Come ogni mattina entri nel solito bar per fare colazione. Da quando vivi solo – da parecchio, ormai – non ti riesce di fare colazione a casa. La cena, a volte il pranzo, sì. Chissà perché, invece, la colazione no. Così ogni mattina vai al bar.
Inizia così Il bordo vertiginoso delle cose l’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, con una scena ordinaria, un frammento di vita quotidiana dei più semplici: un uomo che va al bar come ogni giorno, per la prima colazione. Lo stile è il suo, si riconosce subito, limpido, esatto, scorrevole sin dalle prime battute.
Abbiamo incontrato Carofiglio al Corriere della Sera, venerdì 25 ottobre, per parlare insieme di questo nuovo libro. Siamo partiti dalla visione del booktrailer del romanzo per poi parlare di scrittura, lettura, adolescenza, letteratura. È stato lui a rompere il ghiaccio dichiarando sin da subito di preferire il dialogo e le domande alle lezioni cattedratiche. Con poche battute ci ha subito introdotto il libro: “Il bordo vertiginoso delle cose è una storia di iniziazione alla violenza”.
Ma ripartiamo da Enrico, il protagonista che abbiamo lasciato al bar intento a fare colazione. Una notizia sul giornale lo riporta indietro con la memoria e deve a tutti i costi tornare a Bari per chiudere i conti con il passato. Il lettore riscoprirà insieme a lui i frammenti di un’adolescenza inquieta, “in bilico tra rabbia e tenerezza”, come si legge nel risvolto di copertina.
L’incontro è cominciato parlando dell’adolescenza, tante le domande su come sia stato essere ragazzo negli anni ’70, proprio come Enrico che, tra uno scontro e una lezione di filosofia, diventa grande e scopre il mondo.
“Nonostante il buio, gli anni ’70 sono stati gli anni mitici della mia giovinezza”, ha confessato. Senza tralasciare il significato collettivo degli eventi storici degli Anni di piombo, da un punto di vista individuale quel decennio è per lui avvolto da un’aura che non può dimenticare.
Gli abbiamo chiesto cosa regalerebbe di quel periodo ai giovani di oggi e cosa invece i ragazzi di oggi pensa abbiano acquisito.
“Dai quindicenni di oggi prenderei la capacità che hanno, in quanto nativi digitali, di muoversi tra i mezzi di comunicazione, mentre darei loro la capacità di sognare un futuro che possa essere migliore del presente”.
Come ne Il silenzio dell’onda, Il bordo vertiginoso delle cose è incentrato sul tema del rapporto ambiguo e complesso con il passato, che “non è mai un nastro, una traccia lineare. Ogni volta che lo raccontiamo lo reinventiamo”, il che è confermato da studi scientifici è vero, ma soprattutto trova espressione nel desiderio di appropriarsi del passato proprio dei personaggi letterari che raccontano ricordando e ricordano raccontando.
Gianrico ci ha permesso di accedere un po’ ai suoi ricordi di adolescenza, accennando alle tante occasioni in cui si è trovato a fare a botte da ragazzo.
“Credo non ci sia soluzione di continuità tra il fare a botte e la violenza in se stessa: nel fare a botte c'è un'attrazione e allo stesso tempo una repulsione per la violenza”.
Come abbiamo già detto, la violenza è una delle grandi protagoniste del romanzo, mai semplificata ma sempre indagata nelle sue componenti più complesse e nascoste.
Il giovane Enrico va a scuola di violenza da Salvatore, un compagno di classe ripetente e già grande, impegnato nella lotta politica e già esperto della vita.
Parallelamente al rapporto con Salvatore, da cui il protagonista è pericolosamente attratto, l’amore per Celeste, giovane supplente di filosofia dalla quale Enrico impara che nella vita bisogna farsi domande, cercare di guardare con i propri occhi mondi diversi.
“Sono attratto dalla molteplicità dei punti di vista”, ci ha rivelato. E, a proposito di punti di vista, come non parlare della curiosa scelta della seconda persona plurale nel romanzo? Non tanto vezzo stilistico, quanto volontà di scandaglio interiore. Nel libro il “tu” si alterna coraggiosamente all’”io”, quasi a simboleggiare un’oscillazione tra l’Enrico di ieri e di oggi, tra quello che siamo realmente e l’immagine che di noi faticosamente costruiamo.
“La scelta del "tu" è rara in Italia. Si pensi a Calvino e al suo Se una notte d’inverno un viaggiatore. All'estero, invece, mi viene in mente il magistrale Le mille luci di New York che ho da poco riletto”.
E sulla seconda persona ha aggiunto ancora:
“Il ‘tu’ vuole dire che il personaggio non è in equilibrio con se stesso, si è scisso”
Dal romanzo alle storie: Carofiglio ci ha trasmesso la sua passione per le storie non raccontate, quelle che gli scrittori hanno scartato oppure che sono state interrotte lasciando il lettore deluso di fronte a una pagina bianca.
"La domanda, alla fine di una storia, 'E poi?' è estremamente raffinata e al contempo propria delle menti più semplici; ha a che fare con la natura stessa del raccontare".
Tanti di noi gli hanno posto domande sulle sue abitudini di scrittore. Ci ha risposto con grande franchezza che:
“Scrivere è un corpo a corpo con se stessi. Fa entrare in contatto con zone interiori nelle quali non ti vorresti addentrare”.
E ancora:
“Scrivere è sempre difficile o molto difficile. Io vado avanti, torno indietro, riprendo in modo sempre faticoso. Ogni volta che inizio un romanzo mi dico 'Non ce la faccio, non sono capace' e poi sistematicamente riprendo.”
Il bordo vertiginoso delle cose è un libro imbevuto di altri libri, metaletterario nel senso che procede anche attraverso le frasi di altri scrittori, quegli incipit che – come un’ossessione – Enrico ragazzo ricopia con una macchina da scrivere. Il personaggio diventa scrittore imparando dai grandi della letteratura, facendo proprie le loro parole, collezionandole come fossero i materiali per la costruzione di un discorso intimo. E quindi anche di incipit abbiamo parlato con Gianrico il quale ci ha confessato che il suo preferito, quello di Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut (“È tutto accaduto, più o meno”), non è presente nel libro. Se siete appassionati di incipit non resterete delusi: nel libro ne troverete tanti: Thomas Mann, Dostoevskij, Hemingway, Poe, Pavese…
Letterario è anche il bel titolo, quel verso di Browning che recita “A noi preme soltanto il bordo vertiginoso delle cose”, quello su cui sta in bilico il protagonista. Questo bordo è la curiosità di vedere mondi diversi o forse quel confine da cui si guardano le cose del mondo, con tanta paura di cadere ma la voglia di spingersi sempre più in là.
Barbara Bottazzi, Gianrico Carofiglio e Claudia Consoli |
Claudia Consoli
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