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Uno Stato che va verso l’autodistruzione guidata dal proprio governo. “Il suicidio di Israele” della storica Anna Foa è un saggio critico e lucido sul conflitto mediorientale

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Il suicidio di Israele
di Anna Foa
Laterza, 4 ottobre 2024

pp. 104
€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)

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Il percorso di Israele appare sempre più come un vero e proprio suicidio. L’escalation del governo israeliano non si ferma e aggiunge ogni giorno nuovi morti nei bombardamenti, nuove violenze, nuove dichiarazioni provocatorie dei suoi ministri. Israele restituisce colpo su colpo. Ma è davvero questa la strategia vincente?
All’interno del dibattito sulla questione mediorientale, spicca la storica italiana, di origini ebraiche, Anna Foa, per la lucidità e la profondità delle sue analisi e per l’autorevolezza dei suoi studi sull’identità ebraica, la memoria collettiva e il conflitto israelo-palestinese. Classe 1944, la scrittrice ha insegnato Storia moderna all’Università La Sapienza di Roma e col suo libro dal titolo emblematico, Il suicidio di Israele, guarda con sgomento all’evoluzione della politica israeliana dopo i fatti del 7 ottobre 2023 e ci restituisce una disamina attenta, puntuale e dolorosa alla luce di una profonda consapevolezza storica e culturale.

Il focus del saggio è il tradimento oggi da parte di Israele dei propri valori fondativi. Secondo Foa, ebrea della Diaspora, lo stato israeliano va incontro all’autodistruzione:

Quello che succede oggi in Medio Oriente è per Israele un vero e proprio suicidio. Un suicidio guidato dal suo governo, contro cui – è vero – molti israeliani lottano con tutte le loro forze, senza tuttavia finora riuscire a fermarlo. E senza nessun aiuto, o quasi, da parte degli ebrei della diaspora.

Un suicidio che è non solo territoriale, poiché il governo Netanyahu attacca diversi stati confinanti e non solo (Libano, Siria, Iran) e la storica sostiene che Israele potrebbe non essere capace di combattere da solo questi nemici - c’è da dire però che Il suicidio di Israele è stato scritto prima della rielezione di Trump! -, ma si tratta anche di un suicidio etico e morale su più fronti. Il trauma dell’attentato del 7 ottobre quando Hamas ha attaccato Israele uccidendo civili e prendendo ostaggi è stato seguito da una reazione militare spropositata su Gaza, una reazione devastante che non accenna a fermarsi come sappiamo, nonostante il brevissimo cessate il fuoco. Questo momento rappresenta per Foa un punto di non ritorno nella storia del conflitto, non solo per lo stato israeliano, ma anche per l’identità ebraica nel mondo.

Il libro è suddiviso in quattro capitoli: nel primo, La storia, Foa esamina l’evoluzione del sionismo, dalle origini fino alle trasformazioni recenti evidenziando quanto il movimento non sia un fenomeno monolitico, ma presenta diverse sfumature riconducibili a due linee principali di pensiero. Il sionismo religioso, quello più intransigente non riconosce nessun diritto ai palestinesi, visti come intrusi nella loro Terra Promessa, si affianca al sionismo laico che invece è più orientato a una soluzione politica conciliante tra ebrei e palestinesi. Negli ultimi anni ha preso piede il sionismo ultrareligioso che ha reso sempre più difficile, insieme all’estremismo di Hamas, il raggiungimento di una pacifica convivenza in un unico Stato. Il trauma del 7 ottobre 2023 e la devastazione di Gaza sono una pagina nera della storia del Medioriente e non solo di quell’area geografica, tanto che la storica a un certo punto del saggio afferma che

[...] Dopo questa terribile esplosione di odio la strada non dico per la pace ma per una semplice convivenza è lunga. Le ferite devono rimarginarsi, quello che è stato distrutto deve almeno iniziare ad essere ricostruito. Netanyahu e il suo governo devono pagare non solo per quello che hanno fatto ai palestinesi di Gaza, ma anche per quello che la loro politica ha comportato per la stessa Israele. Gli israeliani dovranno trattare con Hamas, colpevole della terribile strage del 7 ottobre, ma i palestinesi dovranno trattare con chi è colpevole di aver distrutto le loro case e ucciso le loro famiglie. Non possiamo dare per scontato che l’odio lasciato da tutti questi traumi cesserà un giorno. Ma non ci sono altre strade che questa.

