di Maria Carla Fruttero
Mondadori, 2013
pp. 264
cartaceo € 18
e-book € 9,90
In esclusiva per CriticaLetteraria, presto Maria Carla Fruttero sarò ospite del nostro Salotto. Nel frattempo, ecco una lettura di La mia vita con papà:
Mi sono accorta che raccontare di te, di noi e del nostro privato era forse l'unico modo per non dimenticare, per lasciarti andare. (7)L'autobiografia è tornata di moda, si sa, ma quella di Maria Carla Fruttero ha qualcosa di raro. Non solo il fatto che si parli di un padre straordinario, ricordato dalla letteratura per aver reinventato con Lucentini il giallo-noir all'italiana. No, La mia vita con papà è una commossa e personalissima rievocazione di quanto i ricordi non muoiano, e di come l'amore familiare non si esaurisca con la morte. Non si tratta solo di un omaggio al padre scomparso lo scorso anno, ma di un rileggere la propria vita in nome di un tenero e mai stucchevole rapporto padre-figlia. Da una richiesta esplicita di Carlo Fruttero nasce questo intreccio di biografia e autobiografia:
"[...] Nessuna biografia. Ci penserà Carlotta, quando sarò morto. "La mia vita con papà" la scriverà lei. Dopo questo basta, ho già scritto tutto". (160)
Per fare dei ricordi narrazione, Maria Carla sceglie di intersecare più piani temporali: la quotidianità del presente senza papà e il passato raccontato cronologicamente, intervallando qui e là la narrazione con fotoriproduzioni delle lettere che Carlo Fruttero inviava alla figlioletta. Questa scelta molto efficace permette al lettore di conoscere un Carlo Fruttero nel suo privato: l'affetto delicato e giocoso per Maria Carla e per la sorella Federica, le sue frequentazioni più o meno famose (filtrate dagli occhi di una Maria Carla bambina e commentati dalla Maria Carla adulta), l'amore e le attenzioni per la moglie durante la malattia,... E, soprattutto, si scoprono le abitudini e i piccoli vizi di scrittura della coppia indimenticata Fruttero-Lucentini:
Vi si trovano la precisione e la serietà del lavoro, le fasi di scrittura con il cappello in testa (segno di riconoscimento per non essere disturbati), le pause in cucina per un tè, le revisioni stancanti, ma anche le reazioni alla pubblicazione di questo o alla ricezione di quell'altro romanzo... La scrittura per Fruttero è una "salvezza, una specie di dimensione parallela, quasi schizofrenica, che gli permetteva di mantenere un equilibrio costante e di non perdere ottimismo e sense of humour, ingredienti indispensabili per guardare le cose con distacco" (118). E poi c'è anche un altro tipo di ricezione, molto più particolare: le conseguenze, per Maria Carla, di avere un padre scrittore, ovvero le aspettative altissime degli insegnanti di italiano, le chiacchiere dopo le ospitate televisive di Fruttero-Lucentini, ... Bellissime le pagine in cui la giovanissima Maria Carla, per punizione costretta a seguire papà e Franco (Lucentini) in ritiro di scrittura in montagna, fa da dattilografa e da "cavia" per verificare se una scena è efficace o da riscrivere.
I due si rinchiudevano nello studio e passavano i pomeriggi a pensare, scrivere, discutere. Potevano soffermarsi ore sulla scelta di un aggettivo, mentre riuscivano a costruire la struttura del capitolo in pochissimo tempo. (76-77)
Vi si trovano la precisione e la serietà del lavoro, le fasi di scrittura con il cappello in testa (segno di riconoscimento per non essere disturbati), le pause in cucina per un tè, le revisioni stancanti, ma anche le reazioni alla pubblicazione di questo o alla ricezione di quell'altro romanzo... La scrittura per Fruttero è una "salvezza, una specie di dimensione parallela, quasi schizofrenica, che gli permetteva di mantenere un equilibrio costante e di non perdere ottimismo e sense of humour, ingredienti indispensabili per guardare le cose con distacco" (118). E poi c'è anche un altro tipo di ricezione, molto più particolare: le conseguenze, per Maria Carla, di avere un padre scrittore, ovvero le aspettative altissime degli insegnanti di italiano, le chiacchiere dopo le ospitate televisive di Fruttero-Lucentini, ... Bellissime le pagine in cui la giovanissima Maria Carla, per punizione costretta a seguire papà e Franco (Lucentini) in ritiro di scrittura in montagna, fa da dattilografa e da "cavia" per verificare se una scena è efficace o da riscrivere.
Intanto, Maria Carla cresce, cerca di affrancare sé stessa attraverso le fasi fondamentali dell'adolescetenza e della vita adulta, ma l'amore per papà non viene mai meno. Non meraviglia quanto conti l'ottimismo di Carlo Fruttero, quell'ironia che non abbandonerà per tutta la vita, neanche negli anni di debilitazione fisica:
Lui viveva gli attimi, il presente. Se c'era un problema si affrontava al momento, se si riusciva a risolvere bene, altrimenti pace. Nella vita conta solo il modo in cui ti poni di fronte alle circostanze, più è distaccato, positivo, ironico, leggero, meglio è per tutti, ma soprattutto per te. (78)
Al di là dell'indiscutibile piacevolezza e della curiosità dell'opera, è raro trovare tanta generosità da parte di un autore: Maria Carla non è una narratrice egoista, e condivide il ruolo di protagonista con il padre. Chissà, forse la scrittura a quattro mani è uno straordinario vizio di famiglia, e la penna di Carla, in questo suo primo libro, è metaforicamente sostenuta dalla mano di papà...
Gloria M. Ghioni
Mi piace ricordare la lucida ironia di Carlo Fruttero alla Premiazione del Campiello 2007, serata rivissuta e narrata anche in La mia vita con papà:
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