Cate, Io
di Matteo Cellini
Fazi, 2013
216 pp.
16 euro
216 pp.
16 euro
Caterina è
una non-persona. Essere non-persone è un modo convincente per non affrontare
quello che fa paura. In altre parole, le non-persone evitano di vivere.
Caterina, ‘Cate-Ciccia’
è la protagonista del romanzo d’esordio di Matteo Cellini, un giovane
insegnante di scuola media di Urbania, nelle Marche, alla prima prova letteraria che gli ha già valso la candidatura
al Premio Strega 2013. In Cate io fa raccontare a una ragazzina di
quasi 18 anni la storia di un'adolescente obesa in una famiglia di obesi, vittima delle
umiliazioni dei coetanei e che ogni giorno intraprende una lotta verso tutto e
tutti:
La notte mi sveglio sempre più spesso. Quando caricavo una sola sveglia facevo sonno brevissimi, per paura di non alzarmi in tempo, di fare tardi a scuola, di bussare e di presentarmi davanti a tutti, scoperta. […] Non desidero rilassarmi, di notte. Faccio che quel tempo passi velocissimo, come nemmeno esistesse. Otto ore da togliere agli orologi […]. Potessi cancellerei altri pezzi della giornata, con una sega circolare da boscaiolo. Una strage di momenti e intere ore, di luoghi di passaggio: quando mi guardo allo specchio la mattina, quando entro nella corriera, l’intervallo, le due ore di educazione fisica, il tempo in cui sono alla lavagna, la domenica in chiesa, quando il desiderio di mangiare diventa più forte di me, e poi tante altre; oppure sprofonderei in letargo: programmato il gigantesco macchinario per settembre del prossimo anno e mi ci incastro dentro.
Cate è un
involucro morbido sotto al quale si cela una ragazza dura, antipatica, che si
odia a tal punto da non immaginare che gli altri possano interessarsi a lei. La
conseguenza è quella di allontanare proprio chi chi le vuole bene sinceramente a partire da Giacomo segretamente innamorato di lei e Anna l’Annoievole
che dovrà riconoscere essere la sua migliore amica.
E poi c’è
quella famiglia colpevole di non aver mai preparato Caterina e i suoi fratelli a
quello che li avrebbe attesi perché una famiglia composta da cinque membri,
tutti e cinque obesi, non può essere felice. Ed è proprio su questo punto che
Caterina dovrà ricredersi e accettare che fino a ora la sua ciccia era stata la
scusa per non essere come gli altri, come suo fratello Gionata, un ciccione che
lei credeva passasse le giornate dietro il computer a cercare amicizie
virtuali, di quelle a cui si può nascondere chi si è veramente. Quando Cate
scopre che Gionata ha una vita piena ed è anche fidanzato con una bella ragazza
è come un colpo dritto al cuore, un tradimento da parte di un suo simile,
perché i ciccioni devono essere tutti uguali.
È la fiducia
nella sua intelligenza, l’amore per la letteratura e un’insegnante speciale che
daranno a Cate la mossa per liberarsi degli ostacoli che lei stessa ha posto
davanti a sé e ad apprezzare il valore prezioso dell’amicizia. Cate inizia a
camminare sicura, non sente più le risate intorno, l’ansia non la fa più
sudare, tutte sensazioni che esplora per la prima volta e che accetta l’attraversino,
le accoglie come chi dopo una battaglia estenuante si rende conto essere stata
tutta fatica inutile perché non c’era nessun nemico con cui combattere.
E da quel
momento tutto cambia. Si avvicina ai suoi genitori che fino ad allora
rimproverava di non volerla comprendere, si intenerisce davanti alla timidezza
del padre silenzioso ma sempre generoso di baci e che della figlia fa ritratti
bellissimi, ovali tratteggiati con il compasso, che custodisce in un posto in
cui nessuno può vederli.
L’ingombro
dei chilogrammi di Cate non significava nulla rispetto al peso dei limiti che
si imponeva, i confini netti entro cui si assediava, punendosi con il cibo, persino distruggendo sotto i denti il vestito per la sua festa di compleanno e
persino il foglio di carta con il discorso da recitare.
Cate è il finale di una storia scritta insieme a suo fratello Gionata in cui
per la prima volta il protagonista sceglie di cambiare strada rispetto alla
solita e si trova in mezzo ad auto che sfrecciano veloce, probabilmente rischiando
di essere travolto:
Penseranno che sia tutto scritto per arrivare fino a quel punto, in funzione di quel momento paradossale. Il dramma invece è già consumato prima dell’ultima scena. Lui (un nome potevi anche metterlo, eh?!) ha già vinto quando decide di attraversare la strada: i film sono pieni di finali che esplodono sul corpo della storia. Ma sono sempre facili e sciocchi. Questo, poi, esploderebbe invano.
L’incertezza del futuro comprende anche la morte, la pace o la felicità. Ma lì, sull’asfalto, lui (Carmelo? Aldo?) ha già vinto. Sarebbe bello spegnere la musica mentre scompare dietro l’angolo. Poi, da lì, tutto può essere.
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