di Emma
Baeri Parisi
con letture
di Elena Caruso Raciti e Antonia Cosentino Leone
Il
Poligrafo, 2013
pp. 294
€ 22,00
All’inizio del mese di ottobre è uscito per la casa editrice Il Poligrafo
l’ultimo scritto della femminista catanese Emma Baeri Parisi: Dividua. Femminismo e cittadinanza.
Un libro prezioso che, riproponendo e adattando alcuni scritti già
pubblicati dalla Baeri, espone un cammino che ripercorre alcune delle fasi
fondamentali del femminismo storico e che semina molte domande sulla via. Una
lettura scandita da parole chiave. E non è certo un caso questa attenzione alla
parola, da sempre oggetto di discussione tra le femministe che sanno bene che
“parlare non è mai neutro”, come scriveva Luce Irigaray. Termini che si
riempiono di significati riecheggiandosi tra le pagine.
Memoria: quella delle donne
escluse dalla storiografia ufficiale, delle compagne che vogliono trasmettere i
frutti delle passate stagioni politiche a chi – nonostante non le abbia potuto
vivere – le sente come proprie.
Uguaglianza: parola che era
lotta in passato, ma ora temuta perché sinonimo di forzata identificazione a
qualcosa che uguale non è.
E quindi la parola più splendente nel libro. Differenza: parola femminile che dovrebbe essere riflessa nelle scelte
politiche, nel linguaggio e nei simboli per rappresentare correttamente tutti i
cittadini e tutte le cittadine. Lo scopo da raggiungere è l’ inclusione delle
donne, e delle loro diversità, nel sistema democratico, scopo ancora lontano
dall’essere raggiunto – nonostante le apparenze – perché, come scrive la Baeri:
Le donne, io, camminiamo ancora oggi su un territorio ancora ambiguo, tra natura-casa e cultura-carriera, tra destino e scelta, tra lavori ancora sommati, un percorso sdrucciolevole tra l’arcaica comunità delle donne in carne e osa e la storica società degli uomini in carne e ossa, uno spazio quest’ultimo nel quale siamo entrate a patto di lasciare il nostro corpo fuori dalla porta.
E da qui il neologismo che dà il nome al libro, l’insita divisione interiore
(corporea) ed esteriore (sociale) che vive la donna:
Noi donne non siamo individue (etimologicamente, in-dividuo = entità non divisibile, unità radicale del corpo, interezza) siamo dividue, e con questa dividualità lo statuto teorico e politico della democrazia moderna deve ancora fare i conti, visto che essa ha avuto effetti sostanziali rispetto all’attribuzione dei diritti nel tempo.
Femminismo e cittadinanza sono quindi strettamente collegati, perché
l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica non è altro che la conseguenza
della millenaria esclusione delle donne dal piacere sessuale, appannaggio solo
dell’uomo che, come insegnava Carla Lonzi, ha un unico organo che adempie alla
funzione riproduttiva e all’appagamento erotico, a differenza della donna.
Emma Baeri Parisi |
La scrittura lucida e saggiamente interrogativa della Baeri giunge
materna e appassionante sia ai lettori che sono nuovi al linguaggio e alle
tematiche femministe sia a quelli che li praticano già. L’autrice, che è una
delle fondatrici della Società Italiana delle Storiche, ripercorre alcune tappe
del suo vissuto di ricercatrice e di femminista: le memorie della sua attività di insegnamento
- anche del breve periodo al carcere di Catania - la nascita del gruppo femminista
Le Voltapagina, gli incontri
nazionali a Paestum.
Attorno ai suoi racconti gravitano le parole e le memorie di altre
donne, vere e proprie madrine del libro: Olympe de Gouges, Renate Siebert,
Adrienne Rich, Carla Lonzi, Annarita Buttafuoco. E tra la proposta di un
Preambolo alla Costituzione Italiana e una riflessione à la Kristeva su linguaggio
e soggettività, affiorano tra un capitolo e l’altro intime e lenitive rime,
scritte in varie occasioni dall’autrice stessa, esempio diretto di quell’écriture féminine celebrata da Hélène
Cixous.
Dividua è uno scritto che
interroga continuamente il lettore, lo fa mettere in discussione riguardo alle
numerose questioni proposte dal libro. A volte sono indagini che si dispiegano
in più pagine, come la riflessione sulla filiazione (accettata e superata?) tra
il femminismo post-moderno e le filosofe della differenza sessuale; o ancora
come il complesso dibattito sul post-porno, nuova forma politica femminista o
esasperazione del privato che diventa troppo
pubblico? Altre volte la questione si fa breve intuizione, che colpisce il lettore
ma non lo abbandona: è il precariato un forma attuale di patriarcato? Velo sì o
velo no?
Come nei gruppi di autocoscienza femminile, anche in Dividua l’autrice si confronta
dialogicamente con altre donne: le coautrici del libro (che come la Baeri
scelgono di firmarsi col doppio cognome, illuminando così il dimenticato retaggio
materno della loro identità nominale) sono due giovani femministe catanesi che
interpretano la riflessione di Dividua alla
luce del loro vissuto.
Le parole vulcaniche e coinvolgenti di Elena Caruso Raciti,
“femminista 2.0” che giustamente registra la diffidenza e la disinformazione
con cui i giovani si avvicinano (o si allontanano) dal discorso femminista:
La mia generazione, che si considera emancipata, non conosce il femminismo nonostante ne abbia un disperato bisogno, ne prende le distanze e ne è attratta, in un moto contraddittorio di legittima difesa che chiede risposta.
A seguire la riflessione arguta e matura di Antonia Cosentino Leone,
che avanza l’idea che “di questione maschile si tratta”. Già la Baeri aveva
auspicato un “contagio della differenza” per gli uomini, conseguente e
parallelo al “contagio dell’uguaglianza” che coinvolse le donne dal Settecento
in poi. Ora la Cosentino aggiunge:
Che non serva anche a loro un cerchio come lente d’ingrandimento sulla propria sessualità? […]E se veramente riuscissimo a immaginare una cura dei figli equamente suddivisa tra i genitori? Se il congedo di paternità fosse obbligatorio per gli uomini, si produrrebbe un riequilibrio nel mercato del lavoro? È necessario, irrimandabile, ripensare una differente economia del tempo, di lavoro e di cura, una sua ridistribuzione.
Le tre autrici del libro |
Serena
Alessi
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