Da sinistra: Roberto Cicala e Sebastiano Vassalli |
Sebastiano Vassalli è stato ospite del Collegio S. Caterina (Pavia) e ha parlato del suo nuovo romanzo Le due chiese (Einaudi, 2010).
Lo ha introdotto Roberto Cicala.
Sebastiano Vassalli non è uno di quegli scrittori che amano trasformare gli incontri in battage pubblicitario delle proprie opere, né, d'altra parte, ce ne sarebbe bisogno. Conosciuto a livello internazionale per i suoi romanzi, dalla celeberrima storia dell'orfana della Chimera ai bellissimi Marco e Mattio, La notte della cometa, Stella avvelenata, Un infinito numero... Romanzi in cui lo scrittore parte da eventi o personaggi storici per la sua narrazione, lenta e minuziosa, spesso sottovoce. E anche l'ultima fatica, Le due chiese, vive di di piccoli e grandi fatti legati alle guerre mondiali. Alla base di questa indagine storica, vi è la convinzione che
le vicende del passato interessano in funzione di quanto si vive nel presente.
E' un Vassalli piuttosto diffidente quello che risponde scetticamente alla domanda di Cicala sul ruolo del paesaggio nei suoi libri. Non che fosse una domanda facile, s'intende, soprattutto in apertura di una chiacchierata che voleva essere piuttosto informale e dedicata agli studenti presenti del master in Editoria.
Ma il primo momento di freddezza è stato prontamente superato, appena Vassalli si è lasciato andare a riflessioni sul mondo dell'editoria, colto nella sua concretezza (e nel suo materialismo) che segue le leggi del mercato. L'autore ha confessato poi di non amare le presentazioni librarie, né i premi letterari: dopo i primi tempi di 'gavetta', se ne è sottratto. E basta la prima mezz'ora di conversazione per capire che determinante per queste decisioni è stata la gelosa riservatezza di Vassalli. Nessuno snobismo, quindi, ma una nobile aspirazione:
Vorrei che il libro diventasse una sorta di individuo che cammina da solo e che si affermi nel tempo. Non mi interessa vendere 500.000 copie in poco tempo; preferisco che l'opera resista al tempo...
Una vittoria in questo senso è la già citata Chimera, romanzo storico scritto quando Vassalli era ancora un emergente. Durante il pomeriggio pavese, l'autore ricorda vari episodi collegati al libro ormai celeberrimo (e spesso adottato nelle scuole): ad esempio, racconta che nessuno aveva puntato su di lui all'Einaudi. Proprio per questo gli permisero di scegliere per la copertina l'acquarello dell'amico pittore Giuliano della Casa: credevano che al massimo avrebbe venduto un migliaio di copie.
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Ormai la conversazione era distesa e il tono confidenziale: Vassalli ha raccontato vari episodi legati all'ideazione e alla stesura di Marco e Mattio, a cominciare da un'insolita telefonata di un cameriere veneziano che, mesi dopo l'uscita del libro, avvisò lo scrittore di un errore topografico e, per convincerlo, gli spedì la mappa catastale di una zona di Venezia!
La piacevole atmosfera ha quindi contribuito a sciogliere le ritrosie del pubblico, e ha spinto numerose persone a porre domande e ad appagare semplici curiosità.
Tra gli interrogativi più insidiosi, il dubbio di un ragazzo sull'iter lavorativo dello scrittore. Vassalli, dopo un primo discorso piuttosto generico sulla ricerca delle fonti e dell'elaborazione della storia (di cui bisogna innamorarsi), ha confessato che la scrittura è il momento peggiore, perché
la storia può non arrivare viva.
Un rischio inevitabile, dunque, da compiere, che porta con sé molta sofferenza. Per questo Vassalli non crede affatto che siano scrittori coloro che commentano di essersi divertiti un mondo a stendere la propria opera. Anzi, sposa la risposta che Marguerite Yourcenar ha dato a una domanda simile: "Si consuma molta carta", concetto che riassume nella sua geniale fermezza la difficoltà del percorso di stesura e di labor limae.
Se già verso i prosatori Vassalli s'era mostrato critico, verso i poeti si è professato quasi agnostico, citando il pensiero crociano secondo cui i veri poeti sono molti meno di quelli normalmente antologizzati. Proprio per questo ha ironizzato (piuttosto amaramente) che il mondo è pieno di poetastri che non mancano di professarsi lirici, senza cautele. E sul suo viso è nato un sorriso quando ha confessato di ripetere spesso che è molto meglio non essere poeti, perché chi lo è davvero vive senza serenità... Frase a doppio taglio, che rivela lo spirito sottile e pungente dello scrittore, che, come giustamente ha definito Cicala, non si inserisce nella "tradizione", ovvero nelle mode degli ultimi anni, ma si tiene anche nello stile originalmente lontano da qualunque omologazione.
GMG
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