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Il barone rampante

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Il barone rampante
di Italo Calvino
Milano, Mondadori, 2006

pg. 263

Nel 1956 Calvino ha un’ idea: un ragazzo sale sugli alberi e lì decide di vivere tutta la sua vita. Calvino stesso dice che “Il barone rampante” è lo sviluppo radicale di questa idea, fino alle estreme conseguenze. Il romanzo inizia così: Fu il 15 giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ ultima volta in mezzo a noi. Cosimo, il figlio dodicenne del barone di Rondò, decide di non obbedire al padre, di non mangiare un piatto di lumache, e di salire su un albero. Non scenderà più da quei rami, ma tra querce, ontani e lecci si costruirà un mondo, entrerà nel ritmo vitale della Natura, che si ripete sempre identico e sempre vivo, in una lotta con esso, che è scoperta di un mondo altro, non-umano, autonomo e libero, fatto di cinguettii e di freddo, di neve, di bestie notturne, di colori, di varietà infinita di foglie, di odori, di paesaggi, sacrificherà ad esso il mondo degli uomini, eppure, forse solo da quelle altezze in maniera autentica, vivrà il mondo degli uomini, perché egli non può immergersi tra gli uomini, o meglio, nell’ umanità, se non da una certa distanza da essi, cioè da un luogo critico, da un luogo riflesso, che è lontananza, cioè disprezzo per tutta quella dimensione umana di viltà, meschinità ed accidente, ma anche vicinanza, sentimento di fratellanza con gli uomini, volontà di fiducia nelle possibilità di apertura degli uomini, nelle possibilità di condivisione di un Bene comune. Ma quella di Cosimo non è una ribellione estemporanea, dettata da un piatto di lumache, ma una lotta che cova lungamente nel suo animo, che si scontra contro le imposizioni e le autorità di una famiglia che pure egli ama, è una scelta di vita. Ma questa ribellione è anche una prova d’ amore. Per una ragazza capricciosa e imprevedibile che gioca in un giardino dalle piante esotiche e sconosciute, che cavalca un cavallo bianco, che scherza con le bande di monelli straccioni che girano per gli orti in cerca di frutta, e che la nobiltà ha imparato a disprezzare. Ciò che gli Altri chiamano “perdersi” è il nostro tentativo di trovare la strada, di vivere una vita autentica, non irreggimentata. Solo la vita di Cosimo pare essere autentica. Non quella del padre barone, dispersa in mille inutili contese per titoli nobiliari, non quella dell’ Abate giansenista, incapace di incidere con tutta la sua filosofia sul mondo, portatore di una filosofia vuota, che è solo vaneggio ed apatia nei confronti del mondo, non quella del fratello Biagio, moderata e costretta nei vincoli imposti dalla società. Ma quanto bisogna perdere per vivere una vita autentica, fino a quanto oltre il rischio di scalare il cielo può portare? Chi vive all’ incrocio dei venti è bruciato vivo (F. De Gregari). Il romanzo è riferibile ad una pluralità di generi letterari. È romanzo di formazione, che riecheggia “Le confessioni di un italiano” di Nievo, sia nell’ ambiente storico, che nei personaggi, è romanzo di avventura, è fiaba allegorica. È romanzo filosofico non solo perché Cosimo è il prototipo di uomo illuminista, aperto all’ innovazione, realista e filantropo, né perché il protagonista, appassionato di letture illuministiche, intrattenga rapporti con figure filosofiche dell’ epoca, come Rousseau e Voltaire, ma soprattutto perché la scelta stessa della distanza dagli uomini per essere nel mondo degli uomini, è la mossa propria del pensiero, che si allontana, si riflette, per dispiegarsi. Nel romanzo si riverberano anche le condizioni della vita di Calvino. L’ autore, dopo i fatti d’ Ungheria, decide di uscire dal Pci, e molte frasi del romanzo sono assimilabili ad una riflessione circa le modalità di partecipazione attiva del singolo uomo nel movimento della Storia. Il romanzo ha una capacità di intrecciare una serie di temi, di generi, di riflessioni, in una rete che è solo all’ apparenza semplice, e che, nella misura in cui questa semplicità, scorrevolezza di lettura,è strumento capace di mantenere viva l’ attenzione del lettore, di farlo sorridere e divertire, rivela la propria eccezionalità e grandezza.