di Charles Dickens, Elizabeth Gaskell, Wilkie Collins, Adelaide Anne Procter
Jo March edizioni, 2013
Prendete quattro maestri dell’età vittoriana, ognuno con la propria voce unica ma ugualmente capaci di armonizzarsi sotto la guida di un direttore d’orchestra d’eccezione; una storia misteriosa e coinvolgente in cui non manca una certa vena ironica e drammatica al tempo stesso; la pubblicazione del racconto sull’edizione natalizia di una celebre rivista e infine il piacere di scoprire a 150 anni dalla sua morte ancora un testo inedito in lingua italiana di Dickens (si, è proprio lui il sopracitato direttore d’orchestra).
Ecco, tutti questi ingredienti compongono una piccola perla nel panorama del romanzo vittoriano che è davvero un piacere irrinunciabile scoprire oggi, non soltanto per abbandonarsi all’intrigante trama ma anche e soprattutto per osservare come quattro autori di tale leva siano stati capaci alla loro seconda fortunata collaborazione di offrire al lettore del giornale un quadro variopinto in cui stile, temi e generi prediletti e morale emergano nelle loro differenze peculiari senza per questo danneggiare la trama organica della storia, fondendosi quasi in un’unica voce multicorde.
"Tutt'a un tratto - alla finestra del primo piano, sulla mia destra- in un angolo in basso, attraverso un buco in una persiana o una tapparella mi accorsi di star guardando un occhio nascosto. Il riflesso del mio fuoco l'aveva toccato, e fatto scintillare; ma lo vidi brillare solo un attimo e poi svanire".
La visione rende la donna sempre più ossessionata dal mistero della casa:
"Beh, di certo non riuscii a liberarmi dalla sensazione che quest'occhio aveva suscitato in me, e mi preoccupavo senza sosta, fino a che non divenne un vero tormento. Non penso che prima di allora fossi stata incline a pensare più di tanto alla casa di fronte, ma, dopo quest'occhio, la mia testa era invasa dalla casa; e non pensavo a nient'altro che alla casa, e osservavo la casa, e parlavo della casa, e sognavo la casa. In tutto ciò, ora ne sono convinta, c'era lo zampino della Provvidenza".
I due uomini iniziano quindi ad indagare separatamente sul mistero che avvolge la casa sfitta, raccontando di volta in volta alla donna le sorprendenti scoperte fatte, fino alla risoluzione finale dell’enigma.
Vicenda quindi che si presenta al lettore narrata attraverso le varie fonti che Trottle e Jasper vanno trovando, fonti nelle quali prendono vita storie malinconiche di inquilini passati che al pari di fantasmi sembrano aleggiare nella vecchia casa vuota portando con sé il proprio carico di dolore, quasi una maledizione racchiusa fra quelle quattro mura.
Ogni storia è scritta da un narratore diverso e, come si è accennato, pur inserendosi perfettamente nel contesto generale non perde mai la straordinaria unicità della propria voce e stile, regalando infine al lettore oltre ad un racconto coinvolgente e misterioso, anche un affresco variegato del panorama letterario vittoriano nelle parole di alcuni dei protagonisti dell’epoca; una vicenda quindi ben radicata nel gusto di metà Ottocento pensata proprio per il godimento del pubblico del giornale al quale era rivolta. Scrittura immediata, a tratti ironica, amichevole eppure sempre elegante, questo libro è un piccolo tesoro che vale la pena ritrovare, mediante il quale osservare per mano di voci diverse l’universo vittoriano, la Londra elegante in sottofondo, le nuove classi sociali emergenti, le pene d’amore, contraddizioni e giochi di ruoli dell’alta società, l’ingiustizia e la meschinità umana, sperando di giungere infine al tradizionale happy ending della tradizione.
Incontriamo così alcuni personaggi tratteggiati in maniera piuttosto efficace seppur nel breve spazio di poche pagine, capaci con le loro storie di toccarci il cuore: l’anziana Sophonisba, divertente e ironica mentre si lascia andare ai ricordi di gioventù e allo stesso tempo fragile e ansiosa donna avanti con gli anni ossessionata dal mistero della casa; la riservata Alice di “Il matrimonio di Manchester” (Elizabeth Gaskell), moglie e madre devota che dietro i silenzi e la pacatezza d’animo cela un cuore amoroso capace di sopportare le sofferenze che la vita le ha inflitto; lo stravagante nano Chops, ossessionato dal desiderio di entrare nell’alta società londinese (Ingresso in società, Dickens, e qui il genio del grande romanziere è come sempre evidente, ad esempio nell’ironica disincantata visione della società); Bertha, la malinconica solitaria protagonista del poema scritto dalla Procter (di cui in effetti mi sento di fare l’unico appunto ad una edizione italiana in generale piuttosto ben curata, nella scelta di inserire soltanto i versi tradotti senza quelli originali a fronte come invece sarebbe sempre preferibile di fronte alle opere poetiche), sorella devota ma estranea alla felicità dell’amore, capace tuttavia di unirsi alla gioia di chi le sta accanto nonostante la sofferenza che questa le causa; ed infine due personaggi sinistri e a tratti inquietanti, Benjamin e la vecchia madre (Il rapporto di Trottle, Collins), custodi dell’ultimo segreto della casa, che nonostante la caratterizzazione negativa hanno in sé una certa profondità, portatori di un passato difficile e misterioso.
Ritrovare (e in italiano scoprire per la primissima volta) un classico come questo è quindi una piacevole viaggio a ritroso del tempo, in un mondo che non smette mai di affascinare i lettori amanti del genere per la straordinaria capacità di prescindere il tempo e lo spazio che in fondo solo i classici possiedono appieno, e che sono capaci di racchiudere in qualche misura anche in una storia breve eppure ricchissima di personaggi, vicende, sentimenti e riflessioni come quella che abbiamo tra le mani.
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