di Margaret Mazzantini
Mondadori, Milano 2011
€19.00
pp. 189
Dopo tre anni dal successo di Venuto al mondo e una decina dal successo di pubblico e di critica di Non ti muovere, esce l'atteso Nessuno si salva da solo. Forse troppe aspettative erano incollate alla copertina del nuovo romanzo - già bestseller -: si aspettava il consueto mordente di Margaret Mazzantini, la sua capacità di incidere a fondo nella memoria scene e impressioni, aggettivi e verbi. In quest'opera, però, l'emozione sottopelle viene pugnalata dal bisturi del pathos a tutti i costi, della violenza verbale e situazionale. Il romanzo gronda frustrazione e delusione, e poi la urla, a tratti dimentico del lettore, altrove fin troppo conscio.
Questi strappi si riflettono nella stessa struttura narrativa, discontinua e tuttavia inesorabile fino a una conclusione aperta: i protagonisti, Delia e Gaetano, si trovano a un tavolo di ristorante a discutere sulla fine del loro matrimonio. Proprio loro, che al ristorante non c'erano quasi mai andati, a cui bastavano compagnie impreviste in casa e cene improvvisate, per essere felici.
Frammenti di flashback intervallano disordinatamente le pietanze e le battute rabbiose del presente: sono i ricordi, che guarniscono d'agrodolce l'attuale odio (ma sarà davvero odio?) di Delia e la frustrazione malinconica di Gaetano. I primi giorni della relazione, l'amore rubato nello studio di nutrizionista di lei, la continua sorpresa del primo accucciarsi l'uno nell'altra, la tenerezza e il rispecchiamento nei due figli Cosmo e Nico,... Ma poi anche le sceneggiature svalutanti tra canne anestetiche e accessi d'ira di lui, il disfattismo aggressivo di Delia, le accuse reciproche, il desiderio confessato di liberarsi dei figli e di ritrovare la precedente libertà,... Momenti di cattiveria, aggressività e masochismo come questi occupano la metà indigesta del piatto, forse più della metà; frammenti sempre svelti, magistralmente architettati dall'autrice, qualche volta forzati, perché costruiti alla continua ricerca d'effetto sul lettore.
Allo stesso modo, la sana curiosità che spinge il lettore a seguire i rimbalzi - tra il presente demistificato e il passato colmo di vita vissuta dei protagonisti - a tratti è messa a dura prova: se le situazioni non sono più forti di altre raccontate in Non ti muovere, il lessico senza dubbio è cambiato, sperimenta l'abbrutimento della forma, il turpiloquio frequente (troppo), e ci si muove tra continui "scopare", "rompere le palle", "che cazzo dici?", "Che ci frega", ecc., ben oltre la verosimiglianza. Cercando nel libro episodi da citare, frasi piacevoli da ricordare, mi sono accorta di quanto si fatichi a trovarne di perfettamente costruite e, in qualche misura, memorabili o icastiche.
Inoltre, solo nella seconda metà del romanzo si infilano possibili aperture: per molte pagine, si respira l'aria stantia del romanzo a tesi. Fortunatamente, l'autrice si sottrae in tempo a questa minaccia, e con una certa decisione.
Un aspetto molto interessante - forse da approfondire ulteriormente? - è il confronto che Delia e Gaetano operano nei confronti di una coppia di vecchi coniugi, avventori dello stesso ristorante, immagine di intesa perfetta e di equilibrio consolidato. Il contatto con i due - da cui dipenderà il titolo Nessuno si salva da solo, per ragioni che non intendo anticipare - è motivo di riflessione, nonché per riconsiderare la propria serata e gli ultimi anni insieme.
Se il bilancio non è negativo, di certo non aggiungerò questo romanzo alle mie possibili riletture, né ai volumi da portare con me di trasloco in trasloco. Peccato, peccato davvero...
Gloria M. Ghioni
Questi strappi si riflettono nella stessa struttura narrativa, discontinua e tuttavia inesorabile fino a una conclusione aperta: i protagonisti, Delia e Gaetano, si trovano a un tavolo di ristorante a discutere sulla fine del loro matrimonio. Proprio loro, che al ristorante non c'erano quasi mai andati, a cui bastavano compagnie impreviste in casa e cene improvvisate, per essere felici.
Frammenti di flashback intervallano disordinatamente le pietanze e le battute rabbiose del presente: sono i ricordi, che guarniscono d'agrodolce l'attuale odio (ma sarà davvero odio?) di Delia e la frustrazione malinconica di Gaetano. I primi giorni della relazione, l'amore rubato nello studio di nutrizionista di lei, la continua sorpresa del primo accucciarsi l'uno nell'altra, la tenerezza e il rispecchiamento nei due figli Cosmo e Nico,... Ma poi anche le sceneggiature svalutanti tra canne anestetiche e accessi d'ira di lui, il disfattismo aggressivo di Delia, le accuse reciproche, il desiderio confessato di liberarsi dei figli e di ritrovare la precedente libertà,... Momenti di cattiveria, aggressività e masochismo come questi occupano la metà indigesta del piatto, forse più della metà; frammenti sempre svelti, magistralmente architettati dall'autrice, qualche volta forzati, perché costruiti alla continua ricerca d'effetto sul lettore.
Allo stesso modo, la sana curiosità che spinge il lettore a seguire i rimbalzi - tra il presente demistificato e il passato colmo di vita vissuta dei protagonisti - a tratti è messa a dura prova: se le situazioni non sono più forti di altre raccontate in Non ti muovere, il lessico senza dubbio è cambiato, sperimenta l'abbrutimento della forma, il turpiloquio frequente (troppo), e ci si muove tra continui "scopare", "rompere le palle", "che cazzo dici?", "Che ci frega", ecc., ben oltre la verosimiglianza. Cercando nel libro episodi da citare, frasi piacevoli da ricordare, mi sono accorta di quanto si fatichi a trovarne di perfettamente costruite e, in qualche misura, memorabili o icastiche.
Inoltre, solo nella seconda metà del romanzo si infilano possibili aperture: per molte pagine, si respira l'aria stantia del romanzo a tesi. Fortunatamente, l'autrice si sottrae in tempo a questa minaccia, e con una certa decisione.
Un aspetto molto interessante - forse da approfondire ulteriormente? - è il confronto che Delia e Gaetano operano nei confronti di una coppia di vecchi coniugi, avventori dello stesso ristorante, immagine di intesa perfetta e di equilibrio consolidato. Il contatto con i due - da cui dipenderà il titolo Nessuno si salva da solo, per ragioni che non intendo anticipare - è motivo di riflessione, nonché per riconsiderare la propria serata e gli ultimi anni insieme.
Se il bilancio non è negativo, di certo non aggiungerò questo romanzo alle mie possibili riletture, né ai volumi da portare con me di trasloco in trasloco. Peccato, peccato davvero...
Gloria M. Ghioni
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