di Elio Vittorini
Bompiani Tascabili, Milano 1976
pp. 455
1^ edizione: 1957
2^ edizione: 1970
Riuscire a scrivere è certo riuscire ad avere il piacere di scrivere. È non avere diffidenze col proprio scrivere. È non avere da preoccuparsi di fare i conti e fare il ragioniere con le cose di cui si scrive. È potersi abbandonare alla cosa che si ha dentro, e a tutto il suo sole, ma insieme a tutta la sua ombra.Non dico, naturalmente, che il segreto di scrivere consista nel procurarsi le condizioni per scrivere con piacere. Si tratta di un problema un po’ più complicato. Si tratta anche di intendersi sulla parola “piacere”. (gennaio 1948, pp. 340-341, prefazione al Garofano rosso)
Secondo quanto indica Vittorini nell'avvertenza, il diario è stato scritto sprazzi e interruzioni, senza una continuità da grafomane, e raccoglie materiali che vanno dal 1929 al 1956, anno prima della pubblicazione. Anche se oltre tre quarti dei contenuti sono già apparsi in rivista, la revisione dell'autore e il nuovo montaggio rendono il tutto inedito, e degno di attenzione. Come si precisa nell'Introduzione, infatti, il Diario in pubblico, così revisionato, assume la straordinaria struttura di un
La seconda edizione, uscita a distanza di anni (1970), porta con sé cambiamenti e aggiunte che, secondo molti critici, snaturano la struttura originaria. Dunque, ho scelto per la mia lettura la ristampa milanese per Bompiani del 1976, che ripropone la prima edizione.
Fin dalle prime pagine, il lettore si accorge di avere a che fare con un Vittorini-giornalista e critico, lontano dalle pagine liriche dei suoi Uomini e no o Conversazione in Sicilia. Si ritrova invece il Vittorini militante del "Bargello" e di "Solaria", e del ben più rivoluzionario "Politecnico". L'esperienza di fine osservatore del reale e conoscitore di letteratura regala ancora oggi esempi di grande scrittura e, soprattutto, di grande pensiero, senza inutili giri di parole.
Sconvolge positivamente la lungimiranza e la preveggenza dell'intellettuale acuto, in grado di individuare i germi della società contemporanea, nonché di immaginarne i tortuosi cammini futuri:
La stessa sincera attenzione viene dedicata alla letteratura, esaminata e ammirata (questo, soprattutto) da molteplici punti di vista, interessandosi di letteratura italiana (importanti le riflessioni sul regionalismo), europea (come non ricordare gli interventi sull'autobiografia e, in particolare, su Proust?), aprendosi poi all'amata letteratura americana (tra i tanti, Faulkner, Hemingway, Twain), e al suo studio ampio e approfondito. Le scoperte di autori e libri americani riflettono il gusto finissimo di Vittorini, che ha diretto con Calvino la collana dei "Gettoni" einaudiani, collana dedicata alle nuove proposte.
Per quanto Vittorini colga la portata innovativa - e a tratti eversiva - della letteratura contemporanea americana, vi è sempre la convinzione che la letteratura abbatta i confini:
Gloria M. Ghioni
"romanzo di idee [...] di un intellettuale italiano in lotta, a dispetto della propria stessa inclinazione al lirismo e alla felicità, per la ridondazione di un rapporto difficile, quasi impossibile, se non addirittura proibito fra letteratura che non cambia e realtà che cambia".
Fin dalle prime pagine, il lettore si accorge di avere a che fare con un Vittorini-giornalista e critico, lontano dalle pagine liriche dei suoi Uomini e no o Conversazione in Sicilia. Si ritrova invece il Vittorini militante del "Bargello" e di "Solaria", e del ben più rivoluzionario "Politecnico". L'esperienza di fine osservatore del reale e conoscitore di letteratura regala ancora oggi esempi di grande scrittura e, soprattutto, di grande pensiero, senza inutili giri di parole.
Sconvolge positivamente la lungimiranza e la preveggenza dell'intellettuale acuto, in grado di individuare i germi della società contemporanea, nonché di immaginarne i tortuosi cammini futuri:
Anche i fenomeni di cronaca sono esaminati con un piglio critico invidiabile: consiglio perlomeno la lettura delle pagine dedicate al legame tra autobiografia e guerra, ma anche le attente analisi della società del dopoguerra:Ogni generazione letteraria ha bisogno di una critica che esca dalla sua stessa covata, e che le sia contemporanea, che le sia congeniale. Solo l'incitamento e il dileggio continuo dei nostri coetanei può farci aprire gli occhi sulle nostre reali possibilità e sui nostri difetti, sui nostri limiti. («La fiera letteraria», n. 36, agosto 1952)
“Importanza dell’autobiografia”. - In Italia si ha bisogno di autobiografia. Né il saggio storico né la letteratura creativa possono adempiere al compito di registrare i mutamenti cellulari della storia in seno alla vita privata. Resta l’autobiografia esplicita a poterlo svolgere […].(Giugno 1952, p. 340; nei Gettoni, n. 12, Raul Lunardi, Diario di un soldato semplice, Einaudi, 1952)
La stessa sincera attenzione viene dedicata alla letteratura, esaminata e ammirata (questo, soprattutto) da molteplici punti di vista, interessandosi di letteratura italiana (importanti le riflessioni sul regionalismo), europea (come non ricordare gli interventi sull'autobiografia e, in particolare, su Proust?), aprendosi poi all'amata letteratura americana (tra i tanti, Faulkner, Hemingway, Twain), e al suo studio ampio e approfondito. Le scoperte di autori e libri americani riflettono il gusto finissimo di Vittorini, che ha diretto con Calvino la collana dei "Gettoni" einaudiani, collana dedicata alle nuove proposte.
Per quanto Vittorini colga la portata innovativa - e a tratti eversiva - della letteratura contemporanea americana, vi è sempre la convinzione che la letteratura abbatta i confini:
Ancora straordinario ai giorni nostri, invecchiato nella botte di rovere che sempre si riserva ai classici, Diario in pubblico garantisce un diario che sfugge dall'egotismo sfrenato dell'autobiografo narcisista egocentrato, per dedicarsi appieno alla finalità documentaria, d'opinione e saggistica. Il tutto, con la decisa cautela di una mente finissima, e lo stile di uno scrittore di talento.Entrate dove c'è un poeta, che sia grande, e subito vedete che il problema di un paese non ha più confini precisi, diventa un problema di tutto il mondo. Leggiamo Hoelderlin, pur vecchio di un secolo e mezzo, e la Germania ci viene a cuore come il nostro paese stesso... («Il Politecnico», n. 33-34, sett. 1946)
Gloria M. Ghioni
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