di Eduardo Savarese
Edizioni e/o, 2012
€ 16
pp. 192
Pensa a tutte le cose che rimangono compresse dentro di noi, a tutto il tessuto della memoria che ci rimane bloccato in gola senza che troviamo mai il coraggio di sputarlo fuori. (139)
Va detto: il Premio Calvino in questi anni sta segnalando dei libri veramente degni di vittoria. Rientra tra questi L'amore assente, romanzo da cui si sarebbe sviluppato Non passare per il sangue. I due titoli sono quanto mai appropriati ma delineano temi diversi, e partirei proprio da qui. La prima scelta premiava l'amore, forzatamente assente: il romanzo si apre, infatti, con Luca, di congedo dalla guerra in Afghanistan per portare alla famiglia di Marcello la valigetta con i suoi ricordi. E Marcello è l'amore assente di Luca, nonché il protagonista assente del romanzo.
Con il secondo titolo, la prospettiva si amplia: riproposizione imperativa, memento mori più o meno soffuso, o semplice constatazione, Non passare per il sangue sposta il fuoco su tutti i personaggi. Oltre a Marcello, rapito e trucidato in una missione suicida, e a Luca, che fatica a riprendersi dalla perdita, anche i famigliari dell'ucciso: la nonna greca Agar e, in penombra, la madre Sofia. La nonna è vera coprotagonista, e non a caso è proprio lei a parlare con Luca del "passare per il sangue": tutta la sua vita è macchiata da segreti che si riveleranno nel corso del libro, colpe mascherate dall'indomita fierezza e dall'orgoglio inesausto della donna, testarda nel ribadire la disgrazia dell'omosessualità di Marcello (prima solo ipotizzata e ora confermata da Luca).
L'incontro tra Agar e Luca, vero motore dell'azione e della ricostruzione analettica, non è solo funzionale alla ricostruzione della morte di Marcello, né lo scambio di ricordi, foto e aneddoti vuole superare il trauma della perdita. Il trauma c'è, e l'intera premessa del romanzo è prenderne atto, ammettere lo strazio. Così i personaggi, nel loro cammino, si mettono reciprocamente a nudo, con le difficoltà che questo comporta:
È un sollievo poter stare qualche ora da solo senza dover ascoltare Agar, senza dover parlare, senza dover rispondere alle sue domande con la paura di non essere all'altezza del compito. Essere all'altezza del compito è una cosa che gli viene naturale di solito, senza stare tanto a pensarci. (41)
Luca costringe Agar «a tenere ben strette tra le mani le fila del passato» (53), e nel passato non c'è solo Marcello, ma anche la sua storia d'amore naufragata con il padre di Sofia, c'è la tubercolosi di quando era adolescente, come c'è il tema problematico della maternità. Passare per il sangue, infatti, non è solo rimando alla morte, ma anche alla nascita; o, potremmo aggiungere, alla scoperta che «devi consumare la carne in qualche modo» (103).
Non sorprende allora che i sentimenti siano continuamente rimescolati, come anche le situazioni: amore e morte, seduzione e guerra si riflettono, ad esempio, nella frase
Ha il fiatone, il cuore gli batte a mille, come se avesse sventato un attentato terroristico. (97)
E così, non molto diversamente da quanto Paolo Giordano avrebbe scritto un paio d'anni dopo nel suo Corpo umano, la guerra è spesso alibi dietro cui nascondersi, pretesto per cercare di risolvere nell'esperienza dell'estremo problemi interiori ben più gravi.
E rinascere? È possibile? Eduardo Savarese non garantisce svolte, ma solo ipotesi di svolte, e lo fa senza snaturare la profondità dei personaggi, né ammansire i dubbi connaturati a Luca o le convinzioni di Agar. Il risultato è una presa di coscienza accattivante e problematica, non nichilistica, in un romanzo estremamente moderno, che non addolcisce quel che non si può addolcire e non cerca facili vie d'uscita al dramma della morte e della perdita.
Gloria M. Ghioni
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