Nel capitolo dedicato a L’identità l'autrice mette in evidenza quali siano i principali pilastri su sui si basano oggi l’identità ebraica e quella palestinese, pilastri che sono stati influenzati da determinati eventi storici significativi che Foa con competenza e grande capacità di analisi riporta nelle pagine che si leggono con scorrevolezza: la Shoah per gli ebrei e la Nakba (in arabo catastrofe) per i palestinesi. Nel racconto storico Anna Foa non manca di discutere le opportunità mancate e gli ostacoli che hanno impedito il raggiungimento della pace tra le due parti e termina il saggio con il capitolo che dà il titolo al libro. In questa ultima sezione la studiosa riflette sulle scelte politiche attuali del governo israeliano, uno dei governi più contestati della storia del Paese, che sta avvicinando Israele a un regime antidemocratico. Israele si vanta di essere l’unica democrazia del Medioriente. Ma siamo sicuri?

l’unica democrazia del Medio Oriente, ma che non esita a colpire vecchi e bambini per uccidere un solo capo di Hamas. Un capo che sarà sostituito da un altro dopo pochi giorni. E gli ebrei del mondo, di quella diaspora che si riempie la bocca e la mente di etica ebraica e di pensiero ebraico, come possono accettarlo senza reagire? Come possono parlare solo dell’antisemitismo senza guardare a ciò che in questo momento lo fa divampare, la guerra di Gaza?

L’antisemitismo è un altro tema centrale di tutto il saggio. La nostra sottolinea in più occasioni che antisemitismo e antisionismo non sono sovrapponibili e rifiuta categoricamente l’idea che criticare Israele o il sionismo significhi essere antisemiti. La posizione della storica è onesta, chiara, lucida soprattutto, in un contesto dove la critica a Israele è spesso immediatamente etichettata come antisemita. Foa spiega che l’antisemitismo è il pregiudizio e l’odio nei confronti degli ebrei in quanto ebrei, esso ha radici storiche molto più profonde e si manifesta in atti di violenza, discriminazione e odio sistemico. 

L’autrice sottolinea perciò che non si può giustificare l’antisemitismo sotto la maschera della critica politica, ma allo stesso tempo, criticare le politiche del governo israeliano non implica odio verso il popolo ebraico nel suo complesso. Non è tuttavia remoto il pericolo che l’antisionismo radicale possa, in alcuni casi, sfociare in antisemitismo

Il punto cruciale di tutto il saggio però rimane la distanza tra i valori fondativi di Israele e la sua politica attuale. Foa denuncia questo “tradimento” delle origini e basa il suo discorso sul fatto che Israele stia abbandonando l’etica della giustizia e della convivenza pacifica, lasciandosi guidare invece dalla violenza indiscriminata e dalla disumanizzazione dei palestinesi. La condizione di vittimismo e la percezione ebraica di sentirsi sempre in pericolo nel mondo ha spinto Israele a chiudersi in una visione esclusiva (Israele sembra sollecitare questa sua solitudine, secondo la storica) e militarista che è inaccettabile e rischia di distruggere lo stesso Stato e il suo sogno sionista. L’unica strada possibile, anche se adesso è troppo lontana dalla portata di entrambe le parti, secondo Anna Foa è porre fine all’occupazione illegale dei territori della Cisgiordania (West Bank) e la creazione di un (nuovo) Stato di Israele basato sul rispetto dei diritti dei palestinesi e sulla parità di trattamento di ebrei e palestinesi. 

Consiglio la lettura de Il suicidio di Israele per l’approccio scorrevole e accessibile, capace di trattare con chiarezza un tema di grande complessità come il conflitto israelo-palestinese. Pur mantenendo un solido rigore storiografico, la storica rinuncia a ogni forma di pedanteria accademica, preferendo un linguaggio limpido, essenziale e discorsivo. La storica conduce il lettore con mano ferma attraverso i nodi storici, politici e identitari che attraversano lo Stato di Israele e la questione palestinese, senza mai appesantire la narrazione con tecnicismi inutili. Il lavoro è riflessivo, sobrio e mai ideologico: l’autrice prende posizione, ma lo fa sempre con argomentazioni fondate, tenendo conto della complessità della realtà storica e culturale. Il risultato è una scrittura che unisce chiarezza espositiva e profondità analitica, capace di parlare tanto a un pubblico colto quanto a lettori motivati che desiderano avvicinarsi con serietà a una delle questioni geopolitiche più drammatiche del nostro tempo.

Marianna Inserra