Il weekend del 12 e 13 aprile 2025 si è tenuta a Roma la prima edizione del festival itinerante del libro indipendente, “Staffette”, organizzato da un gruppo di case editrici indipendenti fieramente opposte alla tendenza e al modello regnanti nel panorama editoriale nazionale e internazionale. Un modello che esaspera la catena produttiva, puntando alla s-vendita dei libri e al disorientamento – quando non alla perdita totale della bussola – in quest’immensa galassia libraria. D’altronde, come è possibile orientarsi quando solo in Italia vengono pubblicati 85.000 libri all’anno, ovvero circa 233 libri al giorno [report dell’Associazione Italiana Editori]? Come capire dove investire tempo ed energie - già ridotte all’osso dalle logiche del lavoro capitalista per cui si vive per lavorare - per leggere, studiare ed essere cittadine e cittadini attivi nella società? E ancora, come riusciamo a farci andare bene un modello che, dando parola a tutte/i, inevitabilmente abbassa la qualità e il valore della letteratura, che dovrebbe invece servire proprio per sovvertire le logiche innaturali che ci troviamo ad abitare? Semplificando, potremmo dire che è un sistema che, fondandosi sul consumismo, sembra dimenticare i principi dell’umanesimo che ispirano la missione eminentemente culturale dell’editoria.
Staffette e le organizzatrici non si riconoscono in questo modello perché, citando il loro manifesto:
Siamo un gruppo di case editrici indipendenti che negli ultimi tre anni ha sollevato la voce contro un modello che non ci rappresenta. Con il nome di ‘Controfiera’ abbiamo scelto di criticare esplicitamente l’evento emblematico di questo modello, ossia Più Libri Più Liberi, la Fiera della Piccola e Media Editoria organizzata ogni anno a dicembre dall’Associazione Italiana degli Editori, per mettere luce su come l’idea di produrre sempre “più libri” non sia altro che un meccanismo distorto che fa della sovrapproduzione (oltre 80mila nuovi titoli pubblicati ogni anno) lo strumento attraverso cui ingrassare le tasche dei grandi gruppi editoriali, che in Italia controllano in modo monopolistico anche le catene di librerie e il settore della distribuzione. Quella in cui crediamo è invece la possibilità di un’editoria artigianale, che si contrapponga a questa logica industriale, in una dimensione produttiva orgogliosamente piccola. […] Ispirate dai libri staffetta, le copie che vengono inviate in anticipo, spesso imperfette ma fondamentali per la diffusione dei libri e dei progetti, e dalle staffette partigiane che hanno praticato la Resistenza.
Una presa di distanza forte, una rivendicazione politico-culturale del valore del lavoro connesso al Libro. Un coro di voci cui, al di là delle personali idee che ognuna di noi può avere e delle riflessioni che si possono fare sul vasto mondo dell’editoria, va riconosciuto il coraggio e la fermezza nell’opporsi in maniera decisa a un modello che non appartiene alla loro natura e da cui programmaticamente si svincolano.
Ideato dalle case editrici indipendenti Armillaria, Capovolte, Edicola Edizioni, effequ e partendo dalla forza delle battaglie comuni, il festival è stato coerentemente organizzato in un luogo che è proprio l’emblema delle lotte comuni, ovvero Lucha y Siesta, la casa delle donne sita nel VII Municipio romano. Due giorni all’insegna della cura, del tempo lento, del confronto e del dibattito che hanno occupato temi importanti (non solo letterari) che ora più che mai, nel panorama contemporaneo, necessitano di invadere lo spazio pubblico; riflessioni che si sono soffermate, ad esempio, sulla non neutralità della traduzione e sulle pratiche per sovvertire il colonialismo linguistico, nonché sulla rivendicazione del diritto al riposo e alla non performatività. E ancora si è parlato di come nascono i libri, delle riviste e della piccola editoria, della s-vendita dei libri di cui sopra. Tutti gli incontri sono stati molto partecipati – nonostante il derby e quella pioggia fastidiosa ché sarebbe meglio se venisse giù il diluvio – e le riflessioni e i confronti su queste tematiche resistenti sono partite da professioniste e professionisti del mondo editoriale come libraie e traduttori e dell’attivismo a tutto tondo.
E così, molte parole che spesso ci sembrano retoriche, nella verde (e viola) cornice di Lucha y siesta si sono materializzate con orgoglio ma senza presunzione. È stato rincuorante vedere con i propri occhi che un’editoria alternativa già r-esiste, di cui le sedici realtà editoriali indipendenti (più un collettivo di artisti e illustratori) presenti si sono fatte in quell’occasione portavoce, e altre occasioni verranno presto, perché la staffetta non si fermi mai. Nella speranza che questo sia solo il primo seme gettato affinché “fiori che rompono l’asfalto” siano sempre più numerosi e di ispirazione per un sistema che può e dovrebbe migliorare.
Lidia Tecchiati
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