita personale e lavorativa, la necessità di ritagliarsi degli spazi di decompressione e self care sono tutti argomenti che si stanno pian piano diffondendo, instillando nella società l'idea che forse le cose potrebbero essere fatte diversamente.

Da ultimo, serve farlo ora perché è esattamente adesso che sta avvenendo in maniera massiva e inequivocabile un cambiamento epocale: la ridefinizione dei confini tra vita e lavoro. (p. 9)

Così come non è un caso che anche il boom delle grandi dimissioni sia avvenuto proprio dopo la pandemia che ha colpito il mondo nel 2020. Zanella, lucidamente, indaga le conseguenze che quella situazione ha avuto nel mondo lavorativo: scoperchiando un vaso di Pandora, pieno di tutto ciò che non andava, essa ha portato alla luce anche un nuovo modo di lavorare, prima impensabile, ovvero lo smart working.

Poi c'è stata la pandemia. E le divergenze sono diventate ancora più profonde, perché trasversali a diverse dimensioni della parola lavoro, e non più polarizzate secondo la tradizionale distinzione lavoratore/datore di lavoro. E da lì è crollata la diga, quella che frenava le persone dal dire - apertamente - che non trovavano più un senso in quello che facevano. (p. 15)

Questo evento ha di fatto segnato un prima e un dopo anche nel campo lavorativo, mettendo in atto un cambiamento epocale: per la prima volta si dava la precedenza al risultato piuttosto che alle ore effettive di lavoro. Questo ha portato una maggiore efficienza? Cosa ne è conseguito? Zanella indaga con attenzione il panorama aziendale e lo fa smontando uno per uno gli otto punti critici che ha individuato per inquadrare la situazione oggi, i quali vengono affrontati capitolo dopo capitolo:

Ho individuato otto punti critici a cui prestare particolare attenzione, perché da come ci poniamo di fronte a essi dipende la nostra felicità sul lavoro. Ciascuno ci indica un possibile sconfinamento tra vita e lavoro, ci pone davanti a una scelta fra ambito personale e professionale, ci chiede di volta in volta dove e come vogliamo tracciare quel confine. [...] Per rendere questi punti più riconoscibili nella nostra quotidianità, ho pensato a una frase tipica che li segnala. E che spesso rappresenta un campanello d'allarme. (p. 27)
1. "Io sono il mio lavoro." La questione identitaria;
2. "Siamo una grande famiglia," o anche "Mettiamo le persone al centro." La questione dei valori;
3. "#Ilovemyjob." La questione del significato che attribuiamo al lavoro;
4. "Siamo tutti utili ma nessuno è indispensabile," o "Ringrazia che hai un lavoro." La questione della felicità;
5. "Ha intenzione di fare figli?" o "Qui fuori ho la fila," "Mi hai messo in copia?" Le questioni dell'etica e del potere;
6. "Lei non è pagato per pensare, Lei è pagato per lavorare," o "Sai quanti ne trovo come te?" La questione della tecnologia;
7. "I problemi personali si lasciano a casa." La questione degli spazi;
8. "Oggi part time?" oppure "Scusa l'ora, hai un minuto?" La questione dei tempi.

Ovviamente questa non è la sede per procedere all'analisi di ogni punto che viene proposto dall'autrice, e vi invitiamo alla lettura del libro nella sua interezza: Basta lavorare così è un'opera che indaga con molta cura il mondo del lavoro di oggi, con uno sguardo attento e acuto. Un libro per certi versi illuminante e ricco di prospettive interessanti, sia per i datori di lavoro che per i dipendenti nonché per i liberi professionisti.


Valentina Zinnà